mercoledì 8 gennaio 2014

Renzi di lotta e di governo

POLITICA - Alla fine gli insegnanti non dovranno restituire i 150 euro per il fermo degli scatti come in un primo momento era circolata la voce. Ad annunciarlo una nota di palazzo Chigi nel quale viene chiarito che “Gli insegnanti non dovranno restituire i 150 euro percepiti nel 2013 derivanti dalla questione del blocco degli scatti. Lo si è deciso nel corso di una riunione a palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio, Enrico Letta, il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, e il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza.”

Di buon mattino il neo segretario del PD, Matteo Renzi aveva scritto su Twitter il suo pensiero su questa vicenda spiegando che “Il taglio agli insegnanti è assurdo. Il governo rimedi a questa figuraccia, subito. Il @pdnetwork su questo non mollerà di un centimetro.”
Non vorrei entrare nel merito di questa vicenda, per fortuna conclusasi con il passo in dietro del governo, anche perché l’Italia dovrebbe investire di più sull’istruzione, non togliere il (poco) che già da agli insegnanti, ma è utile per riflettere su un altro argomento che in queste ore sta interessando il governo: il patto di coalizione.

Si sono aperti infatti gli incontri tra il premier Letta e gli esponenti dei partiti di maggioranza per preparare un patto tra il governo e le forze parlamentari che lo sostengono. Un patto che dovrà interessare i provvedimenti e le tematiche del 2014. Tutto giusto e legittimo, ma credo anche insufficiente. Credo che il governo non abbia solo bisogno di un patto ma di un vero e proprio rimpasto per due semplici ragioni.
La prima è che è cambiata radicalmente la composizione della maggioranza. Questo governo delle larghe intese è nato con l’appoggio del PD dei centristi e del PDL. Di queste 3 gambe solo una è rimasta intatta, il PD, i centristi si sono infatti divisi tra chi è rimasto fedele a Monti e chi è uscito da Scelta Civica per fondare un nuovo gruppo parlamentare (ma entrambi i gruppi fedeli al governo), mentre il PDL si è spaccato in due con la rinata Forza Italia passata all’opposizione e il Nuove Centro Destra di Alfano al governo. il partito più a destra del governo è passato da 97 deputati (PDL) a 29 (NCD) mantenendo però lo stesso numero di Ministri. È vero che il Presidente Napolitano nelle scorse settimane ha imposto un nuovo passaggio parlamentare a Letta per richiedere una nuova fiducia, ma si potrebbe pensare ad una delegazione minore del partito di Alfano (presente al governo con 5 ministri) e comunque un riequilibri con i centristi (i due partiti del centro hanno gli stessi numeri del Nuovo Centro Destra ma solo 2 ministri)

La seconda ragione riguarda il PD. Il partito di maggioranza ha infatti gli stessi numeri di inizio legislatura ma le primarie dell’8 dicembre hanno cambiato radicalmente la leadership. Il neo segretario non può solo dettare la linea del suo partito ma chiedere anche di prendere parte alle decisioni del governo che il suo partito appoggia. La delegazione del PD nel governo Letta ( ex Vicesegretario di Bersani) ha 9 ministri, ma in pochi si possono considerare renziani. Il sindaco di Firenze probabilmente non entrerà personalmente al governo (già indaffarato ad amministrare la sua città e il suo partito), ma dovrebbe chiedere che il nuovo PD abbia una nuovo delegazione al governo che rappresenti meglio il partito. Non basta twitttare che il PD “su questo non mollerà di un centimetro”, non basta presentare proposte sulla legge elettorale o sul lavoro, deve prendersi la responsabilità di governare. Nel governo ci dovrebbe essere più rappresentatività della “corrente” (anche se al segretario questa parola non piace) che ha stravinto le primarie e che rappresenta (all’interno del partito) la maggioranza assoluta degli elettori che l’8 dicembre si sono messi in fila ai gazebo.
Altrimenti il rischio è di vedere un Renzi “di lotta e di governo”

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