venerdì 28 dicembre 2012

Natale cristiano, la povertà, la violenza, la stupidità

ATTUALITA' -Il Natale è appena passato e ci sono alcune immagini che credo sia doveroso portare nella memoria.

La povertà. “Quando si respingono profughi e immigrati non è forse proprio Dio stesso ad essere respinto da noi?” è il forte messaggio di Benedetto XVI durante l’omelia della veglia di Natale. “Siamo completamente ‘riempiti’ di noi stessi – spiega il Papa -così che non rimane alcuno spazio per Dio. E per questo non c’e’ neppure spazio per gli altri, per i bambini, per i poveri, per gli stranieri.”
Da trent’anni la Comunità di Sant’Egidio festeggia il Natale a tavola con i più poveri, stranieri, anziani, bambini. Nel 1982, intorno ad un tavolo nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, si sedettero una cinquantina di persone, emarginati e poveri, che avrebbero trascorso quel giorno di festa in solitudine. Una piccola intuizione. Oggi, dopo trent’anni, quel piccolo pranzo di una piccola comunità è diventato un appuntamento per molti. 2000 persone a tavola solo a Trastevere, altre 8000 in vari quartieri della capitale, ma anche in 60 città italiane, da Genova a Messina, da Napoli a Milano, e in varie città nel mondo come Mosca, Budapest, Kiev, La Havana, in diverse città africane. L’immagine che si vede entrando a Santa Maria oggi è di quella di una famiglia allargata dove i poveri pranzano e festeggiano il Natale insieme ai volontari della Comunità di Sant’Egidio ma anche a uomini delle istituzioni. In un tavolo un uomo kosovaro mangia allegramente con un serbo, in un altro bambini rom aspettano trepidanti Babbo Natale, gli anziani sembrano rinvigoriti, tutti si sentono in famiglia.
Monsignor Vincenzo Paglia, oggi presidente del Pontificio della Famiglia, trent’anni fa era il parroco di Santa Maria, da lui viene l’intuizione di festeggiare il Natale con i poveri, salutando dice “A Natale tutti siamo in famiglia. Chi non ce là apriamo le porte della basilica.”

La violenza. “Nel 2012 sono stati uccisi per la loro fede 105 mila cristiani: questo significa un morto ogni 5 minuti. Le proporzioni, dunque, sono spaventose.” È il terribile bilancio che fa il professor Massimo Introvigne, coordinatore dell'Osservatorio della libertà religiosa in Italia, ai microfoni della Radio Vaticana. E aggiunge: “Le aree di rischio sono molte, se ne possono identificare sostanzialmente tre principali: i Paesi dove è forte la presenza del fondamentalismo islamico, i Paesi dove esistono ancora regimi totalitari di stampo comunista e i Paesi dove ci sono nazionalismi etnici, che identificano l'identità nazionale con una particolare religione, così che i cristiani sarebbero dei traditori della Nazione”. Poi conclude: “in molti Paesi andare a messa o anche al catechismo è diventato di per se stesso pericoloso”.
La notte del 24 dicembre un gruppo armato ha attaccato una chiesa nel nord della Nigeria, uccidendo 6 persone, tra cui un sacerdote, per poi dare fuoco all’edificio. È l’ultimo, ennesimo, attacco ai cristiani in Nigeria e, anche se non ancora rivendicato, in molti pensano che dietro ci sia la mano del gruppo integralista islamico Boko Haram, lo stesso che alla vigilia di Natale di un anno fa, con una serie di attacchi, ha ucciso 44 persone. In Nigeria è un martirio quotidiano, solo nel 2012 si possono contare almeno 13 attentati a chiese o comunità cristiane, e il triste bilancio conta almeno 3 mila morti dal 2009, quando la violenza è esplosa.

La stupidità. Don Piero Corsi è il parroco di Lerici, piccolo paese in provincia di La Spezia. In questi giorni è diventato tristemente famoso per il manifesto affisso, il giorno di Natale, nella sua parrocchia. Il contenuto del volantino ha suscitato la protesta di molti. Il titolo è eloquente: “Le donne e il femminicidio, facciano sana autocritica. Quante volte provocano?”. Il testo prosegue: “Una stampa fanatica e deviata attribuisce all'uomo che non accetterebbe la separazione questa spinta alla violenza. Domandiamoci: Possibile che in un sol colpo gli uomini siano impazziti? Non lo crediamo. Il nodo sta nel fatto che le donne sempre più spesso provocano, cadono nell'arroganza, si credono autosufficienti e finiscono con esasperare le tensioni. Bambini abbandonati a loro stessi, case sporche, piatti in tavola freddi e da fast food, vestiti sudici. Dunque se una famiglia finisce a ramengo e si arriva al delitto (forma di violenza da condannare e punire con fermezza) spesso le responsabilità sono condivise.”
I giornali ed il web hanno commentato quanto successo. Le donne di Lerici protesteranno e il vescovo di La Spazia ha chiesto al parroco di prendere qualche giorno di riflessione, poi si deciderà, magari trasferendolo.
Non voglio commentare, non c’è nulla da aggiungere a quanto detto da molti. Vorrei solo raccontare una breve storia. Olga era una donna di 51 anni di Bordighera, in provincia di Imperia. Era sposata con Santino, un uomo di 45 anni, dal carattere forte. Il matrimonio, soprattutto negli ultimi tempi, non era felice. Lui la tradiva regolarmente, la umiliava. Una violenza psicologica che ha portato, qualche  giorno fa, Olga a dire basta. Lei ha aperto la porta ed è andata via, sperando, forse, di chiudere così con un uomo che non amava più.
Ma Santino non c’è stato. L’ha chiamata poco prima di Natale e l’ha minacciata: “Torna a casa per Natale o ti ammazzo.” Lei non è tornata, così Santino, il giorno di Santo Stefano, la cerca e la trova a casa di Franca, la sorella di Olga.
Poi il tragico finale. Santino uccide le due donne e poi tenta il suicidio, non riuscendoci.
Uomini che odia le donne (come il titolo del famoso romanzo di Larson) e che le uccidono. Spesso la violenza contro le donne è domestica, più di 100 donne sarebbero state uccise, nel 2012, da mariti, ex fidanzati o parenti.
Non si può, in alcun modo, giustificare questa violenza.  

venerdì 21 dicembre 2012

Aspettando la conferenza di fine anno di Monti.

Domenica, alle ore 11, il Presidente del Consiglio terrà la conferenza stampa di fine anno. Con grande senso di responsabilità nei confronti delle istituzioni che in questi 13 mesi lo ha contraddistinto, il Professor Monti attenderà lo scioglimento delle camere e le sue dimissioni non solo per fare un bilancio dell’anno che si sta chiudendo, ma soprattutto, spiegherà la sua decisione.
La discesa in campo di Monti sembra ormai scontata, ma bisognerà capire le modalità del suo impegno e del suo coinvolgimento nella campagna elettorale che si apre (anche se bisogna ricordare che Monti è senatore a vita e non deve quindi candidarsi ad un posto in parlamento).
Con la decisione di Monti avremo più chiaro quale sarà il percorso che ci porterà alle prossime elezioni che si terranno il 24 febbraio. Per ora, tranne rari casi, si naviga a vista.
Negli ultimi giorni stiamo vedendo un proliferare di liste, movimenti, sigle nonostante negli ultimi anni si sia cercato di introdurre in Italia una sorta di bipolarismo. Tutto era cominciato con l’introduzione, nel 1993, della legge Firmata da Sergio Mattarella (la legge 276 e 277 del 1993) che introduceva in Italia un sistema elettorale misto. Dopo anni di proporzionale puro, ma non ancora pronti ad un maggioritario vero, il sistema, alla Camera dei deputati, prevedeva l’elezione del 75% dei deputati in maniera maggioritaria (chi prende più voti ha il seggio) con la divisione dell’Italia in 475 collegi uninominali. Il resto dei seggi (155) venivano suddivisi in maniera proporzionale ma con un complesso calcolo di scorporo dei voti. La filosofia della legge era chiara, cercare di andare verso il bipolarismo provando però a mantenere una rappresentanza nelle istituzioni dei partiti minori. Naturalmente, grazie ad alleanze pre e post elettorali, il Parlamento ha visto, accanto a grandi partiti, la presenza di partiti più piccoli, alcune volte determinanti per la radicalità in alcuni territori.
Nel 2005, con la  legge n. 270, viene cambiato il sistema elettorale italiano, tornando, di fatto, al proporzionale, ma, introducendo, dei premi di maggioranza per la coalizione vincitrice. La legge, chiamata dal politologo Sartori porcellum, di fatto cercava di andare verso quel bipolarismi da molti auspicato ma mai raggiunto negli ultimi anni, premiando le coalizioni e non più i singoli partiti. Alla camera la coalizione che prende più voti ha il 54% dei seggi utilizzando un premio di maggioranza a livello nazionale. Al Senato, rappresentando, come dice la nostra Costituzione, il voto regionale, il premio va distribuito nelle singole regioni, con il rischio dell’ingovernabilità. Il 24 febbraio andremo a votare, nonostante in molti si siano impegnati, ma forse solo a parole, e nonostante le richieste del capo dello stato per fare una nuova legge elettorale, con questa legge elettorale.
Ad oggi però le certezze sulle prossime elezioni sono poche.
Con certezza Pier Luigi Bersani, dopo la vittoria delle primarie, sarà candidato premier per il centro sinistra. Nei prossimi giorni, tramite le primarie, verranno scelti anche i candidati del partito per il Parlamento (anche se il segretario si è riservato un listino di 120 candidati che non dovranno affrontare le rpimarie). La coalizione che sosterrà Bersani è pressoché fatta, ne faranno parte Sel di Vendola e i Socialisti di Nencini. Tabacci, che si era presentato alle primarie di coalizione, sta cercando di riunire alcune anime sperse del centro sinistra, come i fuoriusciti dell’IDV capeggiati da Donati. Alcune voci parlano anche di un avvicinamento tra Tabacci e l’ex governatore sicliano Lombardo, ma su questo non ci sono certezze ma solo voci.
Con certezza ci sono alcune liste che appoggeranno il premier uscente, o almeno ne sposeranno il “manifesto” o l’”agenda”. L’UDC in questi 13 mesi è sempre stato il partito più fedele a Monti insieme a Fli. Ma oltre a partiti già strutturati, a fine novembre è nato il movimento di Montezemolo, Riccardi, Dellai, Olivero e Bonanni, Verso la Terza Repubblica, che vedono nel premier l’uomo in grado di portare avanti le riforme necessarie, se non indispensabili, per il paese, obbiettivo del movimento è andare oltre al bipolarismo muscolare che ha imperversato in questi anni e provare a ricostruire partendo dalla società civile. Naturalmente non ci sono simboli ne ancora liste (ci sono stati alcuni rumors su alcuni nomi e veti su altri, ma non ci sono certezze). Sembra però che al Senato la lista sia unica per poter superare la sogli di sbarramento, molto alta, dell’8%. Ma oltre a loro si affacciano con interesse una pattuglia di “moderati” del PDL che vede in Monti l’uomo che possa dar vece al riformismo in Italia e possa competere con il centro sinistra. Tra questi Mauro Mauro, capogruppo PDL all’Unione Europea, è stato uno dei primi ad entrare in rotta con il suo partito e con lo stesso Berlusconi provando a lavorare per un Monti bis. Ma ci sono altri nomi in agenda, l’ex ministro degli esteri Frattini, il senatore Pisanu e l’onorevole Cazzola. Non è chiaro chi e come di questi appoggerà Monti, ne sapremo di più domenica. Ma ci sono anche personalità nel centro sinistra che strizzano l’occhio a Monti.
Le altre certezze sono poche. Se riusciranno a raccogliere le firme ci sarà il Movimento 5 Stelle, ma non Grillo.
Con certezza si sta organizzando una federazione più a sinistra, con Ingroia, la lista arancione di De Magireis, con i Comunisti di Ferrero e quelli di De Liberto (sulla carta due partiti comunisti differenti).
Meno certezze ci sono nel Centro Destra. Nel PDL, dopo il sostegno al governo Monti e dopo averlo, di fatto, sfiduciato con le parole di Alfano alla camera, dopo aver promesso primarie e non averle fatte, Berlusconi, che prima critica Monti per poi offrirgli di capeggiare tutti i moderati, ha scelto, ad ora, di scendere in campo. Aspettando le prossime mosse Crosetto, la Meloni e La Russa, se ne vanno, forse si mettono insieme, o forse no, non è chiaro, ma comunque rimangono nel centro destra, appoggiando Berlusconi, forse. Nasce poi Italia Popolare, corrente interna del PDL, che guarda a Monti, ma rimenando fedele al PDL.
Ormai domenica è vicina.

mercoledì 19 dicembre 2012

Lo sciopero di Pannella e il problema carceri

Lo sciopero della fame che sta debilitando Marco Pannella, tanto che i medici parlano di seri problemi per la salute del leader Radicale, pone, al di la della forma di protesta, l’attenzione sul grave problema delle carceri italiane.
Leggendo i numeri della situazione carceraria in Italia ci si accorge che la questione è drammatica.
Il sovraffollamento: i carceri italiani hanno una capienza di 47.048 posti, al 16 dicembre, ultimo dato disponibile, la popolazione carceraria era di 66.363 detenuti (di cui più di 26 mila in attesa di giudizio). Molti poi stanno scontando sentenze inferiori a 5 anni per reati non gravi.
Solo un mese fa usciva l’annuale rapporto dell’associazione Antigone che fotografava la situazione: secondo il rapporto il “12,3% dei detenuti avrebbe tentato il suicidio.”
Poi ci sono le morti: dall’inizio dell’anno sono deceduti 93 detenuti, più della metà (50) per suicidio, uno per sciopero della fame, uno per overdose, uno per omicidio, 9 per malattia e 31 per cause ancora da accertare.
In un recente convegno, tenutosi a Treviso dal titolo “Uno sguardo dentro”, si è ragionato sull’importanza, per gli ex detenuti, di trovare un lavoro. Secondo alcuni dati, infatti, l’81% degli ex detenuti che lavorano non ricadono nel crimine.
Questo potrebbe porre un altro quesito: il carcere è rieducativo e finalizzato al reintegro una volta finita la pena? Il carcere, infatti, oltre ad essere una punizione per chi commette un reato, dovrebbe aiutare il detenuto a fare un percorso sociale che lo permette, una volta scontata la condanna, di poter rientrare nella società. Ma di fronte a carceri affollati, con problemi sanitari e di alimentazione, dove molti si tolgono la vita, dove la depressione e angoscia sono all’ordine del giorno, come si può aiutare al reinserimento? E come ci si può sentire aiutati?
Il ministro Severino, parlando della situazione di Pannella, ha dichiarato questa mattina: “Io e lui abbiamo un obiettivo comune, quello di rendere il carcere un luogo umano in cui far scontare alle persone la pena non equivalga a privarle di dignità e speranza” che conclude “Se l'ultimo atto di questa legislatura fosse una legge sulle misure alternative alla detenzione, questa legislatura si caratterizzerebbe per aver preso delle misure importanti anche in risposta all'appello forte del Capo dello Stato dell'altro ieri”
Molti, come Pannella, chiedono un gesto di clemenza con amnistia, molti potrebbero obiettare che i delinquenti devono stare in carcere, che l’amnistia premierebbe solo il colpevole senza tener conto della vittima, ma il problema va affrontato e risolto.

giovedì 13 dicembre 2012

Per non dimenticare, ricordo di Samb Modou e Diop Mor uccisi a Firenze un anno fa

Forse è presto per farlo diventare un anniversario, ma a distanza di un anno è giusto ricordare.
Samb Modou e Diop Mor sono due immigrati senegalesi, vivevano a Firenze, ma il 13 dicembre di un anno fa il loro destino è segnato dalla brutalità e dalla violenza, dal razzismo cieco.
Gianluca Cassari era un uomo di cinquant’anni, un ragioniere nato nella provincia pistoiese, ha la passione per Tolkin, per i riti celti e neopagani. Ma soprattutto ha una passione per l’estremismo di destra, ha fondato la rivista oltranzista “La Soglia” ha scritto alcuni libri esoterici tra cui  "I protocolli del Savio di Alessandria", con chiaro riferimenti ai Protocolli dei savi di Sion, dove prova a sostenere una congiura internazionale degli ebrei e nel quale prova a negare l’Olocausto. Quella mattina non è scattata in lui una molla che lo ha portato a compiere un gesto tanto folle, la sua storia parla di un uomo che covava la violenza nel profondo fino a scoppiare.
La mattina di un anno fa esce di casa con la sua pistola e in macchina raggiunge la centrale piazza Dalmazia a Firenze. Sono le 12.30. C’è il solito mercato, molti stranieri, per lo più senegalesi. Inizia la sua caccia all’uomo. Tira fuori la pistola e fredda Samb Modou e Diop Mor, poi ferisce un altro ragazzo.
Nella piazza il caos. Urla e tafferugli permettono a Cassari di fuggire. Raggiunge piazza San Lorenzo. La sua rabbia non si ferma. Spara ad altri due ragazzi senegalesi, senza ucciderli.
Interviene la polizia che lo bracca. Alle 15, ormai intercettato dalle forze dell’ordine e senza via di fuga, Cassari si punta la pistola alla gola e si uccide.
Due ore e mezza di follia e violenza.
Samb Modou aveva quarant’anni, mentre Diop Mor, più grande, ne aveva 54.
Moustapha Dieng, 34 anni, Sougou Mor, 32 anni, e Mbengue Cheike, 42 anni sono i tre ragazzi rimasti feriti nell’attentato, Dieng quel giorno è rimasto paralizzato.
In quelle drammatiche ore in molti, esponenti politici e della società civile hanno manifestato dolore e preoccupazione. Il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, ha parlato della sua città “colpita al cuore” proclamando un giorno di lutto nazionale, il presidente della Camera, Gianfranco Fini ha sottolineato che “Si è trattato di un barbaro omicidio di persone innocenti che, in quanto persone al di là di ogni distinzione di lingua, religione o razza, meritano di essere ricordate”, il ministro Riccardi si era detto “molto preoccupato per quello che è successo, sono in contatto con il sindaco: questa è una cosa brutta che colpisce una comunità molto bene integrata”', “C'è sicuramente una rete d'odio, ma c’è qualcosa di più. Dobbiamo essere estremamente attenti a dare sicurezza a questi immigrati, a questi cittadini senegalesi”.
Ad un anno da quegli eventi Firenze ha organizzato diverse manifestazioni e cerimonie per ricordare Samb Modou e Diop Mor. Qualcuno ha chiesto il conferimento della cittadinanza a Moustapha Dieng, Sougou Mor e Mbengue Cheike, i tre sopravvissuti, e questo sarebbe un gesto di particolare sensibilità da parte delle istituzioni.
La violenza e l’odio colpiscono cecamente, forse solo la memoria li può fermare.

mercoledì 12 dicembre 2012

12 dicembre 1969. Ore 16.37. La bomba a Piazza Fontana

Dalla Storia: 12 dicembre 1969. Ore 16.37.
A quell’ora la Banca dell’Agricoltura a Milano doveva essere già chiusa, ma nella filiare c’erano ancora molte persone che attendevano il proprio turno.
Poi l’esplosione.
Morirono 14 persone sul colpo, altre tre nelle ore successive. I feriti furono un’ottantina.
Il clima in quegli anni era teso. Nei mesi precedenti si susseguirono una serie di attentati, molti sui treni. Ad essere incolpati furono gli anarchici di estrema sinistra. Ma, come si venne a sapere in seguito, quegli ordigni furono avevano una matrice di estrema destra.
Ma quella di piazza Fontana non era un attentato come gli altri. Da li prendono le mosse molti eventi che hanno cambiato radicalmente la storia della Repubblica italiana. È stato, come sostengono alcuni, l’inizio di quello che viene comunemente chiamata Strategia della Tensione.
Delle indagini si è scritto e detto molto. L’innocenza di Valpreda (un ballerino anarchico accusato e prosciolto per la strage), il coinvolgimento di Ordine Nuovo (formazione di estrema destra), quello di apparati dello Stato. La morte di Pinelli (anarchico caduto dalla finestra della questura di Milano durante l’interrogatorio), la campagna di stampa di Lotta Continua contro il commissario Calabresi, l’omicidio dello stesso Calabresi.
Il primo processo su Piazza Fontana inizia a Roma il 23 febbraio 1972, l’ultima sentenza sarà pronunciata il 3 maggio 2005 con l’assoluzione di Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni. Nel mezzo decine di processi. Un unico colpevole accertato, Carlo Digilio, reo confesso.
In un’intervista, il giudice milanese che condusse l’ultima istruttoria su Piazza Fontana, Guido Salvini ha detto: “Tutte le sentenze su Piazza Fontana anche quelle assolutorie, portano alla conclusione che fu una formazione di estrema destra, Ordine Nuovo, a organizzare gli attentati del 12 dicembre. Anche nei processi conclusesi con sentenze di assoluzione per i singoli imputati è stato comunque ricostruito il vero movente delle bombe: spingere l’allora Presidente del Consiglio, il democristiano Mariano Rumor, a decretare lo stato di emergenza nel Paese, in modo da facilitare l’insediamento di un governo autoritario.”
Aldo Moro, nel suo memoriale durante i terribili giorni del suo sequestro, scrisse: “La pista era vistosamente nera, come si è poi rapidamente riconosciuto. Fino a questo momento non è stato compiutamente definito a Catanzaro il ruolo (preminente) del Sid e quello (pure esistente) delle forze di Polizia. Ma che questa implicazione ci sia non c'è dubbio.”
Ma dopo 43 anni non c’è ancora una verità accertata.

La Cronologia della Strage di Piazza Fontana: http://archivio900.globalist.it/it/documenti/doc.aspx?id=30

venerdì 7 dicembre 2012

Italia condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo

ATTUALITA'  - In Italia sono considerati brutti sporchi e cattivi. I politici ne prendono atto e, per le elezioni amministrative, ci costruiscono le campagne elettorali cavalcando la paura e il rischio sicurezza. Ma in Europa il comportamento italiano nei confronti dei Rom è spesso condannato.
Nel 2005 l’Italia  espelle una ragazza rom, nonostante la Corte di Strasburgo chiedeva di non procedere. Nei giorni scorsi la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo da ragione alla povera ragazza bosniaca e condanna l’Italia ad un risarcimento di 15 mila euro per danni materiali e 2 mila euro per danni morali.
Ma questa è solo l’ultima notizia in ordine di tempo.
Poche settimane fa un rappresentante dell’Alto Commissariato per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muižnieks, viene in visita in Italia. “Gli sgomberi forzati sono continuati, nonostante l’impegno del Governo ad abbandonare la politica dell'emergenza nomadi.” Sono le parole deluse del commissario, che prosegue nella sua relazione “Solo nel mese di settembre a Roma 250 persone sono state sgomberate senza che venisse loro offerta alcuna alternativa adeguata se non il trasferimento in insediamenti segregati su base etnica.” La conclusione del Commissario non lascia dubbi: “Questa non è la soluzione di integrazione dei rom.”
Carlo Stasolla dell'associazione 21 luglio intervistato dal Financial Times in un lungo e dettagliato articolo sulla situazione dei Rom in Italia, dichiara: “Continua il razzismo istituzionale. Immaginate che uno stato in Europa decide di acquistare un pezzo di terra al di fuori della città con tele-recinzioni, telecamere e guardie di sicurezza e mette all'interno di un gruppo esclusivamente sulla base della loro etnia.”
La politica degli sgomberi forzati, portata avanti da amministrazioni di centro-destra e centro-sinistra, non risolve certo il problema, anzi. Sono costosi e non portano i risultati sperati. A mancare è soprattutto una politica di integrazione, una visione a lungo termine, una progettualità.
Tra pochi mesi, in molti comuni tra cui la capitale, si rinnoveranno le amministrazioni comunali e sicuramente in campagna elettorale verrà affrontato il tema sicurezza, con il rischio di vedere le solite ricette, fallimentari, per risolvere vecchi problemi.