lunedì 31 marzo 2014

Renzi e le politiche sul lavoro

POLITICA - Sarò breve e circonciso. ( no scusate, questa l’ha detta il Deputato M5S Davide Tripiedi). Scherzi a parte, vorrei proporvi una brevissima riflessione sul Governo di Matteo Renzi e le politiche sul lavoro.

Come tutti saprete, uno dei punti qualificanti della proposta politica di Matteo Renzi è il cosiddetto Job Act, un pacchetto contenente tutta una serie di riforme necessarie, secondo le idee di Renzi, per far ripartire  l’occupazione nel nostro paese. Sono ovviamente d’accordo con l’attuale Presidente del Consiglio sul fatto che quella della disoccupazione è la vera emergenza italiana, e, pur non dando in generale un giudizio negativo sul Governo Letta, penso che quel Governo poco ha fatto per provare ad invertire il trend della disoccupazione.
Primo problema. Di questo Job Act tutti ne parlano, ma pochi hanno davvero capito di cosa si tratti. Si rincorrono voci, indiscrezioni, accenni, grossomodo si capisce che Renzi proporrà liberalizzazioni, forse meno tutele ma più accesso al lavoro, ma ad oggi non esiste un testo ufficiale. Va detto che, se inizialmente sembrava il Job Act venisse promulgato per Decreto, si è poi deciso di affidare al Parlamento tutta la questione.

Se è vero che una questione così complessa non può essere stabilita su due piedi per Decreto Legge, non vorrei però il Job Act diventasse un puro slogan, un qualcosa che rimane lì per anni senza approvazione, una sorta di chimera, come le riforme, la semplificazione, l’abolizione delle Province. Comunque, Renzi si è appena insediato ed è anche legittimo che prima di giudicare il suo operato abbia almeno un 6 mesi per valutare positivo o negativo il suo operato.
Secondo problema. Questo per me è un grave errore del Governo Renzi. Non si sa quando entrerà in vigore il Job Act, ma nel frattempo, con Decreto Legge 20 Marzo 2014 n.34, già pubblicato in Gazzetta Ufficiale e quindi di fatto Legge dello Stato, il Governo e specialmente il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti hanno attuato due importanti modifiche relative all’apprendistato ed ai contratti a termine.

In sintesi estrema (per chi volesse approfondire può leggere qui le novità sull’apprendistato e qui quelle sui contratti a tempo determinato) la Riforma Poletti abolisce l’obbligo per le aziende di assumere gli apprendisti alla scadenza del periodo della formazione, ed aumenta, fino a 3 anni e per ben 8 rinnovi, la possibilità per le aziende di assumere e rinnovare i contratti a tempo determinato.

In pratica, mentre si parla di grandi riforme che però ancora non vediamo, si introduce una norma che a mio parere genera ulteriore precarietà. Oltretutto tale norma potrebbe avere un senso se appunto inserita in una riforma organica, non ha nessun senso, se non quello di ridurre le tutele per i lavoratori, se slegata da un progetto di riforma.
Non a caso, la minoranza Pd a partire da Fassina e Cuperlo, e la Cgil, hanno speso parole di fuoco contro queste modifiche, e probabilmente in Parlamento si attueranno delle modifiche al Decreto. Ciò non toglie che questo resta per me un grave errore del Governo Renzi, direi il primo da penna rossa.

Concludo. Scusate se per chiarezza di contenuti utilizzo il mio caso personale, anche se sono convinto che sia comune a molti miei coetanei. Ho iniziato a lavoricchiare nel 2004 credo con le regole di Treu, poi cambiate dalla Legge Biagi, dal 2009 sono in Rai ed il mio contratto (precario) ha subito le modifiche prima della (pessima) Legge Fornero, poi il Governo Letta ha cercato di mettere una pezza ai disastri provocati dalla Fornero, ora le riforme di Renzi….in 5 anni penso di aver cambiato 4 tipi di contratto, senza nessun reale beneficio. Credo la mia situazione sia simile a quella di tanti miei coetanei.
Aggiungo che a mio parere qualsiasi Riforma futura del Lavoro dovrebbe tener presente la vastissima platea di lavoratori che, come me, sono nel mondo del lavoro da anni, sempre precari, e che magari non più giovanissimi non possono usufruire delle norme relative all’apprendistato oppure dei Progetti per il Lavoro Under 30.

Speriamo che la Riforma di Renzi sia #lavoltabuona, anche se le premesse non sono delle migliori.
Mario Scelzo

giovedì 27 marzo 2014

Popolari e Liberali

VERSO LE EUROPEE - In due precedenti articoli vi abbiamo parlato prima dell’importanza delle Prossime Elezioni Europee, successivamente abbiamoiniziato a guardare cosa si muove nel campo della sinistra e delcentrosinistra. Ci siamo occupati in particolare della Lista Tsipras (sostenuta in Italia da Rifondazione Comunista, Sel ed altri movimenti) e del Pse ( dove approderà il Partito Democratico).

Oggi ci concentriamo sulle famiglie politiche moderate del Centro, Centrodestra, in particolare guardando ai Liberali ed ai Popolari.
Devo fare una importantissima premessa, architrave della mia riflessione. A mio parere non esiste ad oggi una vera comunanza tra le famiglie politiche europee e quelle italiane. Mi spiego, partiti che in Italia, non so Forza Italia, hanno un atteggiamento populista, si ritrovano poi in Europa nel Partito Popolare Europeo, che può essere criticato su tanti aspetti ma fa della moderazione uno dei suoi punti di forza. Non a caso Berlusconi è malvisto se non addirittura osteggiato dal PPE. Poi ad esempio, Alfano e Berlusconi si ritrovano divisi in Italia ma alleati in Europa, insomma c’è una enorme confusione.

Partiamo da una considerazione. In Europa, le famiglie Liberali facenti capo all’ ALDE e quella popolare facente capo al PPE sono solide alleate. Nel Parlamento attualmente in carica, con 265 rappresentanti popolari ed 84 liberali, questa coalizione ha la maggioranza del Parlamento ed è la base elettorale della Presidenza Barroso. In sintesi, pur se con una quasi desistenza socialista, queste due famiglie hanno nel bene o nel male la responsabilità delle decisioni politiche europee degli ultimi anni. Di fatto le politiche che molti identificano come quelle della Merkel e della Bce sono rese possibili da questa alleanza.
Non a caso, il Pse, Tsipras, come vedremo nel prossimo articolo i numerosi partiti antieuro che vanno dal Front National di Le Pen al Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo solo per citarne alcuni, quando criticano l’Europa delle banche, delle lobby, della Merkel, di fatto criticano le famiglie popolari e liberali. Non entro nel merito, mi limito a delimitare il territorio politico.

Cosa comporta tutto questo in Italia? Alle Europee, l’Alde (alleanza dei liberal democratici) candida come Presidente della Commissione Europea il Belga Guy Verhofstadt. In Italia, la famiglia liberale non è riuscita a presentare una lista comune, e, permettetemi, cercando di superare la scissione dell’atomo, presenta ben due liste. In pratica chi vuole votare liberale in Italia può votare o una coalizione composta dal Centro Democratico di Tabacci e da Fare per fermare il declino di Giannino, oppure votare Scelta Europa, la lista per le Europee di Scelta Civica.

Se volete approfondire, qui i dettagli sul perché le due liste non hanno trovato un accordo:

Mi permetto da osservatore di segnalare che già una lista comune farebbe fatica a raggiungere la soglia necessaria del 4%, presentandosi divise le due liste probabilmente non raggiungeranno la soglia e rischiano un risultato inferiore al 2%.

Spostiamoci nel PPE. Chi segue la politica sa bene quanto la Merkel e gli altri leader popolari europei, poco sopportino la chiamiamola esuberanza dell’ex Premier Berlusconi. Di fatto, Silvio è un impaccio per il PPE, che non ha neppure escluso una sorta di veto verso la presenza di Berlusconi nel PPE. E’ una posizione che condivido, perché Berlusconi in Italia attacca la Merkel e le politiche europee, in Europa è alleato con queste forze.

In sostanza in Italia appoggiano il PPE i Popolari per l’Italia, che nel frattempo hanno fatto lista comune per le Europee con l’Udc, il Nuovo CentroDestra di Alfano, e Forza Italia. Non è escluso che da qui ai prossimi giorni ci sia un accordo elettorale dove possano convergere in una unica lista i Popolari, l’Udc e il NuovoCentroDestra.

Mi permetto qui di segnalare un problema della lista dei Popolari per l’Italia. A mio parere la loro lista trova coerenza nello scenario europeo (in pratica i promotori vogliono proporre una alternativa popolare alla famiglia socialista, ma mettendo dei paletti al populismo), ne trova meno nello scenario italiano. Ipotizzando il voto in Italia con la legge Italicum, i Popolari o vanno da soli ma rischiano l’irrilevanza, oppure dovrebbero guardare a destra, a quel populismo di Forza Italia che dicono di voler contrastare.

Il Nuovo Centrodestra ( anche se a mio parere di nuovo ha davvero poco, se pensiamo che molti dei leader per 20 anni hanno appoggiato le peggiori scelte populiste di Berlusconi ) è comunque in Europa molto più bene accetto dal PPE rispetto a Forza Italia. E’ indubbio che il Nuovo Centrodestra ha una visione ed un linguaggio molto più europeista rispetto al populismo di una Santanchè.

Non posso però non segnalare questa incoerenza di fondo. In sintesi, confluiranno nel PPE partiti fortemente europeisti ( I Popolari, l’Udc, lo stesso Alfano), altri nei fatti populisti ed antieuropei (Forza Italia).

Chi vivrà vedrà.

Mario Scelzo

M5S, alla fine uno vale più di altri.

VERSO LE EUROPEE - Comunicato politico numero cinquantaquattro, #vinciamonoi. In un post di poche righe Grillo detta il regolamento in vista delle elezioni europee, con richiami al codice di comportamento del futuro deputato e al regolamento per la partecipazione alle votazioni on-line per la compilazione delle liste.

In poche righe però Grillo ci offre alcuni spunti su cui riflettere.

Beppe Grillo, quale capo politico del MoVimento 5 Stelle e suo rappresentante”: dopo poco più di un anno dall’entrata in Parlamento dei primi deputati pentastellati Grillo ammette, come abbiamo sempre sostenutoin questo piccolo blog, di non essere solo il megafono del MoVimento ne solo il legale rappresentante del simbolo, è molto di più e ora lo ammette anche lui. Grillo ne è il capo politico. Il ruolo della rete, potrebbe sembrare, viene così in secondo piano rispetto a quello che può avere in un movimento politico il suo capo politico. Naturalmente non ci sono state votazioni che hanno certificato questo ed strano che il movimento che più di tutti invoca la democrazia partecipata stabilisca la sua unica carica non attraverso votazioni interne ma per autoproclamazione (nei partiti tradizionali, il capo politico viene eletto tramite congressi a cui partecipano gli iscritti).

Ciascun candidato del MoVimento 5 Stelle al Parlamento europeo … dovrà sottoscrivere formalmente l'impegno al rispetto del presente codice di comportamento, con assunzione di specifico impegno a dimettersi da deputato … sia nell'ipotesi in cui venisse ritenuto gravemente inadempiente al rispetto del codice di comportamento e, in difetto, a versare l'importo di €250.000E’ chiaro che Grillo ha bisogno di evitare quello che è successo nel Parlamento italiano con diversi deputati (soprattutto senatori) pronti a lasciare il movimento in dissenso alla linea del “capo”. Per farlo farà firmare un foglio nel quale il deputato o si impegna a tenere la linea del movimento oppure dimissione e multa. Naturalmente bisognerà capire chi detterà la linea ufficiale, la rete o il capo? Quale sarà l’ingerenza di Grillo e Casaleggio sui futuri deputati? Il programma del MoViemnto per le europee (scritto da Grillo e presentato durante una manifestazione pubblica senza una certificazione della rete) è composto da sette semplici titoli mentre il Parlamento è chiamato a lavorare su un centinaio di argomenti. Come dovranno votare in tutte le altre circostanze che vanno oltre il programma? Ad ogni votazione varrà chiesto agli inscritti del Movimento di votare on-line o sarà Grillo e Casaleggio a decidere la linea da adottare?

C’è però un’altra  considerazione da fare: il documento che chiede Grillo contrasta con i principi contenuti nello statuto del comportamentoeuropeo (che dovrebbe valere qualcosa di più rispetto ad un non-statuto). Scorrendo gli articolo del regolamento leggiamo infatti:

TITOLO 1

ART. 2

1- I deputati sono liberi e indipendenti.

2- Qualsiasi accordo sulle dimissioni dal mandato prima della scadenza o al termine della legislatura è nullo.

ART.3

1- I deputati votano individualmente e personalmente. Essi non possono essere vincolati da istruzioni né

ricevere mandato imperativo.

2- Qualsiasi accordo sulle modalità di esercizio del mandato è nullo.

 
È lo stesso principio che troviamo nella nostra Costituzione quando si parla dell’assenza di vincolo di mandato. Con l’aggravante di una multa pesante (250.000 euro) come deterrente.

 "Ogni deputato si impegna a prescegliere e designare due dei predetti assistenti di propria competenza fra i soggetti indicati come componenti del “gruppo di comunicazione M5S” da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio." Grillo non solo si autoproclama capo e detta la linea del Moviemnto, ma decide anche quali sono i collaboratori che il futuro deputato potrà assumere che saranno persone di fiducia di Grillo e Casaleggio. Vedremo in futuro se questa lista sarà compilata partendo da curriculum e selezionati pubblicamente oppure scelti in maniera poco trasparente, ricordando che i loro compensi saranno pagati dal Parlamento che è finanziato anche con le nostre tasse (utilizzo questo argomento solo perché tanto caro ai grillini).

 

In sintesi il post contrasta sia i principi del MoViemnto che delle istituzione a cui il futuro deputato sarà chiamato a prestare servizio. Ma c’è il forte rischio che il deputato dell’M5S nel parlamento europeo non risponda alla sua coscienza e non lavori per il miglioramento delle istituzioni e dell’Unione, sapendo di essere sempre controllato.

mercoledì 26 marzo 2014

Lo strano appello di Barbara Spinelli a Grillo

Verso le europee - Le elezioni amministrative in Francia hanno visto l’avanzata del Front National di Marine Le Pen. Il dato naturalmente va letto tenendo conto di alcuni fattori. Essendo elezioni amministrative, lo sappiamo bene, hanno un valore relativo rispetto ad elezioni che portano contemporaneamente al voto l’intera nazione, qui può contare molto di più il legame tra il candidato e il corpo elettorale. È  indubbio però che dove il partito di estrema destra francese si è presentato ha convogliato sui suoi candidati un forte consenso, ma bisogna tenere conto che il FN si è presentato solo in poco meno di 600 comuni sugli oltre 36.000 consigli comunali chiamati al voto.

Ma l’avanzata  di uno dei partiti che negli ultimi anni hanno fatto dell’antieuropeismo la propria bandiera fa pensare che il futuro assetto all’interno del Parlamento Europeo cambierà radicalmente.

Dalla nascita del parlamento europeo infatti le due famiglie politiche che si sono in qualche modo “spartiti” il potere sono stati il Partito Popolare Europeo (274 membri nella legislazione uscente) e il Partito Socialista Europeo (195 membri). È fondamentale aderire e riuscire a costituire un gruppo parlamentare (che deve essere formato da almeno 25 membri e che deve rappresentare almeno un quarto dei paesi aderenti all’Unione Europea) per poter dare più peso alle poche decisioni che vengono prese dal Parlamento (che ha avuto i suoi poteri ampliati con il trattato di Lisbona).

Dopo il trionfo la Le Pen ha lanciato un appello ai molti partiti che in Europa condividono con il Front National le battaglie antieuropeiste. Ma, mentre l’appello in Italia è stato subito raccolto dalla lega Nord e da Fratelli d’Italia, molto più fredda è stata la risposta del MoViemnto 5 Stelle. Naturalmente la Le Pen si aspettava una risposta diversa sperando in un accordo più organico visto che M5S è attestato abbondantemente sopra il 20% con la possibilità di eleggere un buon numero di eurodeputati e quindi fare fronte comune.

In questo contesto arriva anche l’appello di Barbare Spinelli figlia di Altiero Spinelli che fu figura storica dell’europeismo con il manifesto di Ventotene  che durante la seconda guerra mondiale teorizzava la nascita degli Stati Uniti d’Europa. Oggi Barbara Spinelli si candida alle elezioni Europee ed è una dei garanti per la lista “L’Altra Europa” che sostiene la candidatura alla Commissione europea il leader della sinistra greca Tsipras. La Spinelli, intervistata dall'Huffington Post  commentando le amministrative francesi prima spiega: “La vittoria di Le Pen è una brutta notizia ma non è una sorpresa: è noto che l'estrema destra populista sta avanzando. Il Fronte Nazionale vuole meno Europa, noi invece vogliamo più Europa, per questo non abbiamo nulla a che vedere con Le Pen. Abbiamo linee totalmente opposte.” Ma poi continua il ragionamento spiegando che “Possiamo invece iniziare un rapporto con Grillo in Europa come peraltro lui ha lasciato intendere negli ultimi giorni. Il Movimento 5 Stelle potrebbe rivelarsi molto meno antieuropeista di quello che sembri.”

Un appello abbastanza strano visto che le due formazioni dovrebbero rivolgersi ad un elettorato completamente diverso. L’Altra Europa è un movimento ne populista ne anti europeo, come sembra essere invece il M5S. Anche leggendo il programma dell’M5S e il manifesto dell’Altra Europa, a parte il superamento del Fiscal Compact in comune a tutte e due le formazioni politiche, il programma del M5S sembra voglia mettere in crisi completamente il sistema con l’uscita dall’euro e la creazione di un’Europa a due velocità (l’alleanza dei paese mediterranei), l’Altra Europa sembra andare in direzione completamente opposta proponendo più Europa, un’Europa dei popoli oltre che delle nazioni con politiche diverse per l’immigrazione (che sembrano lontane da quelle predicate da Grillo), ma anche una conferenza Europea sul debito e la trasformazione della BCE in una vera banca che possa elargire prestiti.

La base elettorale a cui si rivolgono sono distanti. La lista Tsipras dovrebbe rappresentare quella che possiamo definire la sinistra alternativa o radicale con il chiaro appoggio di formazioni come Sel e Rifondazione Comunista, un elettore che sembra non digerire troppo il populismo grillino.

giovedì 13 marzo 2014

Renzi e #LaSvoltabuona

POLITICA - Molti hanno paragonato il metodo comunicativo di Renzi a quello di Berlusconi, credo che Renzi riesca a superarlo di molto.

Renzi è un venditore: giovane, spigliato, un buon eloquio, battuta sempre pronta e con 51 slide per presentare un piano economico che, se pur complesso, sembra di facile comprensione. Renzi, come ieri, ha bisogno di un pubblico e di una spalla come i grandi attori (una battuta indicando Zoro nel “pubblico”, un’altra citando Del Rio) ma si rivolge soprattutto al ”pubblico” a casa (le slide sono utili a questo, far passare concetti semplici) con parole semplici e dirette.

Le promesse fatte da Renzi sono un’altra cosa. Sia chiaro, quella di ieri era un’informativa del Presidente del Consiglio, in pratica una relazione di intenti fatta da Renzi e votata dal Consiglio dei Ministri. Per ora non c’è nessun decreto né disegno di legge. Dobbiamo aspettare qualche mese per capire se quelle annunciate sono solo promesse.
Se fossero però provvedimenti concreti staremo davanti veramente ad una svolta (se buona è prematuro dirlo, bisognerà capire quali sono le coperture per tutti i provvedimenti), sicuramente una manovra shock.

Un aumento in busta paga di 80€ per chi percepisce fino a 1.500€ al mese, i pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle piccole e medie imprese, soldi per la messe in sicurezza e l’edilizia scolastica (3.5 miliardi), diminuzione dell’Irap di 10 punti percentuali, superamento del bicameralismo perfetto, la vendita delle auto blu, tutela del territorio (1.5 miliardi), sblocco del piano casa, facilitare i giovani ad entrare nel mondo del lavoro, un fondo per le imprese sociali. Promesse non da calendarizzare nei prossimi anni (come i 18 mesi di Letta) ma nei prossimi 100 giorni.
Sono ingenerose  le critiche, come sono premature le lodi. Certo nel piano non c’è tutto, ma c’è molto, molto di più di quello che è stato fatto negli ultimi anni.

Renzi, con questo piano, ci mette faccia e credibilità e credo che gli italiani, gli elettori, sono troppo stufi per perdonare le balle e lui ha troppo da perdere. Alla fine il suo fallimento coinciderebbe con il fallimento del paese.
Citando un vecchio spot pubblicitario tra pochi mesi sapremo se “La svolta buona” è solo un sogno o una solida realtà.

Alcune considerazioni sull'Italicum

POLITICA - La Camera dei Deputati ha approvato la nuova legge elettorale, comunemente chiamata Italicum. Volevo condividere con voi alcuneriflessioni, in risposta all’articolo qui pubblicato di Gavino Pala.

Sarò sintetico. Pur pensando che questa legge non sia perfetta, ed è indubbiamente migliorabile ( comunque, c’è ancora tempo e possibilità di attuare modifiche al Senato ), la considero un notevole passo avanti per la politica italiana.
Considero il punto di forza di questa legge il Premio di Maggioranza e/o l’eventuale ballottaggio. Per dirla semplicemente, la domenica si vota, il lunedì sappiamo se c’è una coalizione vincente, o al massimo sappiamo le due coalizioni che vanno al ballottaggio, e in massimo in 15 giorni abbiamo una maggioranza stabile di Governo, maggioranza potenzialmente in grado di governare per cinque anni senza dover ricorrere ad accordi sottobanco, inciuci, larghe o strette intese.
Per me è una enorme novità. Pensiamo alle ultime elezioni, il Paese ha perso almeno due mesi in assenza di un vincitore netto ( ricordo, la coalizione a guida Pd ha di fatto vinto le elezioni ma senza avere una maggioranza al Senato ), tra dirette streaming, ammiccamenti, ipotesi di accordo, trattative occulte o meno. Dopo due mesi nasce un fragile (sono gli eventi successivi a certificarlo) governo di larghe intese, poi divenuto di piccole intese, poi approdiamo a Renzi. A mio parere gli eventi dell’ultimo anno sono una conseguenza della pessima legge elettorale vigente. Col Porcellum, in un anno 2 governi e mezzo (Letta 1, Letta senza Berlusconi, Renzi), con l’Italicum avremmo avuto un Governo Bersani saldamente in sella da un anno.
Ovviamente, la stabilità è garantita dai numeri ( il famoso premio di maggioranza ), la governabilità no. Mi spiego. Per raggiungere il 37% necessario al conseguimento del premio, la legge di fatto forza i partiti a coalizzarsi. Ragionando per ipotesi, il Pd di Renzi per poter vincere le elezioni dovrebbe allearsi con Sel e con Scelta Civica, capite bene da soli che sorgerebbero problemi, difficoltà, diverse visioni della vita politica. Lo stesso accadrebbe nel centrodestra, la storia ci ricorda le enormi frizioni tra Udc e Lega Nord, che probabilmente ritroveremo alleati. Vero, ma sinceramente non vedo alternative. Ritengo che sia con una legge proporzionale, sia con una maggioritaria, avremmo sempre problemi in Italia. Non abbiamo partiti potenzialmente in grado di prendere il 40-50% dei voti, storicamente in Italia un 15-20% dell’elettorato si disperde nei cosiddetti piccoli partiti.
Faccio un passo avanti. Sono favorevole alle soglie di sbarramento. Forse dal 4.5% per i partiti coalizzati si potrebbe scendere al 4, ma lo ritengo un dettaglio. Penso che, dalla prima repubblica in poi, i piccoli partiti hanno spesso avuto un enorme potere di veto rispetto ai più grandi.
Mastella, Dini, Diliberto, Casini, Ferrero, Pecoraro Scanio e cosi via. Ritengo i due Governi Prodi le migliori esperienze degli ultimi 20 anni, ed a mio modesto parere tali esperienze sono naufragate proprio a causa dei veti e/o ricatti dei piccoli partiti.
Veniamo poi alla soglia dell’8% per i partiti non coalizzati. Molti la considerano eccessiva, io la ritengo giusta. Credo la politica sia l’arte del compromesso, ma necessario per raggiungere un obiettivo. Insomma, per me, se in politica corri da solo, sbagli in partenza. Se hai il 7%, ma lo hai per tenertelo stretto e non condividerlo, non vedo quale sia l’utilità della tua presenza in Parlamento. Considero le aule parlamentari non luoghi di pura testimonianza, ma posti dove si prova a realizzare un cambiamento concreto. ( di fatto è la mia critica principale al Movimento 5 Stelle, che ha il 25% dei voti, ma rifiutando ogni accordo o compromesso, ha meno rilevanza politica di Scelta Civica che ha il 2% , se stai in Parlamento devi trovare accordi, altrimenti che ci stai a fare? ).
L’unica cosa che cambierei alla legge è il sistema delle preferenze. E’ vero che con le preferenze abbiamo eletto i vari Fiorito, in passato i vari Gava e Pomicino, insomma non è che il sistema sia perfetto, è pur vero che da cittadino vorrei poter scegliere autonomamente. In ogni caso, molti partiti organizzeranno delle primarie interne, quindi tutto sommato viene garantita al cittadino una ampia possibilità di scelta.
La questione delle quote rosa la trovo invece abbastanza stupida. Per me , in un paese civile, parlare di quote rosa è discriminatorio nei confronti delle donne. Potremmo avere anche un Parlamento fatto da sole donne. Io ritengo bisogna premiare il merito, non il sesso. Per me non conta se sei uomo o donna, conta se sei una persona che io ritengo affidabile e capace o meno. Ritengo ci siano donne incapaci e uomini capaci, e viceversa. Per dire dei nomi a caso, io vorrei un Parlamento senza la Santanchè  e senza Dibattista, senza la Biancofiore e senza Scilipoti.  L’unica concessione che immagino, è una sorta di quote rosa garantita dai partiti. Su questo sarei d’accordo, ma ritengo siano i singoli partiti a dover mettere in lista, o almeno alle primarie, una sorta di parità di genere, non credo debba essere il legislatore a farlo.
Ultimo appunto. Questa legge vale zero in assenza della riforma del Senato. Quindi, ne riparleremo se e quando avremo la riforma del Senato.
Mario Scelzo

mercoledì 12 marzo 2014

L'Italicum sarà una brutta legge elettorale

POLITICA - La Camera dei deputati ha approvato con 365 voti favorevoli e 156 voti contrari la nuova legge elettorale, la cosi detta Italicum, che dovrà essere esaminata dal Senato.

E alla fine l’Italicum sarà solo una brutta legge elettorale, frutto forse di troppi compromessi.

L’idea di presentare una legge elettorale frutto di accordi tra il più grande partito di maggioranza con le altre componenti partitiche in Parlamento è sacrosanto e chi non si è voluto sedere al tavolo della trattativa forse ha fatto un errore politico grave. Da una parte non si deve pensare di poter fare le regole del gioco da soli mentre dall’altra poi non ci si può lamentare che le regole siano solo frutto di accordi se a quel tavolo non ci si vuole sedere.

La legge è stato il frutto di mediazione tra il neo presidente del Consiglio e il Presidente di Forza Italia e in Parlamento il patto di ferro tra Renzi e Berlusconi ha tenuto, nonostante i molti emendamenti che avrebbero potuto, di fatto, migliorare una legge di per sé brutta, respinti, alle volte, per una manciata di voti (alle volte sono stati determinanti anche i ministri parlamentari arrivati a votare lasciando i dicasteri di competenza).

Non ci saranno le preferenze. Certo nel nostro paese con le preferenze sono stati eletti i vari Fiorito, ma sono anni che si individuava nell’assenza delle preferenze il problema maggiora del Porcellum. I deputati saranno scelti di nuovo nelle segreterie di partito o attraverso qualche migliaio di voti ai gazebo con le primarie (come hanno fatto PD e Sel alle ultime elezioni pur continuando ad avere una quota di nominati scelti dai segretari) oppure qualche centinaio di clic sul web.

Mancano le quote di genere.  Credo che sia ipocrita mettere per legge delle quote rosa, ma poi bisognerebbe dare la possibilità al cittadino di decidere chi lo debba rappresentare in parlamento. Avere delle quote non certificherebbe di eleggere un buon politico. Spero che le donne del PD, che hanno fatto una giusta battaglia all’interno del loro partito per far approvare l’emendamento sulle quota rosa, si ricordino di quello che è successo in questi giorni in Parlamento nel momento di fare le prossime liste e diano battaglia nella segreteria del partito.

Non c’è nessuna norma sul conflitto di interessi, ma questo non stupisce essendo l’Italicum frutto di mediazione tra il PD (che su questo punto non ha mai fatto nulla) e Berlusconi.

Ma anche quello che c’è fa essere l’Italicum una brutta legge: le soglie, alcune troppo alte altre troppo basse. In nome della governabilità e della certezza di un vincitore si è stabilito una soglia superata la quale si avrà un cospicuo premio di maggioranza. Ma il 37% sembra un po’ troppo basso per assegnare un ulteriore 15%. Per altro, con soglie per entrare in parlamento molto alte (il 4.5% in coalizione) potremmo trovarsi al governo partiti che con un quarto di voti a livello nazionale potrebbero avere più del 50% dei seggi stravolgendo completamente l’esito parlamentare. Per i partiti non coalizzati poi la soglia di sbarramento sale addirittura all’8%, con il rischio di trovarci formazioni politiche con milioni di voti fuori dal Parlamento e senza rappresentatività. Questi numeri obbligano i partiti a coalizzarsi se non addirittura a confluire verso partiti maggiori cercando di rafforzare un bipolarismo che in Italia di fatto è fallito da anni.

Da oggi la legge passerà all’esame del Senato che dovrà per altro decidere su una legge che non lo riguarda e già molti (lo ha ribadito Roberto Speranza capogruppo PD alla Camera durante il suo intervento) auspicano miglioramenti.

Chissà se per il  Senato sarà più importante darci una buona legge elettorale oppure mantenere il patto di ferro tra Renzi e Berlusconi.

lunedì 10 marzo 2014

Elezioni Europee, uno sguardo a sinistra


VERSO LE EUROPEE - In un precedente articolo vi ho scritto perché ritengo sia importante votare alle prossime elezioni europee, che si terranno a Maggio. Oggi, iniziamo a guardare alle forze in campo. Per esigenze di sintesi, dividerò le varie forze tra sinistra/centrosinistra – popolari/centrodestra – partiti xenofobi antieuropa ( ad esempio Le Pen, il Movimento 5 Stelle etc..).

Oggi iniziamo guardando agli schieramenti presenti nel campo della Sinistra. Premesso che la mia è una trattazione sintetica e che non è facile districarsi tra tanti partiti nazionali che poi scelgono in quale famiglia europea confluire, grossomodo in Europa esistevano, nell’ultimo Parlamento, due famiglie di sinistra, La Sinistra Europea – Sinistra Verde Nordica ( GUE –NGL) ed il Partito Socialista Europeo ( PSE).
La Storia recente ha leggermente rimescolato le carte in tavola, alle prossime elezioni, per la sinistra radicale, dovrebbe presentarsi la Lista Tsipras (leader della sinistra Greca), per la sinistra moderata il Pse, che nel frattempo, con l’ingresso del Partito Democratico Italiano, prende il nome di PSE – SOCIALISTS E DEMOCRATS.

Al di là dei nomi, sono due idee diverse di sinistra quelle che si presenteranno alle prossime elezioni europee. Con la candidatura simbolica di Tsipras, leader di Syriza, la sinistra radicale greca (paese martoriato dalle politiche della austerity europea), l’area della sinistra radicale si propone di mettere in discussione l’impianto generale delle normative europee, si chiede insomma un cambiamento notevole di prospettiva, di politica, di redistribuzione del reddito europeo.
Al contrario, l’area che fa capo alla socialdemocrazia ( per comodità diremo PSE) chiede alcune modifiche ai trattati europei, ma in fondo garantendo una continuità con lo status quo. Nel parlamento in carica la maggioranza è del Centrodestra con i Popolari Europei, la commissione è guidata da Barroso (PPE), ma il Pse negli anni ( basti solo pensare alla presenza di Martin Schultz, ora candidato per il Pse per guidare la Commissione, a capo del Parlamento Europeo) ha indubbiamente collaborato, nel bene o nel male, alle scelte prese dalla Unione Europea negli ultimi anni.

Sintetizzando, per Tsipras e la sinistra radicale, l’Unione Europea deve essere abbattuta e ricostruita secondo nuove prospettive, per Schultz ed i socialisti europei, la casa necessita di essere ristrutturata ma non abbattuta.
Veniamo all’Italia. Sel, dopo un sofferto congresso, ha deciso di sostenete la Lista Tsipras. Il Pd, tanto più dopo la sua adesione ufficiale al PSE, sostiene Martin Schultz con la nuova formazione PSE – SOCIALISTS E DEMOCRATS.

La famiglia socialista europea ( apro una parentesi, considero quella socialista una famiglia nobile, purtroppo in Italia la parola socialismo evoca invece le peggiori ruberie e tangenti di Craxi e della sua banda) si richiama alla tradizione socialdemocratica, ad esempio a leader come Jospin in Francia e Schroeder in Germania, anche se c’è qualche dubbio che la leadership di Matteo Renzi in Italia, che certamente non nasce socialista, potrebbe in qualche modo avvicinare i socialisti alle idee più liberali del labour inglese, identificatesi nei Governi Blair.
Se c’è appunto un problema che personalmente vedo all’interno della compagine socialista, è quello di una differenza di vedute da paese a paese. Se in alcuni paesi, penso alla esperienza francese di Hollande, si attuano misure DI SINISTRA, come la supertassazione per i ricchi, ad esempio sia in Germania dove da anni la Spd è alleata con la Merkel, sia in Italia dove Renzi sembra più un liberare/popolare che socialista, si provano politiche diverse. Riusciranno i nostri eroi a trovare una sintesi europea?

Veniamo alla lista Tsipras. In Italia, viene sponsorizzata dai cosiddetti intellettuali della società civile. Tra i garanti della Lista figurano personalità di spicco come Guido Viale, Alberto Flores D’Arcais, Andrea Camilleri, Moni Ovadia, Barbara Spinelli solo per dirne alcuni. Poi, i garanti hanno attuato una scelta forte, cioè quella di escludere rappresentanti politici in carica. Quindi la lista, pur se appoggiata da Rifondazione Comunista e da Sel, vede candidati (le candidature sono disponibili, con tanto di profilo biografico, sul sito www.listatsipras.eu ) principalmente esponenti dei vari movimenti e della società civile.
Mi sento di esprimere due pareri. Il primo, pur chiedendo sostanziali modifiche ai trattati europei, la Lista Tsipras non chiede improbabili uscite dall’euro, non contesta l’idea unitaria di Europa, ma mette in dubbio l’utilità delle politiche di austerity attuate negli ultimi anni.

Il secondo parere. Tra i candidati sono presenti personaggi autorevoli, con indubbie competenze e spiccata sensibilità sociale ( un esempio per tutti, Francuccio Gesualdi, attivista e saggista, allievo in gioventù di Don Milani presso la scuola di Barbiana, ha fondato nel 1985 il Centro Nuovo Modello di Sviluppo ), provenienti dai movimenti per la casa, per la tutela dell’acqua pubblica, sindacalisti etc… mi permetto però di segnalare una nota stonata, la candidatura di Luca Casarini, attivista, ex leader No Global, personaggio certamente discutibile e per quello che io ricordo non estraneo ad un linguaggio violento, un contestatore del sistema con metodi spesso discutibili.
Sintetizzo, quindi, il dubbio è che all’interno della proposta di Tsipras ci sia troppa varietà culturale, ho seri dubbi che poi si possa trovare una sintesi programmatica tra le varie anime, ad esempio credo che alcuni siano tutto sommato propensi poi ad una alleanza con i socialisti, altri invece sono fedeli alla tradizione della peggiore sinistra, quella che vede partiti con scarsissima rappresentanza numerica rifiutare ogni compromesso con i partiti al Governo.

Mario Scelzo

giovedì 6 marzo 2014

Grillo ne espelle altri 5

POLITICA - Con un post sul Blog Grillo comunica che i Senatori Bencini, Bignami, Casaletto, Mussini e Romani sono fuori dal Movimenti. I cinque senatori per altro avevano già depositato le loro dimissioni dal Parlamento pochi giorni fa in aperta polemica dopo le espulsioni di Bocchino, Battista, Campanella e Orellana la settimana scorsa, quindi sembra del tutto inutile questa scomunica via web.

Non credo si debba entrare troppo sul metodo della decisione del capo del MoVimento, ogni formazione politica ha messo alla porta alcuni esponenti perché in chiaro disaccordo con il proprio partito, pensiamo alla cacciata di Rossanda e Pintor dal PCI alla fine degli anni 60 solo per fare un esempio storico. È sicuramente più interessante parlare nel merito della questione.

I parlamentari del MoVimento 5 Stella hanno infatti firmato un codice di comportamento dei parlamentari 5 stelle, e quindi sapevano, entrando in Parlamento, a quali regole dovessero sottoporsi. Nel codice leggiamo: “I parlamentari del M5S riuniti, senza distinzione tra Camera e Senato, potranno per palesi violazioni del Codice di Comportamento, proporre l’espulsione di un parlamentare del M5S a maggioranza. L’espulsione dovrà essere ratificata da una votazione on line sul portale del M5S tra tutti gli iscritti, anch’essa a maggioranza.” Ma, sia nel caso di Bocchino, Battista, Campanella e Orellana, sia in quello, un po’ più datato, della Gambaro, non sembra che siano stati espulsi in violazione del “non statuto”, ma le motivazioni sembrano sempre le stesse, hanno messo in discussione le parole del capo (e sembra che in questi giorni stia rischiando anche il primo cittadino di Parma, Federico Pizzarotti, reo di aver deciso di indire una manifestazione con tutti i candidati a sindaco del M5S senza però chiedere il permesso).

Il senatore Fabrizio Bocchino intervenendo ad Agorà su Rai3, spiega: “Grillo non ha la cultura del dissenso, questo è il problema principale. Noi non sappiamo perché siamo stati cacciati, possiamo solo dedurre che tutto sia dovuto a un comunicato, comparso qualche giorno prima, in cui criticavamo il colloquio tra Renzi e Grillo, in modo peraltro moderato. Il pensiero critico in un movimento così  variegato, che prende consensi da destra e da sinistra, è fondamentale”.

Quella del Movimento sembra sempre più una rivoluzione spuntata. Sono entrati in Parlamento circa un anno fa e appare evidente sempre di più che sono un partito del no. Confrontarsi e cercare un compromesso tra le proprie idee e quelle degli altri partiti è alla base di ogni confronto politico per provare ad ottenere, dall’opposizione, qualcosa, invece si sono arroccati sempre di più nelle loro posizioni rimandando al mittente ogni possibilità di confronto. Anche la discussione interna allo stesso MoVimento sembra non funzionare. La famosa democrazia dal basso è utile per discutere sui singoli provvedimenti ma organizzare la vita di un gruppo parlamentare è cosa più difficile e la linea politica deve essere dettata con precisione. Non bastano i post sul blog per dettare la linea però, verrebbe meno il senso di democrazia partecipata. Non può essere Grillo e il suo staff a decidere quali decisioni devono essere presi con un referendum popolare in rete e quali dettati dall’alto. La vita di un MoVimento in parlamento va decisa anche con la discussione interna, cercando di trovare una sintesi. parlamentari devono agire, e non è solo il non-statuto a dirlo a le regole della politica, in maniera tale da approvare i punti del programma, ma leggendo il programma delle politiche del 2013 vediamo solo una serie di titoli senza specificare come intendono metterle in pratica e con quali coperture finanziare.

L’11 agosto del 2011 Grillo scriveva il suo comunicato politico numero 45 nel quale diceva: “La libertà di ogni candidato (al Parlamento, ndr) di potersi esprimere liberamente in Parlamento senza chiedere il permesso a nessun capo bastone sarà la sua vera forza. Il M5S vuole che i cittadini si facciano Stato, non che si sostituiscano ai partiti con un altro partito. I partiti sono morti, organizzazioni del passato, i movimenti sono vivi. Oggi i parlamentari sono soltanto dei peones che schiacciano un pulsante se il capo, che li ha nominati, lo chiede. Non sono nulla, solo pulsante e distintivo".

Forse Grillo dovrebbe rileggersi le sue parole.

mercoledì 5 marzo 2014

I primi passi del Governo Renzi

POLITICA - Il governo Renzi ha giurato una settimana fa e già vediamo alcuni passi traballanti.

Prima fase: la scelta dei ministri. Il premier più giovane della Repubblica Italiana mette insieme una squadra giovane e per metà fatta da donne, ma scorrendo alcuni nomi qualche dubbio è venuto a molti sulla composizione del governo. La conferma della Lorenzin (Sanità) Lupi (Infrastrutture e Trasporti) e soprattutto Alfano (Interno) fa chiaramente capire che Renzi ha subito le pressioni del Nuovo Centro Destra che chiedeva la conferma dei tre ministri come pregiudicante alla fiducia del nuovo esecutivo. Poteva affidare ai tre ministri deleghe diverse cercando di dare più discontinuità all’esecutivo presieduto da Letta, e, soprattutto, confermare Alfano che non ha del tutto spiegato la vicenda kazaka non sembra un buon inizio.
Seconda fase i sottosegretari e i viceministri. Renzi ne ha nominati 44 (diverse le conferme dal governo precedente). Scoppia subitoqualche caso interessante come quello del neo sottosegretario Gentile (quotaNCD) subito dimessosi. Fanno rumore altre nomine. Alla Giustizia viene nominato sottosegretario Cosimo Ferri (il suo nome è finito spesso sui giornali per le indagini sulla P3 e Calciopoli anche se mai indagato), e viceministro Andrea Costa, relatore di leggi poi dichiarate incostituzionali come il Lodo Alfano e il legittimo impedimento (forse Renzi poteva fare scelte meno compromettenti). In quota PD diventano sottosegretari Barraciu (Cultura) Del Basso De Caro (Infrastrutture) e Vito De Filippo (Sanità) tutti e tre indagati per peculato. Interessante soprattutto il caso della Barraciu, vincitrice delle primarie per la candidatura a governatore della Sardegna, ritiratasi dalla corsa anche per intervento dello stesso Renzi che ora la ripropone come sottosegretario. Naturalmente sono tutti innocenti fino a prova contraria, ma con un clima di forte antipolitica in Italia, si poteva stare più attenti a certe scelte.

Terza fase i primi provvedimenti. Pronti via e pochi giorni dopo aver ricevuto la fiducia aumentano le accise sulla benzina e la TASI, provvedimenti inseriti nel decreto Salva Roma. Presentarsi con un aumento delle tasse non è mai un buon inizio. Per altro per realizzare una serie di riforme (come per l’edilizia scolastica) il governo ha bisogno di soldi e ad oggi Renzi non ha spiegato ancora dove troverà i fondi.
Oltre alla riforma della legge elettorale, in questi giorni in discussione alla camera, Renzi ha promesso, dopo la diffusione dei dati ISTAT sull’aumento della disoccupazione, il Job Act in tempi brevi (due settimane), discorso ripreso nella visita a Siracusa dove ha promesso “Abbiamo due miliardi di euro pronti sull’edilizia scolastica. Mercoledì prossimo presenteremo il piano casa, non ce la facciamo per venerdì perché stiamo facendo alcune modifiche, jobs act e misure per la scuola.” L’Italia non può perdere altro tempo e non ha più bisogno di promesse non mantenute.

È li che inizierà a metterci seriamente la faccia e scopriremo se i primi passi falsi di questo governo saranno  ampiamente giustificati o no.
Personalmente ho sempre nutrito più di un dubbio nei confronti di Renzi, ma da italiano spero che non fallisca, e con lui l’Italia.

martedì 4 marzo 2014

Integrare e assimilare, tra ius soli e ius sanguinis.

ATTUALITA' - Oggi uno dei più importanti politologi del Corriere della Sera scrive un editoriale sullo ius soli e lo ius sanguinis. Sartori, che personalmente apprezzo per le sue analisi politiche, spesso scrive di tutto e non è la prima volta che sceglie di occuparsi di questo argomento. A parte l’incipit del pezzo dove troviamo un errore grave per un esperto di politica come lui (“Quando Letta creò il suo governo inventando per l’occasione un ministero dell’Integrazione affidato a Cécile Kyenge” visto che già nel governo presieduto dal Senatore a vita Mario Monti era presente il ministero dedicato all’integrazione,con deleghe anche alla cooperazione internazionale e alla famiglia, affidato al professor Andrea Riccardi, importante storico della Chiesa e fondatore della Comunità di Sant’Egidio) sono altri i ragionamenti che lasciano perplessi.
Come sappiamo in Italia vige la legge dello ius sanguinis, ossia si è cittadini italiani se nati da genitori italiani. L’alternativa a questa norma è lo ius soli, si è cittadini se si è nati in quel paese. Ma negli ultimi anni è nato un dibattito su questo argomento tanto da mettere in discussione lo ius sanguinis portando anche alla formulazione una terza via tra le due, uno ius soli temperato o ius colutae con il quale si diventava cittadini italiani alla conclusione di un ciclo scolastico.

Il professor Sartori, dopo aver detto che “l’esplosione delle popolazioni africane e asiatiche creano nuovi e difficili problemi” che non spiega, riproponendosi di “esaminare in un prossimo articolo”, spiega che «integrare» non è lo stesso che «assimilare», e che la integrazione in questione è soltanto l’integrazione etico-politica: l’accettazione della separazione tra Chiesa e Stato, tra religione e politica. Per i musulmani tutto è deciso dal volere di Allah, dal volere di Dio. Qui il potere discende soltanto dall’alto. Per le nostre democrazie, invece, il potere deriva dalla volontà popolare e quindi nasce dal basso, deve essere legittimato dal demos.”
Forse dovremmo aspettare il prossimo articolo per capire i “difficili problemi” ma fino ad ora il pensiero del professor Sartori o è troppo alto (la separazione tra religione e stato) o riduttivo (riducendo il problema solo alla separazione tra religione e stato). Per Sartori, leggendo l’articolo, sembra poi che gli stranieri siano solo i musulmani dimenticando per esempio dei cattolici filippini, dei neo protestanti dell’America del sud o degli ortodossi dell’Europa dell’est.

Viviamo, è indubbio, in una società multietnica. Bambini italiani e stranieri frequentano insieme la stessa scuola e fanno sport insieme. Ristoranti etnici fioriscono accanto alle nostre pizzerie. Negozi etnici (piccoli market o negozi di abbigliamento) vengono aperti vicino alle nostre mercerie.
Per capire meglio lo ius soli basterebbe prendere un mezzo pubblico in una medio-grande città. Vedrebbe ragazzi non caucasici parlare in dialetto con la maglia della nostra, e loro, squadra del cuore. Alle volte questi ragazzi non hanno mai visto il paese il cui emblema è stampato sui loro passaporti, non hanno mai parlato la lingua dei paesi dove sono ufficialmente cittadini. Non si sentono integrati ma lo sono perché vivono nelle nostre città.

Forse Sartori ha ragione sostenendo che integrare non è assimilare, infatti molti dei ragazzi immigrati di seconda generazione non devono essere integrati perché sono già nostri concittadini anche se non ancora per legge.

lunedì 3 marzo 2014

Renzi e Gentile

POLITICA - Come tutti saprete, Matteo Renzi è il nuovo Presidente del Consiglio. Non entro nel merito, è andata così, anzi faccio a Matteo i miei auguri di Buon Lavoro. Ora, da almeno un paio d’anni Renzi si è affacciato alla scena politica al grido di ROTTAMAZIONE. In sintesi, più volte il Sindaco di Firenze ha espresso tutto il suo fastidio per la cosiddetta vecchia politica, quella delle correnti, dei capipartito, dei politici acchiappa voti o corrotti (per capirci, dei Fiorito e dei Lusi).

Rottamazione, ringiovanimento, premiare il merito, sintetizzando all’estremo questi potrebbero essere i punti di forza della ideologia renziana.

In questa ottica si possono comprendere ad esempio le nomine a Ministri della Repubblica di giovani emergenti come la Boschi, la Madia, oppure la nomina ministeriale di persone non giovani ma diciamo nuove alla politica, come il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti.

Giusto o sbagliato, piaccia o no, questo è Matteo Renzi, che però ha commesso a mio parere un enorme errore politico e strategico con la nomina a sottosegretario per le infrastrutture del Senatore del Nuovo Centro Destra  Antonio Gentile.

Chi è Antonio Gentile?

“Il Fatto Quotidiano” lo presenta così:


 Sintetizzo: una famiglia potente, presente in tutte le principali istituzioni calabresi, dalle Asl ai Consigli Comunali e Regionali, accuse di collusione con la n’drangheta (dalle quali Gentile esce sempre pulito), un forte legame col territorio, amicizie politiche che vanno dai socialisti dei tempi d’oro poi in Forza Italia poi nel Nuovo Centrodestra, casualmente sempre inseguendo i partiti al Governo.

Leggendo la Storia Politica del Senatore Gentile sembra di rileggere quella di un Gava, un Pomicino, Campioni della Prima Repubblica, proprietari di pacchetti di voti tramite  “amicizie” nel territorio. Insomma, tutto sembra il Senatore Gentile tranne che l’esempio di nuova politica, di premiare il merito e l’innovazione. Per usare una metafora, il Senatore Gentile è il tipico esempio di politico che Renzi vorrebbe rottamare.

Vado al sodo. Per due anni Renzi parla di rottamazione, poi nomina sottosegretario un personaggio quantomeno ambiguo, simbolo di quel tipo di politica che il Sindaco di Firenze a parole dichiara di voler rottamare.


Caro Matteo, tutti possiamo sbagliare (anche se questa nomina non è un bel biglietto da visita come inizio di mandato), ma lo sbaglio ancor più grave sarebbe fare finta di nulla. Il Partito Democratico chiede le dimissioni di Gentile, Lega e M5S sono pronti a far partire una mozione di sfiducia, sottovoce anche qualche esponente del Nuovo Centro Destra chiede le dimissioni di Gentile.

Matteo, puoi ancora rimediare pretendendo le dimissioni di Gentile. Poi, fai come vuoi, la scelta è tua. Però poi il cittadino elettore è libero di fare le sue scelte e le sue valutazioni, ecco io personalmente non voterei chi a parole vuole rottamare, nei fatti scende a patti con la vecchia politica che andrebbe rottamata.

 Mario Scelzo.