martedì 4 marzo 2014

Integrare e assimilare, tra ius soli e ius sanguinis.

ATTUALITA' - Oggi uno dei più importanti politologi del Corriere della Sera scrive un editoriale sullo ius soli e lo ius sanguinis. Sartori, che personalmente apprezzo per le sue analisi politiche, spesso scrive di tutto e non è la prima volta che sceglie di occuparsi di questo argomento. A parte l’incipit del pezzo dove troviamo un errore grave per un esperto di politica come lui (“Quando Letta creò il suo governo inventando per l’occasione un ministero dell’Integrazione affidato a Cécile Kyenge” visto che già nel governo presieduto dal Senatore a vita Mario Monti era presente il ministero dedicato all’integrazione,con deleghe anche alla cooperazione internazionale e alla famiglia, affidato al professor Andrea Riccardi, importante storico della Chiesa e fondatore della Comunità di Sant’Egidio) sono altri i ragionamenti che lasciano perplessi.
Come sappiamo in Italia vige la legge dello ius sanguinis, ossia si è cittadini italiani se nati da genitori italiani. L’alternativa a questa norma è lo ius soli, si è cittadini se si è nati in quel paese. Ma negli ultimi anni è nato un dibattito su questo argomento tanto da mettere in discussione lo ius sanguinis portando anche alla formulazione una terza via tra le due, uno ius soli temperato o ius colutae con il quale si diventava cittadini italiani alla conclusione di un ciclo scolastico.

Il professor Sartori, dopo aver detto che “l’esplosione delle popolazioni africane e asiatiche creano nuovi e difficili problemi” che non spiega, riproponendosi di “esaminare in un prossimo articolo”, spiega che «integrare» non è lo stesso che «assimilare», e che la integrazione in questione è soltanto l’integrazione etico-politica: l’accettazione della separazione tra Chiesa e Stato, tra religione e politica. Per i musulmani tutto è deciso dal volere di Allah, dal volere di Dio. Qui il potere discende soltanto dall’alto. Per le nostre democrazie, invece, il potere deriva dalla volontà popolare e quindi nasce dal basso, deve essere legittimato dal demos.”
Forse dovremmo aspettare il prossimo articolo per capire i “difficili problemi” ma fino ad ora il pensiero del professor Sartori o è troppo alto (la separazione tra religione e stato) o riduttivo (riducendo il problema solo alla separazione tra religione e stato). Per Sartori, leggendo l’articolo, sembra poi che gli stranieri siano solo i musulmani dimenticando per esempio dei cattolici filippini, dei neo protestanti dell’America del sud o degli ortodossi dell’Europa dell’est.

Viviamo, è indubbio, in una società multietnica. Bambini italiani e stranieri frequentano insieme la stessa scuola e fanno sport insieme. Ristoranti etnici fioriscono accanto alle nostre pizzerie. Negozi etnici (piccoli market o negozi di abbigliamento) vengono aperti vicino alle nostre mercerie.
Per capire meglio lo ius soli basterebbe prendere un mezzo pubblico in una medio-grande città. Vedrebbe ragazzi non caucasici parlare in dialetto con la maglia della nostra, e loro, squadra del cuore. Alle volte questi ragazzi non hanno mai visto il paese il cui emblema è stampato sui loro passaporti, non hanno mai parlato la lingua dei paesi dove sono ufficialmente cittadini. Non si sentono integrati ma lo sono perché vivono nelle nostre città.

Forse Sartori ha ragione sostenendo che integrare non è assimilare, infatti molti dei ragazzi immigrati di seconda generazione non devono essere integrati perché sono già nostri concittadini anche se non ancora per legge.

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