mercoledì 30 ottobre 2013

Voto palese sulla decadenza di Berlusconi, due piccole riflessioni

POLITICA - Alla fine il voto al Senato per decidere sulla decadenza del Senatore Silvio Berlusconi in applicazione al D.L. 235/2012 (la cosiddetta legge Severino) sarà con voto palese.  A deciderlo, in queste ore, la Giunta per il Regolamento del Senato che, accogliendo la proposta del M5S (con loro hanno votato anche i senatori del PD, di SeL e di Scelta Civica), modifica il regolamento in Senato che, a differenza della Camera dove il regolamento era stato già cambiato, stabiliva il voto segreto per votazioni riguardanti i singoli senatori. La senatrice Linda Lanzillotto, Scelta Civica e ago della bilancia nella votazione in Giunta (il suo voto è stato determinante nella Giunta per il regolamento) spiega le motivazioni che l’hanno portata a votare la proposta del MoVimento 5 Stelle:  “Quello sulla decadenza di Berlusconi non sarà un voto sulla persona, ma sul suo status di parlamentare. Pertanto non sarà necessario il voto segreto . Non reinterpretiamo il regolamento – spiega la senatrice centrista - perché è la prima volta che si applica legge Severino.”

Naturalmente questa decisione ha aperto polemiche da parte dei senatori del PdL  “Una pagina buia per le regole parlamentari-  afferma Renato Schifani, capogruppo PdL al Senato -La Giunta del Regolamento, a maggioranza e con un voto deliberatamente politico, ha violato le regole in maniera surrettizia, con grave responsabilità dello stesso presidente del Senato, per consentire al Pd e ad altre forze di imporre ai loro senatori un voto contro il leader del centrodestra. La giornata di oggi non potrà non avere conseguenze.” Con chiaro riferimento alle sorti del Governo Letta.

Ci sarebbero da fare due piccole riflessioni a riguardo.

La prima. Il presidente Berlusconi è stato giudicato, dopo tre gradi di giudizio, colpevole di frode fiscale, gli è stata inflitta una condanna (che grazie all’indulto è stata ridotta ad un anno), la corte d’Appello di Milano ha già “ricontato” gli anni di interdizione dai pubblici uffici (a gennaio ci sarà la sentenza della Cassazione che aveva confermato la condanna di interdizione chiedendo però un riconteggio). Dall’inizio di agosto (giorno della sentenza in Cassazione) ad oggi si è parlato molto di questa vicenda, seguito con attenzione (troppa) ogni passaggio parlamentare e giudiziario, abbiamo assistito a minacce sulle sorti del governo e voti di fiducia, forse è ora che la maggioranza ed il governo accantonino questo tipo di battaglie per concentrarsi sui reali problemi dell’Italia (primo fra tutti la disoccupazione).

La seconda, il voto palese. Abbiamo assistito ad un paio di mesi di battaglie parlamentari tra il PD e il M5S su questo argomento, con entrambi i partiti pronti a insinuare che, con il voto segreto, l’altro avrebbe, nel segreto dell’urna, aiutato Berlusconi. Abbiamo assistito a scene ridicole. Ogni parlamentare è libero di votare secondo la propria coscienza, ricordando che non c’è vincolo di mandato ma che ogni singolo voto è per il bene dell’Italia. Non credo sia sconvolgente se un parlamentare voti in disaccordo con il proprio gruppo parlamentare se questa decisione è presa secondo coscienza e se motivata. È giusto nascondersi nel segreto dell’urna per votare in disaccordo al proprio gruppo? Io credo di no, i Senatori dovrebbero essere fieri di poter affermare il proprio voto.

mercoledì 16 ottobre 2013

Ma Fazio è un problema?


POLITICA - Forse Grillo sente il bisogno di ricollocarsi politicamente. Negli ultimi giorni ha dedicato molto spazio a tematiche di centro destra come il reato di clandestinità (ricevendo i complimenti dalla Lega) e il feroce attacco contro Fabio Fazio (ricevendo i complimenti da Brunetta). Con il futuro politico di Berlusconi incerto nel centro destra e l’avanzata di Renzi nel centro sinistra forse il “semplice portavoce” del MoVimento 5 Stelle ha creduto che ci fosse più spazio a destra che a sinistra cavalcando un certo tipo di populismo.

Nel suo post “Che Fazio che fa” il comico genovese attacca il presentatore di Rai 3. Iniziamo a dire che il presupposto da cui parte Grillo è frutto di disinformazione vera e propria (e scritta da chi lamenta una certa disinformazione fatta dai giornali contro il suo MoVimento stupisce,  dovrebbe stare attento alle fonti): Mediaset non ha più nessuna azione della Endemol né direttamente né indirettamente (prima controllava alcune azioni tramite Telecinco). (ndr: il post è stato corretto nelle ore successive ma quando andato on-line era presente il clamoroso errore).

Grillo poi dovrebbe conoscere bene come funziona il mercato televisivo (per tutti gli anni 80 lo stesso Grillo ha avuto diverse trasmissioni Rai). Fazio guadagna sicuramente tanto (anche se non sono ufficiali i suoi compensi si vocifera uno stipendio superiore ai 5 milioni di Euro per tre anni) ma, come ricorda lo stesso direttore generale Gubitosi “Fazio peraltro non è un costo per l’azienda, ma una fonte di profitto.” Ma come funziona il mercato televisivo? Nel caso della trasmissione di Fazio, Che tempo che fa, la Endemol produce il programma che vende alla Rai, questa vende a sua volta gli spazzi pubblicitari attraverso la sua concessionaria. Se un programma fa ascolti gli spazi pubblicitari sono più allettanti e quindi vengono venduti ad un prezzo più alto. Non ci sono dati pubblici su quanto costa Che tempo che fa ne che ricavi ha, ma Fazio continua a dire che il suo programma è interamente pagato grazie ai ricavi pubblicitari, anzi, ci sono anche soldi in più che entrano  nelle casse della Rai (come dice lo stesso Gubitosi  già citato). Sia Grillo sul suo Blog si Brunetta danno dati su costi, ricavi e spese dell’azienda pubblica ma non citano mai direttamente i costi di Fazio, tranne che per lo stipendio. Se un presentatore è un valore aggiunto per la sua azienda potrebbe anche guadagnare certe cifre (il problema è il mercato e non il singolo compenso). Nella Rai ci sono tante spese che andrebbero tagliate, stipendi e benefit di dirigenti e direttori, fino all’utilizzo di appalti esterni .

Ma forse questo attacco alla Rai potrebbe essere, per citare il comico genovese, un grande “attacco di distrazione di massa” utilizzando del sano populismo come il compenso milionario di un presentatore. Si scivola sul reato di clandestinità facendo infuriare una parte del proprio elettorato? Attacchiamo la Rai con il solito linguaggio volgare.

La Rai andrebbe riformata e andrebbero razionalizzate le spese, ma come si può fare se il Presidente della Commissione Rai spera di essere l’ultimo a ricoprire quell’incarico e perde tempo ad occupare la Rai?

martedì 15 ottobre 2013

16 ottobre 1943, la deportazione degli ebrei romani

NEWS DALLA STORIA -
Il 16 ottobre 1943 è una data fondamentale per gli ebrei romani e per la città intera. Alle 05.30 alcuni camion tedeschi con soldati della Judenoperation si radunarono nel portico d’Ottavia nel quartiere ebraico. Pochi minuti dopo 300 soldati, muniti con gli elenchi delle famiglie ebree del “ghetto”, iniziarono il rastrellamento casa per casa. “Era sabato mattina, festa del Succot, il cielo era di piombo. I nazisti bussarono alle porte, portavano un bigliettino dattiloscritto. Un ordine per tutti gli ebrei del Ghetto: dovete essere pronti in 20 minuti, portare cibo per 8 giorni, soldi e preziosi, via anche i malati, nel campo dove vi porteranno c’è un’infermieraio.” Racconta il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni. Fu un’operazione capillare intenta a rastrellare tutti gli ebrei della capitale. Alle 14 l’operazione era stata conclusa con il rastrellamento di 1024 ebrei.

Settimia Spizzichino, l’unica donna tornata da Auschwitz dopo la deportazione di quel 16 ottobre , racconta nel libro “Gli anni rubati”: “Fummo ammassati davanti a S. Angelo in Pescheria. I camion grigi arrivavano, i tedeschi caricavano a spintoni o col calcio del fucile uomini, donne, bambini… e anche vecchi e malati, e ripartivano. Quando toccò a noi mi accorsi che il camion imboccava il Lungotevere in direzione di Regina Coeli… Ma il camion andò avanti fino al Collegio Militare. Ci portarono in una grande aula: restammo lì per molte ore. Che cosa mi passava per la testa in quei momenti non riesco a ricordarlo con precisione; che cosa pensassero i miei compagni di sventura emergeva dalle loro confuse domande, spiegazioni, preghiere. Ci avrebbero portato a lavorare? E dove? Ci avrebbero internato in un campo di concentramento? “Campo di concentramento” allora non aveva il significato terribile che ha oggi. Era un posto dove ti portavano ad aspettare la fine della guerra; dove probabilmente avremmo sofferto freddo e fame, ma niente ci preparava a quello che sarebbe stato il Lager”

Gli ebrei rimasero per 30 ore nel collegio militare prima di essere trasferiti alla stazione Tiburtina. Il 18 ottobre, alle 09.00 un convoglio di 18 vagoni partì verso la Polonia dove arrivò ad Auschwitz il 22 ottobre. Dei 1024 ebrei deportati fecero ritorno a Roma solo 16.

A 70 anni dalla deportazione, la Comunità di Sant'Egidio e la Comunità Ebraica di Roma, come ogni anno dal 1994, fanno memoria di questo tragico momento della vita della città, organizzando un "pellegrinaggio della memoria".

La marcia avrà inizio alle 18.45 con l’intervento del Vescovo Ausiliare di Roma Matteo Zuppi a Santa maria in Trastevere. Da lì una marcia silenziosa per le vie di Trastevere ripercorrendo a ritroso, partendo da Santa Maria in Trastevere fino al Portico D’Ottavia, il tratto di strada che separa il quartiere ebraico dal Collegio Militare. Parteciperanno tra gli altri Enzo Camerino, deportato (uno dei 16 superstiti), Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, Renzo Gattegna, presidente delle Comunità ebraiche italiane, Ignazio Marino, sindaco di Roma, Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma, Andrea Riccardi, della Comunità di Sant’Egidio.

giovedì 10 ottobre 2013

Clandestinità, le contraddizioni del post di Grillo.

POLITICA - In queste ore abbiamo assistito all’ennesimo scontro all’interno del Movimento 5 Stelle. I fatti sono semplici e sono stati riportati sui siti, ne illustriamo solo brevemente la cronologia. Ieri è stato presentato in commissione giustizia un emendamento del Movimento 5 Stelle che avrebbe abolito il reato di clandestinità. L’emendamento, grazie al voto di PD, SeL e Scelta Civica è passato. Oggi Grillo e Casaleggio, con un post a doppia firma sul blog dell’attore genovese, smentisce e attacca duramente i due senatori rei di aver presentato una  proposta fuori dal programma (quello che pensiamo sul post di Grillo lo abbiamo già scritto in questo blog).
Vorrei soffermarmi un aspetto, forse marginale, del post di Grillo-Casaleggio ovvero la grande contraddizione che c’è nelle poche righe del pezzo. I due prendono le distanze dai senatori perché “la loro posizione espressa in Commissione Giustizia è del tutto personale. Non è stata discussa in assemblea con gli altri senatori del M5S, non faceva parte del Programma.” E aggiungono “Non siamo d'accordo sia nel metodo che nel merito.” Qui c’è la grande contraddizione.  Grillo e Casaleggio spiegano infatti che non sono d’accordo nel metodo” perché un portavoce non può arrogarsi una decisione così importante su un problema molto sentito a livello sociale senza consultarsi con nessuno.”  Infondo è lo spirito del Movimento stesso e l’idea stessa dei portavoce: gli eletti rappresentano i “cittadini” quindi non hanno autonomia decisionale ma devono assicurarsi di rispettare pedissequamente ogni punto del programma e l’abolizione del reato di clandestinità non è nel programma. Ma se si può accettare questo, anche se personalmente non lo condivido ma sono le loro regole interne, come mai Grillo e Casaleggio sono contrari nel merito? I due scrivono infatti che non concordano “nel merito” perché  “questo emendamento è un invito agli emigranti dell'Africa e del Medio Oriente a imbarcarsi per l'Italia. Il messaggio che riceveranno sarà da loro interpretato nel modo più semplice "La clandestinità non è più un reato". Ma perché  un semplice portavoce, come è Grillo che vale uno come tutti gli altri, si può permettere di dare un giudizio personale su un punto che non è nel programma senza prima aver consultato la rete?
Poche ore dopo un altro post vuole illustrare il metodo decisionale del  Movimento (metodo che Grillo non ha utilizzato per dare la sua opinione sul reato di clandestinità). Leggiamo sul blog di Grillo:
“Qualche precisazione sul metodo di relazione tra eletti, iscritti e elettori del M5S per la formulazione di nuove leggi.
1. L'eletto portavoce ha come compito l'attuazione del Programma del M5S
2. In caso di nuove leggi di rilevanza sociale non previste dal Programma, come può essere l'abolizione del reato di clandestinità, queste devono essere prima discusse in assemblea dai proponenti e quindi proposte all'approvazione del M5S attraverso il blog
Ma il punto 3 è quello più interessante:
3. In caso di approvazione, i nuovi punti saranno inseriti nel Programma che sarà sottoposto agli elettori nella successiva consultazione elettorale”
Quindi se ad inizio di una legislatura (che potrebbe durare 5 anni) si avverte l’esigenza di formulare una legge di rilevanza sociale i parlamentari non possono proporla (e immagino neanche votare quella di altre formazioni politiche) ma sottoporla ai propri iscritti (sul blog le poche elezioni virtuali fatte dal movimento era aperte solo agli iscritti e non a tutti i cittadini) e aspettare il prossimo giro per proporle. Utile e veloce.

PS: Grillo e Casaleggio per il loro post sul reato di clandestinità hanno messo una anziana che rivista nella spazzatura (chissà perché) preferisco mettere un’immagine della tragedia di Lampedusa, per non dimenticare.

Beppe Grillo e l'immigrazione. Una storia travagliata

Che il rapporto di Beppe Grillo con il tema dell'immigrazione fosse un po' complicato lo si sapeva già. Ha sempre evitato di inserirlo nel suo programma politico. E quelle rare volte che ha dovuto prendere una posizione non ha mai nascosto le sua idee conservatrici: una nazione, un popolo. Niente ius solis. Niente voto agli immigrati. Contrasto dell'immigrazione clandestina.
Tuttavia in questi giorni assistiamo a qualcosa di nuovo. Quello che ieri è avvenuto in Senato, ovvero l'approvazione di un emendamento per l'abolizione del reato di clandestinità presentato da due senatori del Movimento 5 stelle, ha riaperto una ferita vecchia in modo del tutto inaspettato. Non è più solamente l'opinione di Beppe Grillo ad essere in gioco. Ma quella degli 8 milioni di italiani che lo hanno votato.

Le spaccature e le indecisioni all'interno del movimento 5 stelle sono evidenti. Le domande che serpeggiano sono tante. E' possibile restare in silenzio di fronte a tragedie umanitarie di una tale portata? Come fare a mantenere un largo consenso politico in un momento di crisi senza dar conto di quello che sente "la pancia" degli italiani? In altre parole: come discutere di immigrazione mentre una grande fetta della società "italiana" è impegnata nella sopravvivenza quotidiana? Questo è quello che si deve essere chiesto anche Grillo prima della sua ultima uscita mediatica via blog. E la sua risposta è sempre la stessa: l'immigrazione non è in programma! pensiamo prima agli italiani!

Ma è proprio qui che sta il problema: sono stati proprio gli italiani che, con il cuore trafitto dalle immagini della tragedia di Lampedusa, hanno provato insieme a Papa Francesco una "grande vergogna" e hanno quindi, giustamente alimentato anche la repentina presa di posizione dei due senatori pentastellati, tanto da far apparire l'approvazione del loro emendamento come un successo del Movimento. E allora: bravi Andrea Buccarella e Maurizio Cioffi che hanno saputo interpretare il sentimento "nuovo" di tanti cittadini. Perché la politica "vecchia" non è solo quella anagrafica, quella del finanziamento pubblico ai partiti. E' anche quella che si incista ancora sui problemi di Berlusconi mentre il Paese va a picco. Mentre le carceri esplodono. Mentre i bambini siriani annegano a 500 metri dalle nostre coste.

Il Movimento 5 Stelle fa abrogare il reato di clandestinità, ma a Grillo non piace


POLITICAPOLITICA - Da giorni il reato di clandestinità era ritornato nelle pagine dei giornali complice la tragedia di Lampedusa e il messaggio di Napolitano alle Camere. In molti infatti sostenevano che per evitare tragedie come quella accaduta nell’isola siciliana bisognava modificare le leggi in materia di immigrazione a partire dalla Bossi-Fini e dal reato di clandestinità contenuto nel pacchetto sicurezza dell’ex ministro dell’interno Maroni. Anche per il sovraffollamento delle carceri si era ipotizzato di riformare il reato di clandestinità che avrebbe prodotto, anche se non nell’immediato, un minor ingresso dei detenuti nelle carceri.

La tempestività con il quale alcuni senatori del Movimento 5 Stelle hanno affrontato la vicenda è sicuramente lodevole e, dopo la presentazione nella conferenza stampa di ieri, nel pomeriggio è stata votata in commissione giustizia al Senato la modifica del reato con il parere favorevole del governo e grazie anche ai voti dei senatori del PD di Sel e di Scelta Civica.

Una vittoria per il Movimento che non smette mai di lamentarsi di come il Parlamento continui ad ignorare le loro proposte? A leggere il blog del “semplice” portavoce, Grillo sembra di no. Nella home page di oggi campeggia un piccolo pezzo dal titolo “Reato di clandestinità” firmato dello stesso Grillo e da Casalggio. Cosa dicono i due ideologi del Movimento?  "Ieri è passato l'emendamento di due portavoce senatori del MoVimento 5 Stelle sull'abolizione del reato di clandestinità. La loro posizione espressa in Commissione Giustizia è del tutto personale”  E’ l’incipit del pezzo che prosegue:  “Non siamo d'accordo sia nel metodo che nel merito. Nel metodo perché un portavoce non può arrogarsi una decisione così importante su un problema molto sentito a livello sociale senza consultarsi con nessuno.” Ma bisognerebbe ricordare a Grillo per l’ennesima volta, anche se fatica a capire un concetto tanto semplice della nostra Costituzione che pretende di difendere, che i parlamentari non hanno vincolo di mandato, ma anche chiedere dove si possa trovare la famosa piattaforma pubblicizzata per mesi nella quale discutere proposte di legge.

“Se durante le elezioni politiche” prosegue la nota di Grillo-Casaleggio “avessimo proposto l'abolizione del reato di clandestinità, presente in Paesi molto più civili del nostro, come la Francia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, il M5S avrebbe ottenuto percentuali da prefisso telefonico.” Sottolineando che il proprio programma non è stato scritto per il bene dell’Italia ma per accaparrarsi qualche voto in più confermando l’estremo populismo del Movimento.  Ma è la conclusione che fa riflettere, perché, se nel metodo si può in qualche maniera vedere come  i senatori hanno aggirato quelle che dovrebbero essere le regole interne del Movimento, è sul merito che le affermazioni del comico e dell’imprenditore che hanno ideato il movimento fanno impressione: “Nel merito questo emendamento è un invito agli emigranti dell'Africa e del Medio Oriente a imbarcarsi per l'Italia. Il messaggio che riceveranno sarà da loro interpretato nel modo più semplice "La clandestinità non è più un reato". Lampedusa è al collasso e l'Italia non sta tanto bene. Quanti clandestini siamo in grado di accogliere se un italiano su otto non ha i soldi per mangiare?" confermando i sospetti che i due hanno un’idea fin troppo chiara sull’immigrazione (anche se non è una novità leggendo quello che scrive Grillo sul suo blog).

Diverse le reazioni dal mondo politico dopo il post: “Chiediamo a Grillo e a Casaleggio e agli esponenti del Movimento Cinque Stelle”  chiede il capogruppo della Lega Nord al Senato Massimo Bitonci su Sky Tg 24 “di firmare loro il nostro emendamento che ripristina il reato di immigrazione clandestina’”  “Grillo con le sue dichiarazioni di contrarietà all’abrogazione del reato di clandestinità” scrive invece su Facebook l’onorevole del PD Khalid Chaouki, responsabile per il suo partito per i nuovi italiani “e il suo attacco ai senatori 5stelle che lo hanno votato, ha finalmente gettato la maschera.”

Ora l’emendamento passerà alla discussione al Senato deve vedremo come si comporteranno i senatori pentastellati per capire se nel Movimento si potrà mai aprire una discussione o no.

mercoledì 9 ottobre 2013

Il messaggio di Napolitano sull'emergenza carceri

POLITICA -
Ieri il Presidente della Repubblica ha voluto riportare all’attenzione, del Parlamento e del paese, il drammatico problema delle carceri con un lungo messaggio indirizzata ai presidenti di Camera e Senato e letti nei due rami del Parlamento.

Alcune considerazioni.  Non è la prima volta che il Presidente della Repubblica cerca di riportare l’attenzione sulla drammatica situazione delle carceri, ma spesso il Parlamento non ha dato seguito alle tante sollecitazioni. Questa volta lo fa attraverso un istituto sancito dalla Costituzione e sicuramente uno dei modi più diretti e forti che gli sono consentiti di fare, quello del messaggio alle Camere.

Se la tempistica potrebbe risultare sospetta visto che parla anche di amnistia nei giorni in cui si decide “l’agibilità” politica di Berlusconi, va anche ricordato che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ricorda Napolitano nel suo messaggio, “con la sentenza - approvata l'8 gennaio 2013 secondo la procedura della sentenza pilota - (Torreggiani e altri sei ricorrenti contro l'Italia), ha accertato, nei casi esaminati, la violazione dell'art. 3 della Convenzione europea che, sotto la rubrica "proibizione della tortura", pone il divieto di pene e di trattamenti disumani o degradanti a causa della situazione di sovraffollamento carcerario in cui i ricorrenti si sono trovati.”  

La situazione carceraria è drammatica e i numeri sono impietosi: 64.758 detenuti per una capienza di 47.615 posti. Va ricordato anche l’altissimo numero di suicidi e morti, più o meno sospette, all’interno del carcere: a giugno c’erano stati 26 suicidi e 57 morti solo nel 2013

“Sottopongo dunque all'attenzione del Parlamento” prosegue nel suo messaggio Napolitano, “l'inderogabile necessità di porre fine, senza indugio, a uno stato di cose che ci rende tutti corresponsabili delle violazioni contestate all'Italia dalla Corte di Strasburgo.

Lo stesso presidente prova a suggerire una serie di proposte, che dovranno essere approvate poi dai due rami del Parlamento, per affrontare la questione.

1) l'introduzione di meccanismi di probation. A tale riguardo, il disegno di legge delega approvato dalla Camera e ora all'esame del Senato, prevede, per taluni reati e in caso di assenza di pericolosità sociale, la possibilità per il giudice di applicare direttamente la "messa alla prova" come pena principale. In tal modo il condannato eviterà l'ingresso in carcere venendo, da subito, assegnato a un percorso di reinserimento;

2) la previsione di pene limitative della libertà personale, ma "non carcerarie". Anche su questo profilo incide il disegno di legge ora citato, che intende introdurre la pena - irrogabile direttamente dal giudice con la sentenza di condanna - della "reclusione presso il domicilio";

3) la riduzione dell'area applicativa della custodia cautelare in carcere. A tale proposito, dai dati del DAP risulta che, sul totale dei detenuti, quelli "in attesa di primo giudizio" sono circa il 19%; quelli condannati in primo e secondo grado complessivamente anch'essi circa il 19%; il restante 62% sono "definitivi" cioè raggiunti da una condanna irrevocabile. Nella condivisibile ottica di ridurre l'ambito applicativo della custodia carceraria è già intervenuta la legge n. 94 del 2013, di conversione del decreto legge n. 78 del 2013, che ha modificato l'articolo 280 del codice di procedura penale, elevando da quattro a cinque anni di reclusione il limite di pena che può giustificare l'applicazione della custodia in carcere;

4) l'accrescimento dello sforzo diretto a far sì che i detenuti stranieri possano espiare la pena inflitta in Italia nei loro Paesi di origine. In base ai dati del DAP, la percentuale dei cittadini stranieri sul totale dei detenuti è circa il 35%. Il Ministro Cancellieri, parlando recentemente alla Camera dei Deputati, ha concordato sulla necessità di promuovere e attuare specifici accordi con i Paesi di origine dei detenuti stranieri (l'Italia ha aderito alla Convenzione europea sul trasferimento delle persone condannate e ha già stipulato nove accordi bilaterali in tal senso). Ella ha tuttavia dato notizia degli scarsi (purtroppo) risultati concreti conseguiti sinora. Nel corso del 2012 solo 131 detenuti stranieri sono stati trasferiti nei propri Paesi (mentre nei primi sei mesi del 2013 il numero è di 82 trasferimenti). Ciò, secondo il Ministro, dipende, in via principale, dalla complessità delle procedure di omologazione delle condanne emesse in Italia da parte delle autorità straniere. Il Ministro si è impegnato per rivedere il contenuto degli accordi al fine di rendere più rapidi e agevoli i trasferimenti e per stipulare nuove convenzioni con i Paesi (principalmente dell'area del Maghreb) da cui proviene la maggior parte dei detenuti stranieri. Tra i fattori di criticità del meccanismo di trasferimento dei detenuti stranieri, va annoverata anche la difficoltà, sul piano giuridico, di disporre tale misura nei confronti degli stranieri non ancora condannati in via definitiva, che rappresentano circa il 45% del totale dei detenuti stranieri;

5) l'attenuazione degli effetti della recidiva quale presupposto ostativo per l'ammissione dei condannati alle misure alternative alla detenzione carceraria; in tal senso un primo passo è stato compiuto a seguito dell'approvazione della citata legge n. 94 del 2013, che ha anche introdotto modifiche all'istituto della liberazione anticipata. Esse consentono di detrarre dalla pena da espiare i periodi di "buona condotta" riferibili al tempo trascorso in "custodia cautelare", aumentando così le possibilità di accesso ai benefici penitenziari;

6) infine, una incisiva depenalizzazione dei reati, per i quali la previsione di una sanzione diversa da quella penale può avere una efficacia di prevenzione generale non minore.

Il presidente richiama anche a dare nuovo impulso al Piano Carceri. Ma Napolitano sa che queste sono riforme che, per dare i frutti, hanno bisogno di un rodaggio di medio e lungo termine, hanno bisogno di tempo per vedere i frutti, per questo considera l’esigenza di rimedi straordinari

“La prima misura su cui intendo richiamare l'attenzione del Parlamento è l'indulto, che - non incidendo sul reato, ma comportando solo l'estinzione di una parte della pena detentiva - può applicarsi ad un ambito esteso di fattispecie penali (fatta eccezione per alcuni reati particolarmente odiosi). Ritengo necessario che - onde evitare il pericolo di una rilevante percentuale di ricaduta nel delitto da parte di condannati scarcerati per l'indulto, come risulta essere avvenuto in occasione della legge n. 241 del 2006 - il provvedimento di clemenza sia accompagnato da idonee misure, soprattutto amministrative, finalizzate all'effettivo reinserimento delle persone scarcerate, che dovrebbero essere concretamente accompagnate nel percorso di risocializzazione.

Al provvedimento di indulto, potrebbe aggiungersi una amnistia.

Rilevo che dal 1953 al 1990 sono intervenuti tredici provvedimenti con i quali è stata concessa l'amnistia (sola o unitamente all'indulto). In media, dunque, per quasi quaranta anni sono state varate amnistie con cadenza inferiore a tre anni. Dopo l'ultimo provvedimento di amnistia (d.P.R. n. 75 del 1990) - risalente a ventitré anni fa - è stata, approvata dal Parlamento soltanto una legge di clemenza, relativa al solo indulto (legge n. 241 del 2006).”

Sembra pretestuoso, visto quello che lo stesso Presidente Napolitano scrive, le inutili polemiche su amnistia e indulto efficaci solo per salvare Berlusconi, visto che i reati amnistiati saranno di pertinenza parlamentare. Tra i più critici nei confronti del capo dello stato sono i parlamentari del Movimento 5 Stelle: per Riccardo Nuti, capogruppo uscente a Montecitorio del Movimento Cinque Stelle è “il primo passo verso l’amnistia a Berlusconi con la scusa di risolvere il sovraffollamento delle carceri”.  Da Cracovia il Presidente risponde, lapidario, alle critiche affermando “Quelli che mi accusano di volere un’amnistia pro-Berlusconi sono persone che sanno pensare a una sola cosa, hanno un pensiero fisso e se ne fregano dei problemi della gente e del Paese. E non sanno quale tragedia sia quelle carceri. Non ho altro da aggiungere.”

giovedì 3 ottobre 2013

Piccola riflessione su Lampedusa.


In queste ore abbiamo assistito all’ennesima tragedia nel Mediterraneo.  Il Nostro Mare è diventato ormai un cimitero che accoglie nelle sue gelide acque migliaia di corpi. Uomini e donne, vecchi e bambini che hanno lasciato la loro casa per affrontare un lungo viaggio, sono scappati dalla povertà, dalla fame e dalla dittatura e si sono messi  in cammino verso l’Europa con la speranza di avere se non un futuro migliore almeno un futuro. Per molti non è stato così perdendo la vita in maniera tanto assurda quanto tragica.    
Oggi è il momento della commozione e del dolore, in tanti hanno espresso questi sentimenti (anche se non sono mancati i soliti commenti razzisti e fuori luogo).

Papa Francesco ha lanciato un accorato appello:  “Preghiamo insieme Dio per chi ha perso la vita uomini, donne, bambini, per i familiari e per tutti i profughi. Uniamo i nostri sforzi perché non si ripetano simili tragedie. Solo una decisa collaborazione di tutti può aiutare a prevenirle.”

Le parole del Presidente Grasso sono un “richiamo alla responsabilità, all'accoglienza e al soccorso di chi fugge da situazioni disperate” che “deve essere sentito da tutte le forze politiche e deve portare a una revisione della nostra legislazione in materia e a una più attenta gestione dei flussi migratori.”

Ma dopo il giorno di dolore dovrà venire il giorno dell’impegno concreto.  I nostri politici, che oggi corrono a Lampedusa per piangere sui corpi delle vittime, mattano in agenda domani impegni precisi per affrontare e superare queste tragedie, si impegnino  su provvedimenti concreti e non lascino cadere nel vuoto il grido di chi oggi ha perso la vita. L’Europa, sempre pronta ad intervenire sui bilanci nazionali, lasci la freddezza delle cifre del deficit e si occupi concretamente di questa tragedia.

Il professor Andrea Riccardi, ex ministro nel governo Monti per l’integrazione e fondatore della comunità di Sant’Egidio, in queste ore ha lanciato un appello:” L’immane tragedia di Lampedusa esige da parte di tutti una risposta che non si limiti al cordoglio ma che chiami in causa le responsabilità e si faccia carico del coraggio di una proposta. Chiedo un funerale di Stato, a Roma, per le vittime di questo ennesimo disastro umanitario; e mentre ci uniamo alla preghiera di papa Francesco, e sollecitiamo interventi rapidi ed efficaci per alleviare le sofferenze dei superstiti, non possiamo non tornare a denunciare con forza le carenze della politica europea e mondiale, l’inadeguatezza delle iniziative della cooperazione internazionale di fronte al fenomeno gigantesco, inarrestabile delle migrazioni, una vera emergenza del nostro tempo.”