Di buon mattino il neo segretario del PD, Matteo Renzi aveva
scritto su Twitter il suo pensiero su questa vicenda spiegando che “Il taglio
agli insegnanti è assurdo. Il governo rimedi a questa figuraccia, subito. Il
@pdnetwork su questo non mollerà di un centimetro.”
Non vorrei entrare nel merito di questa vicenda, per fortuna
conclusasi con il passo in dietro del governo, anche perché l’Italia dovrebbe
investire di più sull’istruzione, non togliere il (poco) che già da agli
insegnanti, ma è utile per riflettere su un altro argomento che in queste ore
sta interessando il governo: il patto di coalizione.
Si sono aperti infatti gli incontri tra il premier Letta e
gli esponenti dei partiti di maggioranza per preparare un patto tra il governo
e le forze parlamentari che lo sostengono. Un patto che dovrà interessare i
provvedimenti e le tematiche del 2014. Tutto giusto e legittimo, ma credo anche
insufficiente. Credo che il governo non abbia solo bisogno di un patto ma di un
vero e proprio rimpasto per due semplici ragioni.
La prima è che è cambiata radicalmente la composizione della
maggioranza. Questo governo delle larghe intese è nato con l’appoggio del PD
dei centristi e del PDL. Di queste 3 gambe solo una è rimasta intatta, il PD, i
centristi si sono infatti divisi tra chi è rimasto fedele a Monti e chi è
uscito da Scelta Civica per fondare un nuovo gruppo parlamentare (ma entrambi i
gruppi fedeli al governo), mentre il PDL si è spaccato in due con la rinata
Forza Italia passata all’opposizione e il Nuove Centro Destra di Alfano al
governo. il partito più a destra del governo è passato da 97 deputati (PDL) a
29 (NCD) mantenendo però lo stesso numero di Ministri. È vero che il Presidente
Napolitano nelle scorse settimane ha imposto un nuovo passaggio parlamentare a
Letta per richiedere una nuova fiducia, ma si potrebbe pensare ad una
delegazione minore del partito di Alfano (presente al governo con 5 ministri) e
comunque un riequilibri con i centristi (i due partiti del centro hanno gli
stessi numeri del Nuovo Centro Destra ma solo 2 ministri)
La seconda ragione riguarda il PD. Il partito di maggioranza
ha infatti gli stessi numeri di inizio legislatura ma le primarie dell’8
dicembre hanno cambiato radicalmente la leadership. Il neo segretario non può
solo dettare la linea del suo partito ma chiedere anche di prendere parte alle
decisioni del governo che il suo partito appoggia. La delegazione del PD nel
governo Letta ( ex Vicesegretario di Bersani) ha 9 ministri, ma in pochi si possono
considerare renziani. Il sindaco di Firenze probabilmente non entrerà
personalmente al governo (già indaffarato ad amministrare la sua città e il suo
partito), ma dovrebbe chiedere che il nuovo PD abbia una nuovo delegazione al
governo che rappresenti meglio il partito. Non basta twitttare che il PD “su
questo non mollerà di un centimetro”, non basta presentare proposte sulla legge
elettorale o sul lavoro, deve prendersi la responsabilità di governare. Nel governo
ci dovrebbe essere più rappresentatività della “corrente” (anche se al
segretario questa parola non piace) che ha stravinto le primarie e che
rappresenta (all’interno del partito) la maggioranza assoluta degli elettori
che l’8 dicembre si sono messi in fila ai gazebo.
Altrimenti il rischio è di vedere un Renzi “di lotta e di
governo”
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