venerdì 20 giugno 2014

Politica in pillole (Renzi, le riforme e il ruolo di Forza Italia, dell'M5S e di SeL)

POLITICA - A mio parere, tre sono le notizie rilevanti della attualità politica. Il dialogo sulle riforme  tra Pd e Forza Italia, il presunto dialogo M5S-PD, e la crisi in atto dentro Sel. Proverò a procedere con ordine, anche se ritengo tutti e tre gli eventi legati da un filo comune: la nettissima vittoria del Pd in generale, ma soprattutto di Renzi in particolare, ha definito il quadro politico e chiarito a tutti gli interlocutori che al 99% questo Governo durerà a lungo, forte di un ampio consenso popolare.

Questa considerazione spinge tutti gli attori politici ad accelerare le proprie mosse, o comunque a cambiare prospettiva non ritenendo più praticabile un ritorno rapido alle urne.

Partiamo da Forza Italia. Uscito con le ossa rotte dalle recenti elezioni europee, il partito di Berlusconi vive una fase di turbolenza interna, in una lotta tra correnti figlia a mio parere della debolezza del leader. Forza Italia non ha nessun interesse a tornare rapidamente al voto, ma allo stesso tempo per non scomparire dal campo di gioco ha interesse ad accreditarsi come interlocutore per le riforme. Un accordo a tutto campo con Renzi sia sulle Riforme sia sulla Legge Elettorale permetterebbe a Berlusconi di accreditarsi come persona che ha a cuore il bene del paese, e consentirebbe al CentroDestra (discorso che vale anche per Alfano) di riorganizzarsi e di recuperare credibilità in vista di future tornate elettorali.

Discorso simile per Grillo. Il Movimento ha avuto una batosta elettorale, perdendo 3 milioni di voti e 4 punti percentuali. Non è da buttare via il 21% conseguito, ma se si fa campagna elettorale al motto di vinciamo noi, e se il leader promette di ritirarsi in caso di sconfitta e poi non lo fa, questo risultato seppur buono viene percepito come una sconfitta.

Dopo aver provato in tutti i modi a negare la sconfitta e dopo aver dato le colpe della sconfitta non a se stessi ma agli italiani, il Movimento ha apparentemente cambiato strategia. La mia lettura è la seguente; Grillo è per me totalmente incapace di un qualsiasi ragionamento utile al paese, ma non è scemo. Sa che non può continuare a vita il giochetto del salire sui tetti, del gridare oltrehitler, della opposizione che sa dire solo no, specie di fronte ad un leader come Renzi che piaccia o no è comunque dinamico ed abile nel vendere bene le sue iniziative.

Insomma Grillo, per paura di scomparire o di mantenere la guida solo di un manipolo di Dibattisti pronti a dire W Grillo Bravo Grillo, chiede di tornare in gioco nel tavolo delle riforme. I giornali hanno parlato di apertura, a me sembra un ricatto. In sintesi M5S dice a Renzi, dacci i tuoi voti di maggioranza, per far approvare una legge elettorale proposta da noi, che siamo una minoranza. Inoltre, dopo aver fatto perdere un anno di tempo al paese, e dopo aver rifiutato ogni proposta di dialogo (ricordo lo streaming Renzi-Grillo col secondo che dice, ti do un minuto, non ho tempo da perdere con te), ora M5S chiede fretta.

Immagino Renzi sia abbastanza furbo e scaltro da andare all’incontro, ascoltare quello che il Movimento ha da dire, e poi dire, scusate, ma potevate pensarci prima. Aggiungo anche che se per un anno chiami il Premier Ebetino o Renzie, è poi difficile che tu possa sedere con credibilità al Tavolo delle Riforme.

Veniamo a Sel. Non è di ieri una divisione tra una parte del partito che guarda ad esperienze di sinistra più radicale (per capirci in direzione Rifondazione), ed un’altra che guarda comunque al socialismo europeo ed al Pd. Già Gavino Pala ha scritto rispetto alla Lista Tsipras ed alleprospettive dopo il voto, non mi dilungo

La novità di questi giorni è che la spaccatura è ufficiale. Mentre Vendola e Fratojanni restano ancorati alla opposizione, Migliore ed altri compagni di viaggio lasciano il partito dichiarando di fatto di guardare al Pd ed al Governo come interlocutori credibili. Non credo che Migliore voglia entrare al Governo, credo però voglia costruire una realtà di sinistra di respiro europeo, a vocazione governativa e per questo non può fare a meno di confrontarsi col Pd, partito di CentroSinistra, alleato con Sel in molte realtà locali e attualmente espressione della quasi maggioranza degli italiani.

Nello specifico (e qui mi sbilancio, io sto con Migliore), i fuoriusciti da Sel contestano il mancato appoggio al Decreto Irpef. In pratica dice Migliore, come possiamo noi di sinistra opporci ad una norma che dà 80 euro al mese ai redditi bassi? Una delle norme più di sinistra approvate da un Governo negli ultimi 20 anni?

Io vedo una netta demarcazione tra una sinistra radicale capace di dire solo no, di dire io sarei più capace, io governerei così, ma incapace di rendersi conto che lo spazio politico è limitatissimo e bene che va se si raggiunge un 5%, del tutto inutile senza alleanza. Poi vedo la sinistra di Migliore, che magari ipotizzo potrebbe anche costruire una casa comune con Cuperlo e l’attuale minoranza Pd, per portare al Governo le istanze della Sinistra, e per spostare l’asse attuale del Pd più verso sinistra. Insomma, sapersi accontentare, essere dentro per cambiare e non fuori per urlare.

Mario Scelzo

giovedì 12 giugno 2014

Mineo, l'autosospensione di 13 senatori e l'ennesimo autogol del PD

POLITICA - Forse il PD ha bisogno di litigare per sentirsi vivo. Al PD non serve vincere le elezioni (anzi stravincere le europee), conquistare comuni e regioni, essere il primo partito in Europa, il PD ha bisogno di scontri, dissensi interni, malumori, veti incrociati, autosospensioni e franchi tiratori per sentirsi vivo.

E solo in quest’ultimo anno di ci hanno deliziato con autogol impressionanti come i 101 che non hanno votato Prodi Presidente della Repubblica, o la conferma della fiducia ad Alfano o alla Cancelieri.

Ma in queste ore vogliono continuare a dimostrarlo con due episodi importanti.
Alla camera passa un emendamento (a scrutinio segreto) della Lega, con parere contrario del governo, sulla responsabilità civile dei giudici. Il PD alla Camera ha da solo la maggioranza dei seggi, quindi basterebbe votare compatti per affossare l’emendamento. Invece l’emendamento passa e si contano almeno una trentina di deputati del PD che nel segreto del voto appoggiano l’emendamento. Renzi, dalla Cina, dirà che il pasticcio verrà risolto al Senato, stare a vedere, anche perché il secondo esempio arriva proprio dal Senato.

Corradino Mineo, Senatore dissidente del PD, che in più occasioni ha espresso il suo parere contrario sull’Italicum e sulla riforma del Senato, viene tolto dalla Commissione Affari Costituzionali, dove queste due norme sono in discussione, e sostituito con Zanda (più filo governativo del collega).

Qualcuno ha parlato di dittatura e decisionismo di Renzi e tirato in ballo la Costituzione ricordando che non c’è vincolo di mandato per il parlamentare.


L’autosospensione di 13 senatori del PD pone ora il governo sulla graticola rischiando di non avere più i numeri necessari per governare.

Tutto questo suggerisce, a mio avviso, alcune riflessioni. Partendo dal bisogno impellente di fare quelle riforme costituzionali che ci promettono da anni (e che ad oggi bisogna ammetterlo solo Renzi ha provato a fare) il problema è il metodo. Renzi, che al Nazzareno contratta le riforme con Berlusconi, perché non ascolta la parte del suo partito, minoritario e sconfitto alle primarie, per apportare cambiamenti importanti che potrebbero migliorare sia il Senato che l’Italicum (sicuramente due brutte leggi)? E dall’altra parte, perché dopo le votazioni fatte nella direzione e nelle assemblee parlamentari che hanno deciso la linea del partito Mineo e gli altri 12 senatori non decidono di prendere atto che la maggioranza del proprio partito ha deciso una linea diversa dalla loro?
Ha senso far cadere il governo in questo momento (soprattutto pensando che il PD di Renzi ha conquistato più del 40% alle Europee) ed andare alle elezioni anticipate con una legge elettorale forse anche peggio del Porcellum (visto la totale assenza di premio di maggioranza nessuno avrebbe i voti per governare neanche più in una sola camera)?

Intanto aspetto il prossimo autogol del PD che è sempre più divertente di quello precedente.

lunedì 9 giugno 2014

Renzi tra Europa e scandali

POLITICA - Le elezioni sono passate, sappiamo tutti come sono andate e già sono stati scritti fior fior di commenti, quindi non aggiungerò la mia analisi ma vi invito a guardare al futuro.

Il dato politico che emerge dalle elezioni europee è che abbiamo un Presidente del Consiglio di fatto investito da una ampissima legittimazione popolare (vuoi per merito suo, vuoi per incapacità degli avversari), abbiamo una coalizione di Governo con una leadership fortissima del Pd, ed abbiamo un leader italiano che può parlare in sede europea forte di un ampio seguito nel paese.

Sintetizzando, se non ci saranno grandi scossoni Renzi ed il Pd governeranno per altri tre anni abbondanti, alleati con quel che resta delle macerie di Scelta Civica e con un NuovoCentroDestra che non esce bene dalle urne e non credo abbia voglia di tornarci. Forza Italia è lacerata da lotte interne, ed il Movimento 5 Stelle piuttosto che compiere una sana autocritica rispetto ai numerosissimi errori compiuti, è ripartito con lo sterile ritornello del complotto, del Renzie, degli 80 euro, delle scie chimiche, insomma nulla di nuovo.

Diciamolo, Renzi ha in mano il paese.

Ma attenzione. Parlo a titolo personale ma credo di interpretare il pensiero di molti. Il fatto di aver sostenuto Renzi (come tanti, ho ritenuto una minaccia per la democrazia una affermazione del M5S) non vuol dire che l’ex Sindaco di Firenze è immune da critiche, non vuol dire che controlleremo il suo operato.

In particolare, personalmente sono sensibile al tema della lotta alla disoccupazione, dove fino ad ora non si vedono frutti, e soprattutto molti sono preoccupati dai numerosi scandali che scuotono la vita politica ed imprenditoriale, parlo specialmente dei casi Expò a Milano e del Mose di Venezia.

Va detto che a parole il Presidente è stato molto duro sulle vicende in corso, e trovo positiva sia la nomina di Cantone alla guida del controllo degli appalti dell’Expo, sia il fatto che il Pd abbia votato a favore dell’arresto del proprio deputato Genovese.

Credo che molto del giudizio futuro che daremo di Renzi, passerà dalla capacità di tradure le belle parole in fatti concreti.

Va fatta una distinzione. Subito i grillini hanno alzato la voce e gridato “avete visto, avete votato un partito di ladri, questa è la classe dirigente del Pd etc….”. Non sono affatto d’accordo, primo perché le responsabilità sono dei singoli, ma soprattutto, ed è la chiave del mio ragionamento, non possiamo dare a Renzi colpe non sue. Provo a spiegarmi.

Come me, tanti che hanno votato per Renzi, lo hanno fatto anche per velocizzare un ricambio di classe dirigente, sia nel paese, sia nel Pd. Non sto affatto dicendo che D’Alema o Bersani o la Bindi o la Finocchiaro siano dei ladri, ma non dico una falsità se affermo che, con loro come classe dirigente, la politica non ha avuto una forte vigilanza sui temi della onestà e della trasparenza.

Scandali come MPS, lo stesso Expò ed il Mose, sono figli a mio parere della Seconda Repubblica. La mia speranza è che con Renzi siamo entrati nella Terza. Non ritengo Renzi l’unto dal Signore o l’uomo della Provvidenza, ma gli riconosco vitalità, un cambio di passo nella azione di Governo, e l’aver portato alla ribalta una nuova classe dirigente.

Il tempo dirà se la Boschi, la Picierno, la Madia, i Richetti, i Del Rio, la Bonafè, si mostreranno competenti o meno. Ad oggi si può affermare però che sono onesti, o comunque non hanno inchieste giudiziarie sulle spalle.

In conclusione, se ho sostenuto Renzi, ed a giudicare dai numeri non sono il solo, è anche per chiedere criteri di trasparenza ed onestà nei Palazzi del Potere. Quindi le accuse dei cinquestellati a Renzi sono ad oggi prive di valore, sono le solite chiacchiere propagandistiche di un partito incapace di analizzare le ragioni della propria sconfitta. (un esempio, da 9 milioni di elettori sono scesi a 6, ma la loro strana logica li porta a dire che hanno perso 1 milione di voti e non 3).

Darò ragione ai seguaci di Grillo, segnatevi queste parole, se e quando sul banco degli accusati arriveranno le Bonafè e le Boschi, vorrebbe dire che l’ex Sindaco non è stato capace di selezionare la sua classe dirigente,

In conclusione, le elezioni sono passate, le condizioni per realizzare una seria attività di Governo ci sono tutte, ora aspettiamo i fatti. Reputo positivo il primo passo degli 80 euro, ma mi aspetto manovre per il rilancio della occupazione, mi aspetto le riforme costituzionali, e nuove regole riguardo agli appalti ed alle opere pubbliche. Continueremo a vigilare su queste pagine.

Mario Scelzo

giovedì 29 maggio 2014

Quale eredità lascerà l’altra Europa (con Tsipras)?

POLITICA - Iniziando a scorrere i risultati alle elezioni Europee, dopo aver costatato la “bulgara” percentuale presa dal Partito Democratico, mi sono, e non poco, stupito del buon risultato che ha ottenuto l’Altra Europa. Con il PD oltra il 40% pensavo ad una pesante emorragia di voti per la lista più a sinistra, pensavo ad un travaso di massa da Tsipras al PD (non certo perché quest’ultimo potesse rappresentare un partito di sinistra, più in quanto come voto anti-grillino). Così naturalmente non è stati, anzi, come ha spiegato Nando Pagnoncelli nell’ultima puntata di Ballarò, il PD ha letteralmente mangiato i voti di Scelta Civica, ha conquistato alcuni elettori del movimento 5 Stelle e, anche se proporzionalmente meno, rubato voti a Berlusconi; nella sua analisi Pagnoncelli non cita voti in uscita dalla sinistra alternativa (che sicuramente ci saranno stati ma marginalmente). La lista della sinistra italiana, nonostante la scarsità della presenza in tv e i pochi soldi per la campagna elettorale, ha sicuramente fatto un buon risultato. Certo, stiamo parlando di appena il 4% ed è il caso di sottolineare come poche centinaia di voti hanno fatto la differenza tra andare in Europa o no, soprattutto pensando che la maggior parte dei sondaggi attribuiva alla lista pochissime speranza di superare lo sbarramento, ma avere rappresentanti in Europa della sinistra italiana (nella legislatura uscente non c’erano) è un buon risultato.

Ma quale conseguenze avrà questo risultato, forse marginale ma non scontato, sugli assetti presenti della politica italiana?

Sel, sicuramente il partito maggioritario tra quelli che hanno appoggiato la candidatura di tsipras e l’unico ad essere rappresentato in Parlamento, ha di fatto iniziato un contro-congresso (dopo quello ufficiale di pochi mesi fa dove vinse proprio la mozione che voleva l’appoggio al leader di sinistra greco contro quella più scettica). Il primo a parlare è stato Gennaro Migliore, presidente dei deputati di Sel a Montecitorio, che rilascia un’interessante intervista a Repubblica. Migliore spiega che per lui “la sfida è costruire in Italia un soggetto unitario di sinistra - regolato dalla democrazia interna - che possa far vivere le aspettative di cambiamento. Senza restare ciascuno - Pd e Sel - nel proprio contenitore.” Per Migliore la strada è semplice e va verso il Partito Democratico, iniziando non solo dalle future alleanza ma anche “da quello che si decide in Parlamento. Sulle riforme, ad esempio, è bene stare dentro. Perché non avviamo subito un processo di collaborazione?”.

Di diverso avviso è Nicola Fratoianni, neo coordinatore di Sel e molto vicino a Nichi Vendola (di cui è stato assessore in Puglia). Fratoianni commenta l’intervista a Migliore sul suo profilo facebook “Non condivido l'intervista di Gennaro Migliore apparsa oggi su Repubblica.” Attacca e spiega come considera “sbagliato immaginare di entrare nell'area di governo e proporre un partito unico col PD. Penso invece che dopo il risultato delle elezioni europee sia necessario avanzare una proposta politica a tutti quelli che hanno guardato alla proposta di Tsipras come ad una occasione importante per dare corpo ad una sinistra forte e innovativa, non settaria e non minoritaria. Fra l'altro considero questa opzione più utile anche alla possibilità di ricostruire in Italia quello che oggi non c'è, ovvero una alleanza per riaffermare una alternativa di governo.“

Due idee abbastanza diverse che nei prossimi giorni si scontreranno nella direzione di Sel. Il rischio di una scissione c’è (e questa farebbe perdere entrambe le ipotesi in campo). La sinistra italiana deve trovare una terza via tra quella di Migliore e quella di Fratoianni, cercando di mantenere la coerenza di una forza di opposizione di sinistra senza mai diventare però il partito del no, anche perché le riforme si faranno (su questo Renzi si gioca la credibilità) e non sedere a quel tavolo è controproducente.

Il PD poi da solo avrebbe anche la forza di vincere le elezioni (soprattutto con l’Italicum) e ha in mano la possibilità di andare sulla propria strada senza più ascoltare i ricatti del Nuovo Centro Destra (visti i risultati nessuna forza di governo, a parte il PD, vuole le elezioni con il rischio di scomparire o di diventare totalmente marginale). Da qui la sinistra italiana dovrebbe crescere passando all’essere poco più che testimonianza (per colpa delle tante divisioni e lacerazioni che l’hanno contraddistinta negli ultimi anni post PCI) all’essere forza che punta a governare.

mercoledì 28 maggio 2014

Ronzino, ovverò perchè non ho votato i 5 Stelle

POLITICA - Come sapete, si sono svolte le elezioni europee. Gavino Palaha già su queste pagine proposto un commento al voto, in particolare relativoalla incapacità del Movimento 5 Stelle, a mio parere il principale sconfitto diquesta tornata elettorale, di fare autocritica.

Forse l’argomento sta stufando, forse se ne sta parlando troppo, io per primo (tanto chi mi legge sa che non ho simpatie grilline, anzi…) penso sia il caso di guardare avanti e giudicare l’operato del Governo, poi però, come molti di voi ieri, mi sono trovato a guardare Ballarò e ad assistere alla penosa a dir poco performance di Alfredo Ronzino, Candidato (per fortuna non eletto) per il M5S alle elezioni europee.
Per chi se lo fosse perso, qui un video con la sua brillante performance.

Ora, il buon Ronzino è riuscito a condensare in una serata tutte le motivazioni per cui personalmente reputo il Movimento 5 Stelle una forza politica pericolosa, un mix di arroganza ed ignoranza, un agglomerato politico totalmente incapace di passare dalla protesta alla proposta e per nulla sfiorato dalla idea di compiere una sana autocritica.
Il 21% in teoria è anche un buon risultato. Ma per chi per mesi dice, vinciamonoi, o noi o loro, abbiamo già vinto, anche il 21% diventa una sconfitta.

Entriamo nel merito. Arroganza ed ignoranza. Più volte nel corso della trasmissione Ronzino accusa sia La Stampa sia La Repubblica, rappresentati in studio da Calabresi e Giannini, di percepire finanziamenti pubblici per l’editoria. Calabresi, direttore de La Stampa, fa giustamente notare che si tratta di una balla, visto che alcuni giornali (per sintesi, quelli politici, tipo la Padania, l’Unità etc….) ne hanno diritto, altri come Stampa e Repubblica no. Bene, la replica di Ronzino è “ah, no lo sapevo, onore a La Stampa, credevo che a non prendere i fondi fosse solo il Fatto Quotidiano).
E’ un esempio, ma è una tipica strategia del M5S: lanciare accuse nel mucchio, spesso vaghe, costruire una campagna contro su notizie spesso del tutto false oppure inventate.

Si parla di legge elettorale. Per come la vedo io, Renzi ha cercato di coinvolgere sia Forza Italia sia M5S. Berlusconi (che comunque rappresenta milioni di elettori) ha accettato il confronto, Grillo no. Legittimo. Poi però Ronzino ci dice che bisogna ascoltare il popolo per la legge elettorale. Abete, ospite in studio, fa notare a Ronzino che il popolo è anche il 40% che vota Pd, l’80% che non vota M5S, e non solo i 30.000 che votano sul Sacro Blog di Grillo.
Rispetto alla comunicazione. Ronzino se la prende con la stampa, colpevole a suo parere di aver trasformato Grillo in un mostro. Perfino Gomez, del Fatto Quotidiano, giornale a mio parere molto vicino al Movimento, fa notare a Ronzino che parlare di Hitler, in qualsiasi contesto, è sbagliato. Gomez cerca di spiegare a Ronzino che, dando per buono la stampa non veda di buon occhio il Movimento, tanto più è folle parlare di Hitler, della Peste Rossa.

Potrei continuare. Abbiamo visto un candidato impreparato, incapace di compiere autocritica, incapace di formulare una proposta o una frase completa che non sia “Il Pd ha sbagliato, il Pd perderà”, incapace di un qualsiasi dialogo con gli altri ospiti in studio.
Concludo. Mi dispiace per loro, ma da cittadino italiano sono contento. Se il movimento continua su questa linea, porterà il Pd al 50% oppure, se e quando il centrodestra sarà capace di strutturare una proposta seria (ad oggi inesistente), torneremo ad avere una competizione tra centrodestra e centrosinistra con una forza, M5S, sempre più legata all’insulto ed alla disperazione, forza magari anche al 20% ma incapace di fare qualcosa di utile per il bene del paese. Una forza ai margini, estranea al dibattito politico, utile per controllare se sui tetti di Montecitorio ci sono perdite di acqua.

Aggiungo solo che, pur in estrema sintesi dicendo che sono abbastanza soddisfatto dell’operato di Renzi, personalmente ho votato il Pd e Renzi proprio per contrastare la pochezza culturale del Movimento, e come me in tanti hanno fatto questo ragionamento. Se non lo capiscono, peggio per loro.
Mario Scelzo

martedì 27 maggio 2014

Le elezioni europee e la difficoltà di fare autocritica

POLITICA - Quanto sarebbe bello sentire da un politico, una volta assodata una cocente sconfitta elettorale, la semplice frase “Abbiamo perso ed è colpa mia, del nostro programma, dei toni che abbiamo usato.” Invece in Italia i leader politici non si prendono mai la responsabilità della sconfitta. La colpa è sempre degli elettori. Ultimo della lista dei leader politici che preferisce incolpare gli elettori piuttosto che assumersi le proprie responsabilità è Grillo. Il leader del Movimento 5 Stelle, infatti, preferisce incolpare gli italiani, popolo di pensionati che non vuole il cambiamento (e Grillo ha un chiodo fisso sugli anziani, visto che qualche anno fa proponeva di togliere di fatto il diritto al voto) piuttosto che ammettere i propri errori.

Il Movimento 5 Stelle rimane il secondo partito in Italia, non sfonda, perde 3 milioni di voti e 5 punti percentuali rispetto alle politiche di un anno fa, ma bisogna ammettere anche che ha superato di nuovo la soglia del 20% e convinto milioni di elettori a proseguire quel progetto. La sconfitta sarebbe stata meno amara se lo stesso Grillo non avesse trasformato queste elezioni in un referendum su di lui. Nella lunga campagna elettorale, tra un insulto e l’altro, ha sempre sostenuto che in queste elezioni o si era con loro o contro, “o noi o loro”, e gli elettori, nel segreto dell’urna, hanno scelto “loro”. Grillo ha di fatto regalato una vittoria al PD che nei numeri è andata oltre ogni previsione.
Se dovessi leggere i risultati pensando unicamente al peso europeo, dovremmo sicuramente ammettere che i 5 Stelle hanno perso perché si sono presentati alle elezioni con un programma inconsistente (i famosi 7 punti proposti da Grillo non sono di competenza dell’Europarlamento) e perché non hanno chiarito la loro collocazione nel futuro europarlamento e le possibili alleanze (non appartenere a  nessun gruppo parlamentare in Europa equivale a non avere nessun peso).

Ma è indubbio che dobbiamo leggere queste elezioni anche pensando alle conseguenze nella nostra politica interna. I 5 stelle pagano i tanti errori commessi nell’ultimo anno. L’aver congelato i voti rifiutando ogni tipo di dialogo con le forze presenti in Parlamento, l’aver utilizzato il Parlamento per ridicoli show con cartelli e manette (quando non si decideva di occupare le aule o i tetti di Montecitorio). Pagano per una campagna elettorale violenta, piena di insulti. Pagano per la peste rossa, per l’oltre Hitler, per i tribunali sul web, per il giornalista del giorno. Pagano per non aver mai accettato una critica, per le espulsioni e le bufale dette. La protesta ha portato il Moviemento a percentuali importanti, ma dopo un anno, con l’assenza di una reale proposta, hanno perso 3 milioni di elettori.
Il Movimento ore è davanti ad un bivio, se continua con questo atteggiamento (e leggendo i primi commenti dei parlamentari ai risultati elettorali con la totale mancanza di autocritica) potrebbero non migliorare la situazione (soprattutto se la legislatura sarà portata avanti fino alla fine naturale), oppure potranno usare una grande forza parlamentare per contribuire a quelle riforme necessarie messe in campo dal governo decidendo di sedersi al tavolo delle trattative.

Una sola parola invece per la grande vittoria di Renzi. È in dubbio che doppiare il secondo partito è un dato storico. Il PD vince, a mio avviso, per tre fattori distinti. Ad una consistente percentuale di elettori affezionati al PD che lo voterebbero in qualsiasi caso si aggiunge sicuramente una percentuale di votanti portati in dote da Renzi. Ma c’è sicuramente un terzo elemento, molti elettori hanno visto nel PD l’unico partito in grado di fermare l’avanzata di Grillo e hanno deciso di votarlo magari turandosi il naso (basta vedere alcuni dati: in Piemonte il PD è stato votato dal 40.75% alle europee e dal 36.17% alle regionali; nel comune di Firenze il PD ha preso 57% per le europee e il 47% alle comunali, a Reggio Emilia 55.30% per le europee e 49.86%  per le comunali, per fare solo alcuni esempi). Se il PD da per conquistati il 40% degli elettori fa un errore enorme, dovrà conquistarsi sul campo molti di quelli che lo hanno votato magari per la prima volta (e quindi sono disposti a farlo) ma che, per veri motivi, non si sentono pienamente rappresentati da lui.

giovedì 22 maggio 2014

Grillo non è l'erede di Berlinguer

Verso le europee - Si sta per chiudere l’ennesima campagna elettorale. Domenica saremo chiamati a rinnovare i nostri rappresentati nel Palamento Europeo.

Come spesso è accaduto anche in questa campagna elettorale per le europee si è parlato molto poco di Europa. Non si sono affrontati i problemi legati all’Europarlamento (i 7 punti di Grillo non sono di competenza dell’Europarlamento. Per la prima volta da quando c’è l’Europarlamento i partiti europei hanno poi già deciso su quale candidato puntare per la guida del presidente della Commissione Europea (come in passato la nomina sarà decisa dal Consiglio d’Europa che deve tenere conto dell’esito delle votazioni). Sappiamo già che il partito Socialista Europeo (in Italia rappresentato dal PD) appoggerà la candidatura di Martin Schulz (attuale Presidente dell’Europarlamento), mentre il Partito Popolare (in Italia rappresentato dal Nuovo Centro Destra ed in teoria da Forza Italia anche se su questo punto lo stesso Berlusconi, intervistato da Mentana, sembrava un po’ confuso sul da farsi) punterà ad eleggere Jean-Claude Juncker, mentre la sinistra alternativa porta avanti la candidatura del greco Alexis Tsipras. Ad oggi, poi, non sappiamo come si comporterà il MoVimento 5 Stelle ne a quale Eurogruppo deciderà di iscriversi (e se lo farà) ne verso quale presidente vorrà appoggiare.
Questa è stata una campagna elettorale dove i toni si sono alzati più che in passato e, a mio avviso, per colpa del leader del M5S. L’insulto è stato definitivamente sdoganato e utilizzato contro il proprio avversario politico. Non è solo chiamare il proprio competitor Ebetino, o apostrofare Civati o Cuperlo come mafiosi. È anche dare del colluso a chi vota ni partiti tradizionali, non accettare minimamente l’idea che ci sono idee diverse dalla tua (che comunque è minoritaria rappresentando un elettore su quattro) e che questa idea deve essere rispettata.
C’è poi un altro livello, preoccupante, che, una volta superato, rischia di essere un punto di non ritorno. Parafrasare la poesia “Se questo è un uomo”, paragonando il nazifascismo ad oggi, parlare di Peste Rossa (termine coniato dalle SS), voler fare tribunali del popolo per giudicare giornalisti e politici, fare liste di proscrizione dei giornalisti che hanno come unica colpa quella di criticare il Movimento. Un’escalation di violenza preoccupante che ha come unico scopo l’essere “o con me o contro di me”.
In queste ore Grillo poi si paragona a Berlinguer affermando che solo loro portano avanti la questione morale dello storico Segretario del PCI e che loro ne sono gli eredi. È storicamente sbagliato ridurre uno dei personaggi storici della nostra storia alla questione morale, Berlinguer è stato molto di più. Il segretario del PCI è stato un attento protagonista della politica italiana, fu uno dei protagonisti del compromesso storico mettendo da parte le divisioni con la Democrazia Cristiana per lavorare al bene comune (Grillo invece non parla con gli altri partiti per principio, tifando spesso contro), Berlinguer non avrebbe mai stravolto la poesia di Primo Levi per biechi interessi elettorali, non avrebbe mai pensato che l’immigrazione era un tema che avrebbe portato a percentuali da prefisso telefonico, non avrebbe mai citato un canto delle SS, non avrebbe mai demonizzato un avversario politico, Berlinguer era un politico di  professione. Berlinguer non era solo la questione morale ma tanto altro e Grillo non ne sarà mai l’erede.