mercoledì 30 maggio 2012

Crisi e nuovi poveri: Il Presidente Monti in visita alla mensa di Sant'Egidio


Oggi il Presidente del Consiglio, Mario Monti, visiterà la mensa della Comunità di Sant’Egidio a Via Dandolo, accompagnato dal Ministro della Cooperazione Internazionale, Andrea Riccardi, fondatore di Sant’Egidio.

La crisi economica colpisce tutti, ma soprattutto le fasce più deboli della società. Sempre più spesso leggiamo sui giornali le storie di persone costrette, magari dopo una vita di sacrifici, a mendicare, a cercare un modo per arrivare alla fine del mese, rivolgendosi, con sempre maggior frequenza, a associazioni e volontari che provano, pur tra molti sacrifici, a dare un pasto caldo ai più poveri, spesso stranieri e persone senza fissa dimora.

La mensa di Via Dandolo è stata inaugurata nel 1988 per rispondere alla sempre maggior povertà della città. Oggi, alla mensa, vengono serviti circa 1200 pasti caldi nei giorni di apertura,circa 900 stranieri e 300 italiani.. Ma non solo. Intorno alla mensa, dove si alternano solo volontari, è nata una vera e propria rete di solidarietà. Li i poveri, soprattutto chi vive per strada, possono ricevere la loro posta in una “virtuale” via Modesta Valenti, la donna morta alla stazione Termini di Roma perché i paramedici chiamati a soccorrerla si erano rifiutati di prestarle soccorso perché sporca, ma anche assistenza sanitaria.

Pochi anni fa, era il 27 dicembre del 2009, anche il Papa Benedetto XVI andò in visita nei locali della Mensa di Via Dandolo. In quell’occasione il Papa, rivolgendosi ai 200 poveri che pranzano con lui, disse: “Sono qui per dirvi che vi sono vicino e vi voglio bene e che la Chiesa ha cuore i più poveri.”

martedì 29 maggio 2012

Il 28 maggio del 1974 a Brescia non è accaduto nulla


I momenti successivi alla strage
28 maggio 1974. Brescia. I sindacati avevano indetto una commossa manifestazione contro il terrorismo neofascista che in quegli anni aveva iniziato a colpire l’Italia. la manifestazione sarebbe terminata con un comizio nella centralissima piazza La Loggia.
Alle ore 10,12 dal palco si arringava la folla contro la riorganizzazione del partito fascista, si citava Almirante, capo di un partito, si sente nell’audio originale, che difficilmente si può dire antifascista e quindi costituzionale. Poi il botto. Un fragore che per un istante zittisce tutti prima del caos.
 
L’attentato, una bomba piazzata in un cestino nella piazza, ha fatto 8 morti e 102 feriti. Un duro colpo per la città e l’Italia.

Si indagò su quell’attentato, ma ancora oggi, a distanza di 38 anni, non è ancora emersa nessuna verità giuridica. La prima istruttoria iniziata subito dopo l’eccidio, il processo di primo grado terminò nel 1979 con la condanna di esponenti fascisti bresciani, non ha portato nessun frutto, con la piena assoluzione, nel 1982, nel processo di appello. Sentenza confermata anche dalla Cassazione nel 1985.

Un secondo filone di indagine era iniziato intanto nel 1984. anche questo senza dare certezze processuali. Il primo grado gli imputati furono prosciolti per insufficienza di prove, in appello l’assoluzione fu piena. Poche settimana fa il pronunciamento della Cassazione che conferma le assoluzioni dei primi due gradi di giudizio.

38 anni e sei processi non hanno ancora chiarito gli esecutori, i mandanti di una delle pagine più tragiche della storia della Repubblica Italiana.

Oggi, ricordando quella strage, il Presidente Napolitano chiede: "Il corso della giustizia deve, pur nei limiti in cui è rimasto possibile, continuare con ogni scrupolo e, nel contempo va però fin da ora messo in luce quanto è emerso”. Per Napolitano poi è chiara la “matrice di estrema destra neofascista” ma anche gli  “ostacoli che una parte degli apparati dello Stato frappose alla ricerca della verità". Parole dure anche da parte del Ministro degli Interni, Annamaria Cancellieri: “Siamo costernati di essere a Brescia oggi senza verità. La verità, riflette il ministro,  a un certo punto sembrava arrivare. Il messaggio che deve passare è che non abbiamo nessuna intenzione di arrenderci. La verità arriverà. È un dovere e non possiamo trascurare nessun impegno per arrivare alla soluzione.       

Gavino Pala


Ascolta l'audio originale della manifestazione >

mercoledì 23 maggio 2012

Capaci, 20 anni dopo. Manca la verità, sopra ogni ragionevole dubbio

23 maggio 1992, ore 17 e 58.
23 maggio 2012.

Sono passati vent’anni da quel terribile giorno in cui persero la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Dilaniati da 500 chili di tritolo posizionati allo svincolo di Capaci sulla A29, l’autostrada che congiunge Palermo dall’aeroporto di Punta Raisi.

In questi vent’anni si è scritto e detto molto. Altri magistrati e uomini dello Stato hanno perso la vita, primo tra tutti Paolo Borsellino, ucciso neanche due mesi dopo Falcone a Via d’Amelio.

Vent’anni in cui la Verità non è mai stata accertata sopra ogni ragionevole dubbio. Certo, per quelle stragi sono stati accusati e condannati uomini di Cosa Nostra come mandanti ed esecutori, ma mancano ancora tante pagine per spiegare quello che effettivamente è successo in quel lontano 1992.

Vent’anni in cui politici, faccendieri, pentiti, uomini di Cosa Nostra, uomini di Stato, hanno fatto intravedere una realtà che sembra agghiacciante.

Un recente libro, edito da Chiarelettere, con una prefazione importante: quella di Roberto Scarpinato, dal giugno 2010 Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Caltanissetta, e dall’88 magistrato della Procura della Repubblica di Palermo dove era entrato a far parte del pool anti-mafia, collaborando a stretto contatto con Falcone e Borsellino.
Scarpinbato ricorda i due giudici uccisi dalla Mafia utilizzando solo le loro parole. Parole di uomini preoccupati, alle volte impauriti, che analizzavano, vent’anni fa, la Mafia con le stesse parole che possiamo usare ancora oggi. Parole di due servitori di unoStato che sentivano non sempre presente.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino furono assassinati perché con il loro lavoro di integerrimi magistrati erano il simbolo di uno Stato che aveva sferrato un colpo mortale a cosa nostra, mandando in frantumi il mito della sua invincibilità.” Scrive Scarpinato nella sua lunga introduzione al libro. Tra le tante pagine del libro, una mi ha colpito in particolare:

“Credo che Cosa nostra si coinvolta in tutti gli tutti gli avvenimenti importanti della vita siciliana, a cominciare dallo sbarco alleato in Sicilia durante la Seconda guerra mondiale e della nomina di sindaci mafiosi dopo la Liberazione. Non pretendo di avventurarmi in analisi politiche, ma non si vorrà far crede che alcuni gruppio politici non siano alleati a Cosa nostra- per un’evidente convergenza di interessi- nel tentativo di condizionare la nostra democrazia, ancora immatura, eliminando personaggi scomodi per entrambi… accadde quindi che alcuni politici a un certo momento si trovino isolati nel loro stesso contesto. Essi allora diventano vulnerabili e si trasformano inconsapevolmente in vittime potenziali. Al di là delle specifiche cause della loro eliminazione, credo sia incontestabile che Mattarella, Reina, La Torre erano rimasti isolati a causa delle loro battaglie politiche in cui erano impegnati. Il condizionamento dell’ambiente siciliano, l’atmosfera globale hanno grande rilevanza nei delitti politici: certe dichiarazioni, certi comportamenti valgono a individuare la futura vittima senza che la stessa se ne randa nemmeno conto.
Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere.”

Ricordare, ancora oggi, dopo vent’anni, è un dovere. Chiedere la Verità un diritto.

di Gavino Pala

martedì 8 maggio 2012

Presidenziali in Francia, legislative in Grecia, amministrative in Gran Bretagna, in Germania e in Italia. A perdere è l’austerity europea

Si è chiuso un lungo fine settimana elettorale europeo che ha portato qualche sorpresa. Le presidenziali in Francia, le politiche in Grecia e in Serbia, le amministrative in Italia, Inghilterra e Germania, possono, in qualche modo essere lette in maniera simile.

Intanto, quello che salta immediatamente agli occhi è la definitiva sconfitta dell’asse Sarkozy-Merkel, e non solo per la dura lezione subita dal Presidente francese, ennesimo capo di stato a non essere riconfermato, ma anche per il vento anti-europeo che ha iniziato a soffiare in Grecia, con la netta avanzata dei partiti estremisti, sia a destra che a sinistra, che chiedono e sognano una Grecia fuori dall’Unione Europea.

Dopo la vittoria, mentre festeggiava con il suo popolo, Hollande annunciava, nel suo primo discorso da presidente, “L’Europa ci guarda e, nel momento in cui i risultati della nostra elezione vengono resi noti, sono sicuro che in molti Paesi questo sta provocando un certo sollievo, una speranza, l’idea che alla fine l’austerità non possa essere una fatalità. Insomma, che bisogna dare alla costruzione europea una dimensione di crescita, di prospettiva, di futuro”. E proseguiva, “E’ quello che dirò il prima possibile ai nostri partner. E prima di tutto alla Germania, in nome della responsabilità che ci è comune”. Quindi rigore, ma non solo. Per il neo presidente francese importante è un vero rilancio economico europeo e un protocollo aggiuntivo sul Fiscal Compact.

Altrettanto rapida è stata la risposta della canceliera tedesca. Da una parte ha assicurato che non verranno inclinati i rapporti con la Francia socialista, ma subito aggiungeva: “In Germania siamo dell’opinione, me compresa, che il patto di stabilità non possa essere rinegoziato” e precisava la Merkel  “È stato approvato. 25 paesi l’hanno sottoscritto, Grecia e Portogallo l’hanno ratificato, in Irlanda ci sarà un referendum il prossimo 31 maggio e io penso che questo patto sia giusto”.

Altro fronte caldo del Mediterraneo, la Grecia. Qui vince la linea antieuropeista. L’entrata in parlamento del partito neo-nazista (l’Alba doro ha conquistato 21 seggi in Parlamento), conferma  tristemente l’avanzata dell’estrema destra in tutta Europa. Ma il dato significativo è l’affermarsi anche dell’estrema sinistra e dei partiti comunisti, che chiedono a gran voce la ridiscussione delle politica di austerity imposto da Germania e Banca Centrale Europea. Antonis Samaras, leader conservatore, ha rinunciato all’incarico di formare un nuovo governo, ed ora ci proverà il giovane Alexis Tsipras, capo di Syriza, partito della sinistra radicale. Proverà a formare un governo con una larga coalizione, anche perché i suoi 52 seggi parlamentari sono molto distanti dalla maggioranza necessaria per formare un governo in grado di reggere (la maggioranza richiede 151 seggi). Punto principale per rilanciare il paese, secondo Tsipras, è superare il Memorandum votato pochi mesi fa dal Parlamento.

La ripercussione che queste mosse avranno sui mercati europei è ancora un’incognita.

In Serbia, non essendo nell’Unione Europea ma aspirando ad entrarci - sono in corso i colloqui per l’adesione del Paese balcanico - al primo turno delle presidenziali è in vantaggio il candidato filo-europeo. Ma il Democratico Tadic è dietro nelle legislative che si sono svolte nello stesso giorno.
In Germania, nello Schleswig-Holstein, Land tedesco nel nord del Paese, il partito della Merkel ha sostanzialmente mantenuto i suoi voti, confermando il quasi 31% preso nel 2009. Ma la coalizione che guidava il Land esce sconfitto dalle elezioni aprendo ad un probabile coalizione con i social democratici.

In Inghilterra vengono bocciate le politiche di austerity promosse dal primo ministro Cameron e il Labur riconquista consensi. Cameron si è giustificato così: “Dobbiamo prendere decisioni difficili per fronteggiare il debito, il deficit e l’economia a pezzi che abbiamo ereditato. Continueremo a prendere queste decisioni e faremo la cosa giusta per il nostro Paese”. Mentre il leader laburista Ed Miliband accusa il governo conservatore: “Ci hanno portato in recessione. Hanno aumentato le tasse per milioni di persone e le hanno tagliate ai milionari”, e conclude. “Da Carlisle a Southampton la gente ha detto: non ci piace ciò che fa questo governo. Questo governo ha promesso il cambiamento e ha peggiorato le cose invece di migliorarle”.

E, infine, le amministrative in Italia. Molti commentatori si sono affaticati nel dire la loro in queste ore del dopo spoglio. Sottolineamo solo alcuni dati. Il primo è la sostanziale affermazione della lista di Grillo e del Movimento5Stelle. Voto di protesta o voto contro la casta, fatto sta che Grillo è sicuramente quello che esce meglio dalla due giorni di amministrative, sarà interessante vedere se è in grado ora di governare, anche se solo a livello locale, vediamo come si comporteranno i grillini nell’amministrare soldi pubblici e appalti.
Altro dato e la sostanziale sconfitta del centro destra che fino a pochi mesi fa governava il paese. Lega e PDL non sono andati uniti in queste elezioni. Per la Lega, oltre la vittoria di Tosi a Verona, ma è il nuovo spirito della Lega ormai sempre più targata Maroni, c’è un totale arretramento anche nelle sue roccaforti, ma sostanzialmente paga ancora lo scandalo che l’ha investita nelle ultime settimane. Diverso il discorso del PDL, perde e molto, arretra nel paese e è raro vederlo nei ballottaggi. Per Alfano si paga il sostegno a Monti, confermando però un aria anti-europeista essendo Monti molto vicino alle posizioni tedesche, ma probabilmente ha pesato la totale assenza di Berlusconi nella compagna elettorale (lui che da solo riesce a spostare percentuali imbarazzanti) ma anche un certo tipo di politica fallimentare portato avanti nella legislatura.

Gavino Pala

Al Colosseo una fiaccolata di solidarietà con i cristiani in Nigeria


Ne abbiamo parlato tanto per cui volentieri presentiamo l'iniziativa di solidarietà con tutte le comunità cristiane vittime dei recenti attentati terroristici in Nigeria e in Kenya e per quelle oggetto di discriminazione in varie parti del mondo, organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Comunità Ebraica.

Il 9 maggio,  giornata ricordo delle vittime italiane del terrorismo,  per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica di fronte ad un vicenda internazionale per la quale non è possibile rimanere indifferenti, in modo significativo le due comunità, hanno scelto di testimoniare la loro solidarietà ed il loro affetto con i cristiani in difficoltà. L'appuntamento è in piazza del Colosseo che spegnerà per l'occasione le sue luci.

"Ogni giorno - sottolineano i promotori dell’iniziativa - assistiamo a  nuovi atti di terrorismo e di inaudita violenza contro le comunità cristiane nel mondo, particolarmente in Nigeria e non risparmia i luoghi sacri, ma uccide molte decine di fedeli inermi, tra cui donne, anziani e bambini".
Per questo è stata invitata a partecipare tutta la cittadinanza, per esprimere solidarietà e vicinanza a queste comunità cristiane perseguitate e a respingere e condannare ogni forma di fanatismo ed estremismo religioso.
Saranno presenti autorità, rappresentanti religiosi e della società civile. Hanno già aderito all’iniziativa: Clemente Mimun, direttore del TG5, il prof. Andrea Riccardi, Ministro della Cooperazione Internazionale e dell’Integrazione, il sindaco di Roma Capitale  Gianni Alemanno, il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti e la presidente della Regione Lazio Renata Polverini. Appuntamento alle 20:30.

Nigeria, i cristiani al centro delle violenze

Kono, Nigeria del nord. Un commando è entrato a bordo di motociclette all’interno del Campus universitario. Probabilmente sono del Boko Haram, fazione musulmana vicino ai talebani, gli stessi che hanno rivendicato gli attentati del Natale del 2010 nella stessa regione e la strage nella sede dell’ONU lo scorso agosto ad Abuja. Hanno lanciato alcune bombe, secondo i testimoni almeno tre, all’interno del teatro usato abitualmente per le funzioni religiose dai cristiani del campus. Poi, quando la folla ha iniziato a scappare perché impaurita, hanno aperto il fuoco, e hanno sparato per circa trenta minuti, come racconta uno studente alla Reuters. Il tragico bilancio è di almeno venti morti e numerosi feriti.
Nairobi, capitale del Kenia. Quartiere popolare di Ngara. Poco prima della messa viene lanciata una bomba nella chiesa che fa un morto e ferendone almeno quindici.
Due atroci fatti che hanno colpito i cristiani in Africa. Solo pochi giorni fa abbiamo provato a raccontare le storie di chi, solo per aver testimoniato la fede, ha perso la propria vita. Oggi siamo costretti a raccontarne altre.
“Quello dei cristiani è un vero dramma del nostro tempo” ha dichiarato pochi giorni fa il ministro della Cooperazione Internazionale e dell’Integrazione, Andrea Riccardi, che nel 2000 aveva pubblicato Il secolo del martirio, libro dedicato ai martiri del XIX secolo. Intervistato dal Corriere della Sera il ministro sottolinea: “Nell’Africa Occidentale c’è un nuovo attivismo islamista che ha i suoi punti di forza in organizzazioni come Boko Haram, in Nigeria, e Aqimi, nel Maghreb islamico, soprattutto nel Mali”. Il ministro prosegue spiegando che in Nigeria, soprattutto nel Nord islamizzato, si vuole costringere all'esodo la minoranza cristiana perché i cristiani sono una garanzia di pluralismo che il totalitarismo musulmano vuole annientare. Gli attentati a luoghi di culto sono l'espressione di un totalitarismo imbestialito: colpire gente in preghiera è una vera bestemmia, anche se gli islamisti lo fanno in nome di Dio.”
Il neo vescovo ausiliare di Roma Centro, monsignor Matteo Zuppi, in una delle sue prime uscite ufficiali, prende parte ad una preghiera per ricordare la violenza in Africa a Santa Maria in Trastevere. Commentando il vangelo di Luca sull’Emorroissa, una donna che miracolosamente guarisce solo toccando il mantello di Gesù, Zuppi dice: “Questa donna che perde sangue, cioè vita, è madre Africa, che ricordiamo oggi in due delle sue ferite più gravi, la Nigeria e il Kenya.” E prosegue: “Purtroppo questa rivendicazione, indebita, è vergogna per chi compie questi azioni e non ha niente a che fare con l’Islam nel nome del quale pretendono di commettere queste atrocità.”

di Gavino Pala