giovedì 28 febbraio 2013

La rivincita del populismo. In nome della "folla" sovrana

POLITICA - Dopo aver pronosticato e assistito al grande successo del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo vogliamo offrire un ulteriore spunto di riflessione sull'esito elettorale e sulla condizione sociale e politica del nostro Paese Lo facciamo pubblicando alcuni pensieri dell'intellettuale bulgaro Tzvetan Todorov che nel suo ultimo lavoro sui "Nemici intimi della democrazia", dedica alcune pagine al populismo e alla demagogia, sempre più presenti nelle consolidate democrazie occidentali. Buona lettura.

"Osserviamo ora alcune caratteristiche dei discorsi proclamati da queste formazioni. Sul piano formale, il loro tratto dominante si lascia designare con il termine "demagogia", un modo di agire che consiste, qui, nel mettere a fuoco le preoccupazioni della gente comune e proporre per alleviarle soluzioni facilmente comprensibili, ma irrealizzabili.
[...] La demagogia, lo suggerisce la parola stessa, risale all'antichità al pari della democrazia; ma, come dicevamo, essa ha ricevuto un eccezionale impulso in epoca moderna grazie alle comunicazioni di massa e in particolare alla televisione. Anche il giornale stampato si rivolge a tutti, ma almeno si può fare una pausa, rileggere l'articolo, riflettere. Il telegiornale passa veloce, privilegia frasi brevi e incisivi, immagini sensazionali e facili da ricordare: i nostri contemporanei, a quanto pare, faticano a concentrarsi per più di un minuto... Su questo piano, la contaminazione per più di un minuto... Su questo piano, la contaminazione è generale: qualunque sia il messaggio politico da trasmettere, di sinistra, di destra, o di centro, non è possibile che venga ricordato a meno di essere riusciti a ridurlo a uno slogan memorabile. La forma della comunicazione decide del suo contenuto: la televisione stessa è populista, coloro che intervengono nelle trasmissioni rischiano la stessa deriva. Ma questa tendenza è particolarmente accentuata negli oratori estremisti. "Tre milioni di disoccupati, tre milioni di immigrati": il demagogo non ha bisogno di formulare la conclusione può contare sugli spettatori, anche se l'espulsione degli immigrati non porrebbe certo fine alla disoccupazione. La televisione, inoltre, favorisce la seduzione a discapito dell'argomentazione; il demagogo è favorito se ha un aspetto attraente o rassicurante, se ha una bella dizione, se sa emozionare o far sorridere. In mancanza di una personalità carismatica, il populismo perde velocemente l'ispirazione.
Il modo in cui si presenta il populismo è la demagogia; rispetto al contenuto, esso ruota intorno ad alcune costanti. Innanzitutto il populista rifiuta di allontanarsi dal qui e ora e dai singoli individui; evita le astrazioni, le distanze, la durata, privilegiando ciò che è concreto, vicino, addirittura immediato. Se il democratico ideale tenta di trovare ispirazione in ciò che Rousseau definiva volontà generale - ciò che rappresenterebbe la soluzione migliore per tutto il popolo - , il populista, per parte sua, si rivolge alla folla con cui entra in contatto: quella di un meeting sulla pubblica piazza, quella costituita dagli ascoltatori di un programma televisivo o radiofonico. Il democratico si trova chiamato a difendere dei valori impopolari, a promuovere dei sacrifici, perché si preoccupa anche delle generazioni future; il populista sfrutta l'emozione del momento, inevitabilmente effimera. In nome dell'interesse generale, il democratico è pronto a intervenire in favore delle minoranze del paese; il populismo preferisce limitarsi alle certezze della maggioranza.
[...] Grandi parole, ideali sublimi sono lasciati agli altri; il populista pretende di dedicarsi ai problemi quotidiani di ciascuno. I drammi degli altri popoli o degli sconosciuti lo lasciano indifferente. [...] Il populista preferisce la continuità al cambiamento, che è un salto nell'ignoto; è conservatore più che riformatore. Egli privilegia l'ordine a discapito della libertà. [...] Il populista sfrutta dunque sistematicamente la paura, uno degli affetti umani più importanti. Egli recluta la maggioranza degli ammiratori tra le persone relativamente meno colte, le quali, non conoscendo bene gli altri paesi, sono contro l'Europa e contro la mondializzazione. Il suo pubblico abituale appartiene non alla classe dei più poveri, ma a quella che teme di raggiungerli, unendosi così al gruppo degli emarginati, degli esclusi, dei vinti.
Rispetto ai tradizionali schieramenti della politica, il populismo non si definisce né di destra né di sinistra; a sentire i suoi portavoce sarebbe piuttosto del basso [...]. Ma al populismo si uniscono abitualmente altre forze, esterne all'area di centro dell'arena politica: l'estrema sinistra o, più spesso ai giorni nostri, l'estrema destra. Ecco per quale motivo Internet e i social network sono percepiti con tanto favore dagli animatori dei movimenti populisti: questa diffusione dell'informazione sfugge a ogni controllo centrale e al consenso democratico."

Brano tratto da Tzvetan Todorov, I nemici intimi della democrazia, Garzanti, Milano 2012

giovedì 21 febbraio 2013

Il successo di Grillo. Un grande abbaglio collettivo?

E' il tema di questa campagna elettorale, volenti o nolenti. Non si parla di programmi, non li si vanno neanche a leggere. Si parla di piazze piene e di un voto di protesta annunciato forte come uno tsunami. Insomma si parla di Grillo. Per questo abbiamo deciso di dedicare a lui ed al Movimento 5 Stelle un ulteriore approfondimento, cercando di dare un taglio storico alla nostra riflessione.  Mario Monti, con cognizione di causa probabilmente, ha invitato ieri a non "snobbare le piazze di Grillo". Lo stesso Bersani ha dichiarato che è il PD è pronto a dialogare in Parlamento con i tanti onorevoli e senatori a 5 Stelle. Forse ha ragione Beppe Servergnini nel suo editoriale di oggi sul Corriere. Dobbiamo ringraziare Beppe Grillo per aver evitato le sassaiole e i lanci di monetine, come successe durante Tangentopoli. In realtà, a ben vedere, non dovremmo ringraziarlo noi, società civile, ma i politici e politicanti a cui le monetine sarebbero state dirette. Scriveva Aristotele che la demagogia è l'arte di trascinare e incantare le masse e che porta alla oligarchia o alla tirannide. E quello che sta avvenendo in queste elezioni politiche 2013 nel nostro Paese riveste certamente una importanza sociologica oltre che politica e dice molto di quello che accadrà dopodomani. Dopo anni di malgoverno e crisi economica che hanno obbligato i nostri politici ad affidarsi alle cure di un tecnico e dopo un anno di rigore economico e scelte difficili, gli italiani sono chiamati alle urne: ma da dove partono? Da lontano, molto lontano. Perchè oggi come non mai lunga è la distanza che separa il sentire comune dalla politica, quella con la p minuscola a cui siamo stati abituati da troppo tempo. Distanza giustificata (sarebbe forse più corretto parlare di disgusto) e difficile da colmare. Ci prova il PD, forte della sua macchina organizzativa, della sua ritrovata leadership e del suo senso profondo di democrazia, interna ed esterna al partito. Ci riprova il PDL silenziandosi in automatico e dando voce al suo leader indiscusso che con una operazione spregiudicata cerca di recuperare consensi a suon di promesse. Ci prova Mario Monti (con la fatica di chi prima viene chiamato a curare un malato terminale e poi viene accusato di aver lasciato una cicatrice) che in un solo mese è riuscito obiettivamente a costruire qualcosa che prima non c'èra: il terzo polo, probabile ago della bilancia nel prossimo Governo. E Grillo? Beh Grillo batte tutti. Perchè il suo messaggio è semplice, immediato, quasi banale: Sei schifato della vecchia politica? Non vuoi votare? Allora ti dico io un modo per trasformare il tuo non-voto di protesta in qualcosa di molto più potente: il voto di protesta. Gli ingredienti per il piatto elettorale perfetto ci sono tutti: malcontento diffuso e trasversale da sinistra a destra, crisi economica, depauperamento a fuoco lento del ceto medio, massiccia dose di rassegnazione ed un pizzico di autolesionismo. Mettiamoci pure che questo è il Paese di Vanna Marchi, del milione di posti di lavoro immaginari e del ponte fantasma sullo stretto e la frittata è fatta. La  comicità esasperata ed elementare di Grillo unita all'euforia di ritrovarsi in tanti rendono la catarsi completa, lasciando nei partecipanti il convincimento di trovarsi di fronte a qualcosa di nuovo, di proibito e di dirompente al tempo stesso. La paura di Grillo a confrontarsi non con tanto i politici quanto con i giornalisti, i tratti grossolani del programma elettorale del Movimento 5 Stelle, la storia di Pontida, dell'ascesa della Lega Nord e della stessa Forza Italia, ci insegnano, purtroppo il contrario. E' il solito grande abbaglio.

La paura di Grillo

POLITICA - I sondaggi non sono più pubblicabili, ma nelle sedi di partito continuano a circolare, e in questi giorni sembra che la preoccupazione maggiore per i leader sia l’eventuale affermazione del movimento di Grillo alle prossime elezioni.
È indubbio, infatti, che lo tsunami tour stia riempiendo le piazza d’Italia e che stia provando a spostare voti, soprattutto degli indecisi, che potrebbero rivelarsi determinanti in alcune regioni in bilico (pensiamo alla grande affermazione del Movimento di Grillo in Sicilia alle ultime elezioni regionali: Sicilia che è considerata una delle regioni più importanti per l’esito in Senato).
Grillo, nei suoi comizi-show, attacca la vecchia classe politica italiana, la beffeggia, è un comico che conosce bene l’arte della comunicazione, è aspro, irriverente, alle volte populista ed antieuropeo. Non so, e sinceramente non credo, sia la risposta giusta, ma sicuramente lui risponde alla domanda dell’elettore, parla alla pancia della gente. Forse è proprio questo il problema della classe politica italiana, quella che si presenta in questa campagna elettorale. Non sa parlare più alla gente. Si è perso molto, forse troppo tempo ad attaccare l’avversario e a discutere di ricette economiche, IMU e Irpef, dimenticando di parlare alle persone che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese con lo stipendio, per chi ha ancora il lavoro. Per chi va al mercato lo spread è una parola incomprensibile, ma conosce benissimo il costo delle arance o del latte. Le imprese chiudono e le solite, tante, promesse elettorali, lasciano il tempo che trovano.

martedì 19 febbraio 2013

La TV nella Campagna Elettorale

POLITICA -  Tra le dimissioni del Papa e Sanremo avevamo quasi perso l’abitudine ad ascoltare politici, candidati, aspiranti parlamentari e premier sempre presenti in TV. L’unica novità che ci si aspettava da domenica era la presenza, annunciata, di un’intervista a SkyTG24 del leader del Movimento 5 Stelle. Lui, in questa campagna elettorale, in Tv non era mai andato, ma, in fin dei conti, è sempre stato presente. Il suo tsunami tour ha riempito le piazza ed ampi spezzoni dei suoi monologhi sono stati trasmessi da TG e approfondimenti TV, ma non si era mai spinto a farsi intervistare, ha sempre preferito fare i suoi comizi-show senza contraddittorio. Per questo la sua scelta era stata vista con particolare interesse da elettori e addetti ai lavori, ma alla fine ha declinato l’invito, niente Grillo in TV.
E mentre Grillo in Tv non va, gli altri corrono a presenziare ogni momento del palinsesto.

venerdì 15 febbraio 2013

Dibattito pubblico, Movimento 5 Stelle e la "maschera della rete"


POLITICA - Il Movimento 5 Stelle è entrato alla ribalta delle cronache (per poco) nei giorni scorsi a causa della vicenda che ha coinvolto Roberta Agnoletto, assessore del M5S con deleghe all'Ambiente e allo Sport nel comune di Mira, in provincia di Venezia. Secondo quanto denunciato dallo stesso assessore, le sue deleghe sarebbero state revocate dal 27enne sindaco M5S Alvise Maniero per via della sua gravidanza. A sentire il sindaco invece le motivazioni che hanno spinto alla mancata riconferma sono da rintracciarsi nello scarso impegno dell'assessore. In una nota il sindaco ha affermato che “per fortuna o purtroppo a volte i soli titoli e le competenze pregresse non garantiscono l’efficacia nell'operato. Questa considerazione e gli obiettivi ambiziosi ci chiedono di analizzare continuamente l’attività dei vari assessori ed eventualmente di porre in atto dei correttivi”.
La decisione, come era ovvio, ha scatenato un acceso dibattito. Da più parti si sono levate voci di condanna per una decisione che mette a rischio l'effettiva partecipazione delle donne alla vita politica attiva. Gravidanza e politica sono incompatibili? Ovviamente no, o almeno così dovrebbe essere. Tuttavia, a ben vedere, al di là delle smentite e delle prese di posizione di vari esponenti politici nel merito, l'episodio apre a riflessioni più impegnative: non tanto sull'effettivo grado di democrazia interna al Movimento 5 Stelle, quanto piuttosto riguardo la sua aderenza a quanto proclamato in sede programmatica. In altri termini: è reale il rischio che il Movimento, che fa dell'appartenenza alla società civile dei suoi elementi il suo punto cardine, rischiare di predicare bene e,  alla prova dei fatti, razzolare male? Cosa ne pensano i "grillini"? Il problema è che non è dato saperlo perché le opinioni degli aderenti, disponibili esclusivamente nella rete, costituiscono un blocco "unico" impermeabile al dibattito esterno. Pubblicamente invece viene ripetuto a macchinetta quanto viene espresso dai vertici. E' certamente una strategia di successo (paragonabile al famoso "mattutino" che tutti gli esponenti del PDL ricevono per poter ripetere le stesse medesime frasi alla stampa). Come è di successo l'evitare sistematicamente di rispondere nel merito delle questioni, limitandosi ad alzare i toni e ad attaccare senza riserve coloro che si permettono di mettere in dubbio la "santità" del Movimento (anche questo, ahi noi, è un copione già visto e rivisto nel famoso modello "Santanché"). Risulta dunque impossibile pensare a Grillo che, nel corso dei suoi interventi fiume nelle piazze, scenda dallo scranno e si limiti ad una pacata esposizione dei fatti su un tema, quello della partecipazione delle donne alla politica, sicuramente decisivo in democrazia. Perché? Non è dato saperlo. La "rete" non ce lo dirà. Grillo tanto meno. Forse qualche fuoriuscito della seconda ora. Staremo a vedere. Intanto vi consiglio la lettura "interna" che il Movimento ha dato della vicenda dell'assessore licenziato. Vedrete che il dibattito c'è, eccome, peccato che non emerga sui media. Forse perché il "dibattito", come più volte sottolineato dallo stesso Grillo, è capace di far cadere un castello di carte, anzi una maschera.

Il forum di Beppe Grillo si pronuncia sulla vicenda

giovedì 14 febbraio 2013

Razzisti contro ministro Riccardi. Non sottovalutiamo l'odio in rete

ATTUALITA' - E' di ieri la notizia che i quattro animatori del sito neonazista Stormfront, Daniele Scarpino, 24 anni, di Milano, Diego Masi, trentenne della provincia di Frosinone, Luca Ciampaglia, 23 anni residente in provincia di Pescara, e Mirko Viola, 42enne vicino a Forza Nuova, residente in provincia di Como, saranno processati con rito abbreviato.Il sito web stormftont.org era stato oscurato nel novembre del 2012 in seguito alle numerose denunce di istigazione all'odio raziale per i contenuti "esplicitamente" razzisti e xenofobi ospitati dal portale. Il ministro Riccardi era stato tra i primi a complimentarsi per la chiusura del sito affermando che «si deve continuare così. Le idee di odio razziale, neonazismo e antisemitismo non possono non trovare l'adeguata e ferma risposta da parte dello Stato. Nessuno deve sperare di trovare nel web rifugio e impunità. Ora, come sostengo da tempo,  bisogna affinare le normative per consentire un controllo ancora più stringente».
Gli attacchi dei neonazisti infatti non avevano risparmiato neanche l'operato del ministro, colpevole di "voler far sparire la razza bianca". I quattro erano finiti in carcere il 16 novembre scorso con l'accusa di aver promosso e diretto un gruppo il cui fine era l'incitamento alla discriminazione e alla violenza etnica, religiosa e razziale. Dalle intercettazioni emerse nel dibattimento emergono i tratti inquietanti di quel sottobosco frustrato e violento in cui tanti, troppi giovani, finiscono per cacciarsi, trovando un facile capro espiatorio per la loro difficile condizione proprio negli stranieri e nel diverso in generale. Nelle frasi intercettate dalla Polizia Postale, che teneva sotto controllo le loro comunicazioni da tempo, vengono fatti i nomi, fra gli altri, di Roberto Saviano, e, soprattutto, del ministro della Cooperazione Andrea Riccardi, che secondo i quattro
avrebbe dovuto essere deportato e bruciato vivo, perché colpevole di essere “un collaboratore del Giudaismo internazionale” e di “favorire il meticciamento a discapito degli italiani”.
Molte le parole di solidarietà indirizzate al ministro Riccardi, a cominciare da quelle del Sindaco Alemanno che in una nota ha voluto esprimere «vicinanza e solidarietà alle parti offese nel procedimento penale contro gli animatori del sito Stormfront, in maniera particolare al ministro Riccardi». «Le notizie pubblicate oggi ci fanno capire, ancora di più, quanto farneticanti e pericolose siano state le parole dei quattro animatori del sito neonazista, e ringrazio la polizia postale e le forze dell'ordine per il loro intervento tempestivo», ha aggiunto il Sindaco.
Secondo il segretario del Partito democratico del Lazio Enrico Gasbarra «Quello che emerge è un quadro di eversione, odio, di matrice neofascista di una gravità assoluta. Esprimo totale vicinanza e solidarietà a tutti gli obiettivi di questo folle gruppo nazista e in maniera particolare al ministro Riccardi e Roberto Saviano. Ancora una volta l'opera delle Forze dell'ordine è stata puntuale, attenta, efficace e decisiva per stroncare questa preoccupante e drammatica deriva».
Speriamo che alle dichiarazioni di solidarietà seguano gli impegni concreti e che nel prossimo governo si giunga rapidamente all'approvazione di una legge che permetta di oscurare i siti web che apertamente istigano all'odio razziale ed alla violenza.

mercoledì 13 febbraio 2013

Le dimissioni del Papa, un gesto rivoluzionario

ATTUALITA' - “Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli allora ha il diritto e in talune circostanze anche il dovere di dimettersi.” Queste parole Benedetto XVI le diceva nel 2010 al giornalista tedesco , e suo amico, Peter Seewald.
Benedetto XVI, da molti considerato un Papa conservatore e tradizionalista, compie un gesto rivoluzionario, un gesto che rimarrà nella storia. Per la prima volta in età moderna il Papa decide di abdicare, di dimettersi.
Pochi giorni fa l’annuncio. Nelle parole, in Latino, la consapevolezza del Papa: “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero Petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato.”
Nonostante  Le decisioni del papa non si discutono ma si accolgono”, come ricorda il cardinal Ruini, in molti si sono affrettati a dare un’interpretazione, scovare complotti e raccontare retroscena. Soppesare ogni parola per darne un significato particolare.
Ma le parole del Papa sono chiare e non hanno bisogno di particolari interpretazioni. È indubbio poi che la Chiesa stia passando un momento di particolare drammaticità: gli scandali legati alla pedofilia, quelli legati allo IOR e quelli inerenti a Vaticanliks. Di fronte a questo, probabilmente, il Papa ha sentito un peso grave, il rischio di non riuscire a portare fino in fondo le riforme di cui la Chiesa ha bisogno. Forse proprio per questo ha deciso di lasciare il papato e sperare che la sua opera venga portata avanti dal suo successore. Per questo Ferruccio de Bortoli, nel suo editoriale sul Corriere della Sera, parla di un senso di solitudine che “deve essere stato devastante. Il papa si è sentito ed è stato lasciato solo.” E il Ministro Riccardi, profondo conoscitore del Vaticano, sottolinea come il Papa abbia “trovato difficoltà e resistenze più grandi di quelle che crediamo. E non ha trovato più la forza per contrastarle e portare il peso del suo ministero. Bisogna chiedersi perché”
Si è cercato di analizzare i segni che avrebbero portato a questa dolorosa scelta. Molti vedono nella visita alla tomba di Celestino V, durante la visita per il terremoto a L’Aquila, un segno inequivocabile. Ma sembra che questa decisione sia maturata un anno fa, dopo il viaggio del Papa in Messico e a Cuba.
A metà marzo si aprirà un difficile Conclave, in questi giorni i nomi dei papabili si sprecano, cercando di trovare un identikit idoneo per colui che dovrà “governare la barca di Pietro”. Con la riforma del Conclave di Benedetto XVI, il suo successore dovrà avere i due terzi dei voti dei 117 elettori che si riuniranno in Conclave, dovrà essere un nome che dovrà trovare tanti consensi, un nome che riunirà intorno a se, forse con la forza necessaria, la Chiesa.

lunedì 11 febbraio 2013

Benedetto XVI si è dimesso. Atto da comprendere e rispettare

Quando il 19 aprile del 2005 il cardinale uscì dal balcone di San Pietro per annunciare l’Habemus Papam, si era affacciato dietro di lui un anziano cardinale, Joseph Ratzinger. Quel cardinale è oggi vescovo di Roma e 265° successore di Pietro, con il nome di Benedetto XVI.
Il primo, e forse il più arduo compito di Papa Benedetto, fu quello di succedere ad un papa amato e pastore delle folle come era stato Giovanni Paolo II. Ratzinger aveva ricoperto il delicato compito di Prefetto della Fede, ed era descritto da molti come uomo austero e conservatore.  Ma negli anni abbiamo iniziato a conoscere meglio questo Papa ed il suo magistero. Uomo di dialogo e dell’incontro come era stato il suo predecessore. Disponibile all’incontro con uomini di potere ma anche con gli ultimi e i poveri.
Molti i messaggi innovatori e le iniziative. Sulla morale sessuale (spesso criticata dai mass media) e sulla pedofilia ha preso posizioni coraggiose di condanna e di richiesta di perdono. “La vera persecuzione della Chiesa non viene da fuori ma dal suo interno, dal suo peccato”, aveva detto riferendosi allo scandalo pedofilia. Bisogna poi sottolineare i tanti discorsi che parlano di pace e dialogo: come la preghiera, dopo gli attentati di Londra, “per le vittime degli attentati di Londra, ma anche per gli attentatori, Dio ama la vita.”, il sostegno allo Spirito di Assisi e l’attenzione tutta particolare di Papa Ratzinger per la Terra Santa, martoriata dalla guerra, per l’Africa e per la complicata situazione per i cristiani nel continente vittime dell’odio, come in Nigeria e Kenia.

Un’attenzione particolare poi per il rapporto con le altre Chiese. Un impegno ecumenico verso la  Chiesa Ortodossa tutto da reimpostare. Afferma durante l’incontro con una delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli che “lo sapete già, ma ho piacere anche oggi di confermare che la Chiesa cattolica intende contribuire in tutti i modi che le saranno possibili al ristabilimento della piena comunione, in risposta alla volontà di Cristo per i suoi discepoli e conservando nella memoria l'insegnamento di Paolo, il quale ci ricorda che siamo stati chiamati a una sola speranza – e prosegue - desidero che i partecipanti al dialogo cattolico-ortodosso sappiano che le mie preghiere li accompagnano e che questo dialogo ha il totale sostegno della Chiesa cattolica. Di tutto cuore, auspico che le incomprensioni e le tensioni incontrate fra i delegati ortodossi durante le ultime sessioni plenarie di questa commissione siano superate nell'amore fraterno, di modo che questo dialogo sia più ampiamente rappresentativo dell'ortodossia.” Impossibile non citare poi il rapporto particolare con gli ebrei e la storica visita alla sinagoga di Roma.

Insomma una personalità complessa, un uomo della tradizione ma che provava a cogliere i segni dei tempi, tanto da insistere molto sul discorso della dittatura del razionalismo. Negli ultimi anni, poi, è sopraggiunto il turbamento per quello che viene descritto come il più brutto scandalo in Vaticano nel nuovo secolo, il dolore per il tradimento interno, per il “corvo” e i documenti riservati sottratti dalla sua stanza.

Oggi, giornata mondiale del malato, è una data che ricorderemo per molto tempo. Per la prima volta nella storia, un Papa ha deciso di rassegnare le sue dimissioni. La data prescelta da Benedetto XVI è il 28 febbraio. Dalle ore 20 di quel giorno la sede apostolica sarà vacante. Verrà indetto poi il Conclave e verrà scelto il suo successore. Le sue parole che annunciano il suo abbandono, il suo ritiro, sono state pronunciate dal Papa in Latino, durante il Concistoro per la canonizzazione di tre nuovi santi:

“Carissimi Fratelli,
vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero Petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice. Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio.”

mercoledì 6 febbraio 2013

Quale partito per i cattolici?

POLITICA - L'Istituto Demopolis ha condotto un sondaggio che punta ad analizzare quale sarebbe il voto dei cattolici in Italia alle prossime elezioni politiche. Il primo dato che fa riflettere è che, ad oggi, solo il 63% dei cattolici praticanti ha già deciso cosa votare il 24 e il 25 febbraio. Il secondo punto di riflessione è che i cattolici alle urne andranno in ordine sparso. Secondo il sondaggio infatti la maggioranza dei cattolici voterà per la coalizione di centro sinistra (31%), mentre sceglierebbe la coalizione di centrodestra il 27.5%, poco superiore alla coalizione guidata dal premier uscente Monti (scelta dal 25%). Il Movimento 5 Stelle prenderebbe intorno al  10% dei voti cattolici mentre Rivoluzione Civile di Ingroia il 3%.
Quindi ad oggi non c’è una formazione percepita, senza ombra di dubbio, come il “partito dei cattolici”, anzi, anche se c’è una leggera prevalenza della coalizione guidata da Bersani, i numeri ci dicono, anche se è solo un sondaggio, che le tre coalizioni sono molto vicine. Va però aggiunto un piccolo dato: rispetto alle rivelazioni generali, Bersani perderebbe qualche punto se si tiene conto solo del voto cattolico, Berlusconi guadagnerebbe mezzo punto, mentre Monti ne aggiungerebbe addirittura 10.
Ma questa divisione dell’elettorato cattolico da cosa dipenderebbe?
Alla conferenza stampa di chiusura del Consiglio Permanente della CEI, monsignor Crocetta  ragiona sulle prossime elezioni, ma la sua non è un’indicazione di voto, per lui bisogna guardare quei “valori dell'etica sociale, che hanno fondamento nei principi irrinunciabili,” tenendo presente, e questo è l’appello che fa Crocetta che “non votare è portare acqua alle difficoltà del Paese.” Sono i vescovi a non dare, anche giustamente, un’indicazione, bisogna guardare, e alle volte ricercare con pazienza, quei cattolici candidati che garantiscono i valori dell’etica sociale.
Stesso appello fatto dal Cardinal Bagnasco qualche giorno prima. Ma il presidente della CEI si rivolge anche ai candidati, e non solo agli elettori. Per Bagnasco non è un problema avere esponenti cattolici in diversi schieramenti anzi: “La presenza di esponenti cattolici in schieramenti differenti dovrà accompagnarsi a una concreta convergenza sulle questioni eticamente sensibili.”
E i movimenti e l’associazionismo cattolico?
Le prossime elezioni segneranno, molto più che nel passato, la scesa in campo di diverse personalità del mondo cattolico, quasi a rispondere all’appello del Papa che chiede un impegno diretto dei Cattolici per portare nelle istituzioni italiane quei valori e quelle sensibilità che ne esalterebbero l’operato.
Mentre l’ormai ex presidente delle ACLI, Andrea Olivero, si candida nella lista Monti, la CISL si divide da una parte Giorgio Santini (numero due del sindacato di ispirazione cattolica) accetta di correre con Bersani, mentre Gianni Baratta, segretario confederale, lascia il sindacato per Monti.
Nei partiti “tradizionali” c’è un nutrito gruppo di parlamentari uscenti che cercano una riconferma. Nel PDL i rappresentanti del mondo cattolico, come Quagliariello, Sacconi, Eugenia Roccella e Beatrice Lorenzin, cercano una riconferma (non sempre scontata visto le posizioni che occupano nelle liste), mentre nell’UDC sono soprattutto Rocco Buttiglione e Paola Binetti a rappresentare, più di altri, le posizioni cattoliche all’interno del partito di Casini. Nel PD invece spiccano i nomi di Beppe Fioroni, Gigi Bobba e Nicodemo Oliverio.
Con Monti invece molti esponenti di quel movimento di Todi che qualche mese fa aveva riportato in auge il problema di un intervento dei cattolici in politica. Troviamo nelle liste del Professore Lucio Romano, presidente di Scienza&vita; Luigi Marino, presidente di Confcooperative; il neurologo Gian Luigi Gigli, molto attivo per la vita di Eluana Englaro; Mario Sberna, presidente dell’associazione Famiglie numerose.
Una nota ufficiale di Comunione e Liberazione precisa che il movimento “guarda con simpatia chi, tra i suoi aderenti, decide di assumersi il rischio di un tentativo politico.” Un non schierarsi con un partito in particolare, pensando soprattutto che esponenti di CL sono in diversi partiti. Pensiamo al PDL dove troviamo Maurizio Lupi, Gabriele Toccafondi e Raffaello Vignali, mentre Mauro Mauro, capogruppo del PDL all’Europarlamento, ha lasciato il suo partito per provare ad entrare in Senato con Monti. Nel PD non c’è un esponente del movimento candidato, ma Bersani riceve un importante endorsement dall’ex presidente della Compagnia delle Opere Graziano Debellini.
E infine Sant’Egidio. Tra i promotori del partito di Monti infatti c’è il fondatore della Comunità romana, ma, come dice lo stesso Riccardi in più di un’intervista, la sua è una scelta personale che non dovrebbe coinvolgere direttamente la Comunità di Sant’Egidio. Riccardi non si presenterà direttamente alle elezioni ma alcuni esponenti di spicco di Sant’Egidio correranno insieme a Monti (Marazziti capolista alla camera nel Lazio1 e Mario Giro ben posizionato per un posto in Senato in Campania). Non c’è una nota ufficiale come per Comunione e Liberazione, ma anche qui vigerà la libertà di coscienza.

martedì 5 febbraio 2013

La proposta di un'agenda contro le mafie


POLITICA - Con piacere si legge oggi tra le colonne de La Stampa l'attenta analisi di Federico Varese, docente di Criminologia all'Università di Oxford e autore di importanti saggi sul rapporto tra mafia e globalizzazione. Concordiamo infatti con quanto afferma l'esperto nell'incipit del suo articolo: "Peppino Impastato gridava dai microfoni di Radio Aut: “la mafia è una montagna di merda.” Eppure i partiti continuano a sottovalutare questo scandalo italiano che dura da quasi duecento anni. L’Agenda Monti ha il merito di aver formulato alcune proposte concrete, ma le poche idee utili che circolano in questa campagna elettorale naufragano nella cacofonia assordante dei proclami, dei tweets e dei verdetti sulle apparizioni televisive di Berlusconi. Nessuno sembra capire che la lotta alla mafia è parte integrante dalla riforma dello stato e dei rapporti economici".

Razzismo brutta storia, insulti a Khalid Chaouki

ATTUALITA' - Khalid Chaouki è prima di tutto un amico. Conosciuto diversi anni fa, le nostre strade si sono incontrate molte volte, soprattutto professionalmente. Nato in Marocco, per molti anni è stato il responsabile dei giovani musulmani in Italia cercando di coniugare, questa è la sensazione che mi ha sempre dato, le sue origini musulmane con il vivere in un paese occidentale. È entrato in politica, occupandosi, per il Partito Democratico, di giovani stranieri e di nuovi italiani, ed oggi è candidato alla Camera in Campania.
Da quando ha iniziato la sua campagna elettorale però è successo qualcosa che non si aspettava, la sua pagina facebook si è riempiti di insulti razzisti e xenofobi: “Voi non siete né sarete mai italiani”, “l’Islam è come il virus dell’Aids e ancora “Beduini!”, “Vi capiscono solo i cammelli”, fino a diventare violenti: “Siete invasori da mandare via a calci nel c...”. “A palate vi prenderei…”, “Perché non ti butti in un fiume?”.

Cina, troppi suicidi nella Foxcoon: la Apple favorevole all'ingresso del sindacato


ATTUALITA' - Finalmente arriva la svolta che tutti aspettavano. La Foxconn, casa madre a Taiwan, che possiede decine di fabbriche in Cina con oltre un milione di operai, ha deciso di aprire le porte al sindacato. Il gruppo produce iPhone e vari prodotti per conto di Apple e altri marchi famosi. A partire dal 2009, numerosi dipendenti
si erano uccisi perché non riuscivano più a tollerare le durissime condizioni di lavoro nelle fabbriche.

lunedì 4 febbraio 2013

Criminalità organizzata, corruzione, legalità, mafia: un breve giro tra i programmi elettorali


POLITICA - Proseguendo il nostro lavoro di analisi dei programmi elettorali, vogliamo soffermarci oggi su uno dei problemi che, sotto tanti aspetti, rientra prepotentemente nella nostra vita quotidiana, dalla sicurezza pubblica al lavoro, dallo sviluppo economico alla giustizia passando per le buone pratiche all'interno della Pubblica Amministrazione. Stiamo parlando della mafia, o meglio, della criminalità organizzata, termine politicamente corretto per indicare il cancro che da decenni divora grosse percentuali di PIL del nostro Paese. A ben vedere tutte le forze politiche in campo (Scelta Civica, PD, SEL, Rivoluzione Civile, Mov5Stelle, PDL, Lega) per questa tornata elettorale hanno inserito almeno un punto, nel proprio programma, dedicato in modo specifico al tema della legalità. Notiamo però una differenza sostanziale e alcune grandi assenze. Vediamoli dunque i programmi uno per uno.

sabato 2 febbraio 2013

Proposta per il nuovo Parlamento: dichiarare guerra alla mafia

Ha colpito favorevolmente la nostra attenzione la lettera scritta da Walter Veltroni e pubblicata ieri da Repubblica. Un appello al nuovo Parlamento che nascerà dalle prossime elezioni: dichiarare guerra alla mafia, in tutte le sedi e con tutti gli strumenti. Secondo Weltroni il connubbio mafia e recessione è particolarmente pericoloso e potrebbe essere proprio la corruzione ad impedire al nostro Paese una ripresa nel futuro prossimo. Seguono una serie di proposte concrete e condivisibili: regole essenziali come quelle sull'autoriciclaggio, la messa a regime della banca dati unica delle informative antimafia accessibile alla Dna, l'attuazione della "white list" realizzando presso le prefetture elenchi di aziende davvero pulite. Un appello giusto e opportuno sul quale speriamo che tutte le forze politiche in campo si misurino.

La lettera integrale di Walter Veltroni:
"Caro direttore,
occorre che lo Stato italiano entri in guerra. Che notifichi, all'avvio del prossimo Parlamento, una vera e propria dichiarazione di guerra alla mafia, alle mafie. Lo so, non ci sono ambasciatori e cancellerie a cui consegnare un documento formale. Ma la mafia, le mafie, sanno benissimo lanciare segnali e anche comprenderli. Se la politica, le istituzioni, i cittadini sono uniti (al di là di qualsiasi divisione) i poteri criminali capiranno che la Repubblica fa sul serio.