giovedì 31 gennaio 2013

Ricordo di Modesta Valenti, donna senza fissa dimora morta trent'anni fa

ATTUALITA' - Modesta Valenti aveva 71 anni. Era una barbona e viveva per la strada, spesso cercava riparo alla stazione Termini, nodo centrale del traffico ferroviario della città, ma anche luogo dove le persone senza fissa dimora provano a fermarsi, soprattutto quando le temperature nella città diventano proibitive.
Era la notte del 31 Gennaio del 1983. Modesta si sentì male proprio alla stazione. Qualcuno chiamò l'ambulanza che accorse dopo poco tempo. Al loro arrivo Modesta era ancora viva. Forse poteva essere salvata se gli infermieri si fossero occupati della povera donna. Ma non lo fecero. Modesta, proprio per le condizioni in cui viveva, era sporca, aveva i pidocchi , quindi gli infermieri decisero di non prenderla, di non toccarla.
Modesta morì poche ore dopo, tra tante sofferenze. Nessuno si preoccupò di prestarle soccorso.
Sembra una storia di altri tempi, una storia che indigna ma che si pensa relegata al passato.
Purtroppo non è così. Solo pochi giorni fa, sempre a Roma, due uomini sono morti in un incendio nel sottopasso di Corso Italia. Secondo gli investigatori la causa della morte sarebbe accidentale, i due uomini avrebbero acceso un piccolo fuoco per scaldarsi e da li sarebbe divampato l’incendio (il 23 gennaio) e nella stessa zona di Corso Italia qualche giorno dopo (il 27) un altro uomo, intorno ai 50’anni, è stato trovato senza vita, morto di stenti.

Quando la politica dà credito a sé stessa, tirando in ballo Falcone e Borsellino

POLITICA - «Ilda Boccassini conti fino a tre prima di parlare. Mi basta sapere cosa pensava di lei Borsellino e cosa pensava di me». Sono le parole di Antonio Ingroia, candidato premier per Rivoluzione Civile, in risposta alle esternazioni del magistrato milanese che lo aveva accusato di un riferimento indebito al nome di Falcone in un suo recente intervento. «Non è un caso che quando Falcone iniziò la sua attività di collaborazione con la politica — aveva detto Ingroia — le critiche peggiori giunsero dalla magistratura. È un copione che si ripete».
«Contino entrambi fino a trenta e lascino fuori mio fratello, Paolo». «Non usi il nome di mio fratello Giovanni per fare politica». Così invece si inseriscono nella polemica i parenti di Falcone e Borsellino.
Ma cosa succede? La scelta di entrare in politica non può essere mai messa in discussione. Qualunque cittadino, ogni esponente della società civile né ha ben diritto. Il ragionamento, vera e propria mission della neonata Lista Monti "Scelta Civica" e del Movimento 5 Stelle di Grillo, vale certo anche per l'ormai ex-magistrato Ingroia. E allora perché tante polemiche? Proviamo a darne conto brevemente, anticipando subito la nostra idea: il problema sta tutto nel non tirare in ballo persone che non possono più manifestare la propria opinione, vedi Falcone e Borsellino. Succede così che alle parole di Ingroia in tanti sentano il dovere di rispondere al posto loro: dal «si vergogni», un po' forte per la verità, della Boccassini, al «paragone fuor d’opera»,dell’ex capo della Dna, neocandidato pd, Pietro Grasso, tirato in ballo anche lui da Ingroia («a lui che ha avuto un incarico nazionale molto più importante del mio nessuno lo rimprovera nulla»). E anche il collega Stefano Dambruoso, candidato con Lista Civica di Monti, rimarca la «caduta di stile». «Falcone non fece mai politica», afferma netto Roberto Saviano. «Sbaglia Ingroia a lacerare l’antimafia», è invece l'opinione di Nichi Vendola. Più attente le parole del ministro Riccardi: "'Credo che figure come Falcone o Borsellino, ma anche altri meno conosciuti, come il cronista Mario Francese del Giornale di Sicilia, ammazzato perché svelava il volto della mafia, siano eroi nazionali. Farei attenzione a paragonarsi a figure del passato, credo che strumentalizzare gli eroi non sia una bella cosa da fare”. A chiudere, speriamo, la sterile polemica, sono giunte opportune le parole del ministro della Giustizia, Paola Severino: «Capisco che in campagna elettorale si usino dei toni alti, mi piacerebbe che nelle campagne elettorali si usassero dei toni più costruttivi, più  programmatici e pacati».

E' morta Ceija Stojka, testimone rom della Shoah

NEWS DALLA STORIA - E' morta all'età' di 79 anni Ceija Stojka, scrittrice e artista rom sopravvissuta all'Olocausto. Attraverso i suoi scritti e le sue opere d'arte, Stojka ha contribuito a diffondere la conoscenza del porrajmos, lo sterminio dei rom da parte dei nazisti. "In ogni momento della mia vita ricordo Auschwitz", aveva detto l'artista in un'intervista recente. Ceija Stojka, nata nel 1933 a Kraubath, un paesino della Stiria, era il quinto di sei figli nati da genitori cattolici appartenenti a un gruppo di rom Lowara. Deportata nel campo nazista di Birkenau e successivamente in quello di Bergen-Belsen, dove è stata poi liberata nel 1945. Dopo il ritorno dal lager ha vissuto a Vienna e nei dintorni della capitale austriaca lavorando come venditrice ambulante. Ha scritto poesie, canzoni e testi sia in lingua rom che in tedesco.

Il ministro Riccardi, da anni impegnato perché la memoria dell'Olocausto sia una memoria viva e condivisa, ha ricordato così Ceija: «Ho appreso con dispiacere della scomparsa di Ceija Stojka, pittrice, cantante e scrittrice  zingara di religione cattolica, sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti. Una testimone  del genocidio dei rom e dei sinti, il Porrajmos, un fenomeno spesso trascurato o rimosso dalla memoria collettiva. Ceija è stata una dei pochi rom a mettere per iscritto – nel libro “Forse sogno di vivere” -  i suoi ricordi di bambina nei campi di Auschwitz, Ravensbruck e Bergen Belsen.  In questo libro ricordò tra l’altro che per ripararsi dal freddo, lei e i suoi piccoli amici si nascondevano sotto i corpi delle persone appena uccise nelle camere a gas. Ricordo ancora il suo commosso abbraccio con Benedetto XVI, nel 2012 quando il Papa ricevette in udienza tremila rom e sinti d’Europa e ascoltò dalla viva voce di Ceija gli orrori patiti dal suo popolo sotto il nazismo».

mercoledì 30 gennaio 2013

Ci mancheranno (3)

POLITICA - Quando il presidente del Consiglio Mario Monti ha deciso di “salire” in campo, ai suoi alleati ha chiesto chiaramente, nel compilare le liste, di utilizzare due criteri molto precisi, fedina penale pulita e un tempo relativamente breve nelle stanze dei bottoni, naturalmente con qualche deroga.
Così Pier Ferdinando Casini ha dichiarato “Sulle liste abbiamo fatto un ottimo lavoro, abbiamo liste pulite e per alcuni versi abbiamo fatto anche qualche ingiustizia. Ma abbiamo preferito fare qualche ingiustizia piuttosto che avere imbarazzi”. A chi si riferiva il leader dell’UDC? A Enzo Carra: “Per me che una persona come Enzo Carra debba uscire dalle liste per una condanna ad un anno in anni delicatissimi per il Paese, mentre tutti sanno che è un galantuomo.” L’ex portavoce di Forlani, in parlamento del 2001, era stato condannato infatti negli anni di Mani Pulite . Discorso diverso invece per Mario Tassone, su di lui sono pesati gli anni trascorsi a Montecitorio, dove è entrato nel 1979 (VIII Legislatura). Come per Renzo Lusetti (eletto a soli 28 anni deputato nell’87) e Luca Volontè (parlamentare dal 1996). Nell’UDC non ci sarà neanche Savino Pezzotta. L’ex segretario della CISL lascia il partito con una forte polemica: “Lascio l'Udc, è un errore non aver modificato l'agenda Monti in senso sociale, ed è un errore anche non aver chiuso fin da subito l'intesa con il Pd per il dopo voto.”
C’è poi un nutrito gruppo di parlamentari uscenti, fuoriusciti dal PDL per sposare il progetto montiano, ma che non hanno trovato posto nelle liste del centro, come Beppe Pisanu, eletto alla Camera dei Deputati per la prima volta nel 1972, o Giorgio Stracquadanio  che intervistato da Parorama, con amarezza, dichiara: “Ciao Parlamento? Sì, ma il mio è un ciao che non è un arrivederci perché la vita è lunga e la legislatura può essere breve…. Io non abbandono la politica prima o poi rientrerò in Parlamento.” Non ci sarà Franco Frattini (ex Ministro del Esteri di Berlusconi e molto vicino alle posizioni di Monti, ma per lui si vocifera un posto importante nella NATO), o Alfredo Mantovano (già sottosegretario agli Interni con B., molto vicino a Monti, ma che torna a fare il magistrato).
Non rinuncia naturalmente ad un seggio Casini (entrato in Parlamento nel 1983) ma che punta al Senato (con il desiderio di diventarne il Presidente), ma anche Rocco Buttiglione (parlamentare dal 1996) e Lorenzo Cesa. Al Senato, nella lista di Monti, in Lombardia il professore cala il tris: Pietro Ichino (deputato nell’VIII Legislatura come indipendente del PCI e Senatore nell’ultima con il PD), Mario Mauro (mai eletto in parlamento ma con tre mandati in Europa nelle file del PDL) e Gabriele Albertini (prima sindaco di Milano con Forza Italia e poi Europarlamentare con il PDL, ha ricevuto l’appoggio di Mario Monti per ambire alla poltrona di Governatore della Lombardia contro Roberto Marroni e Umberto Ambrosoli).

martedì 29 gennaio 2013

Ustica: è stato un missile. Lo sapevamo già da 33 anni

NEWS DALLA STORIA - Nella nostra storia è accaduto anche questo. Che una verità scoperta e capita subito ha dovuto essere smentita e inabissata per 33 anni, per poi ritornare prepotentemente a galla. In tanti, in quella lunga notte del 27 giugno 1980, parlavano di un missile che, nel corso di una azione di guerra tra Francia, Stati Uniti e Libia, aveva colpito, per sbaglio, il DC9 italiano della compagnia aerea Itavia, che stava volando sui cieli di Ustica. 81 persone persero la vita in quella tragedia. La parola "Ustica", che fino al 26 giugno 1980 indicava solo una splendida isola mediterranea, subì una mutazione quasi genetica: divenne un neologismo italico, evocatore di qualcosa di oscuro, indicibile, utile per indicare una linea di condotta politica codarda e poco lungimirante, che negli anni post guerra fredda non troverà mai il coraggio di aprire gli archivi, di togliere il segreto di Stato sulle stragi, di suscitare un dibattito sano e costruttivo sul tanta parte oscura della storia del nostro Paese. Si diceva: un giorno la verità storica smentirà quella giudiziaria, fatta anche per Ustica di depistaggi, dolorose assoluzioni e di ricostruzioni farlocche degli eventi, che non vale neppure la pena citare ancora. I procedimenti giudiziari per alto tradimento intentati contro alcuni vertici militari italiani che avrebbero ostacolato le indagini si sono conclusi con la completa assoluzione degli imputati. Eppure ieri, lunedì 28 gennaio, qualcosa è cambiato. La tesi che fu un missile ad abbattere il Dc9 dell’Itavia ad Ustica «è abbondantemente e congruamente motivata». Poche parole che cambiano tutto e aiutano la ricostruzione storica: le ha scritte nella sua sentenza la terza sezione civile della Corte di Cassazione che ha respinto quindi il ricorso presentato dal ministero della Difesa e delle Infrastrutture e Trasporti e ribadito che i parenti delle vittime del disastro vanno risarcite. Lo Stato dovrà pagare perchè non ha garantito la sicurezza della navigazione aerea civile. «Non c’è dubbio - scrivono i giudici - che le amministrazioni avessero l’obbligo di garantire la sicurezza dei voli e che l’evento stesso dimostra la violazione della norma cautelare».

Approfondimenti:
La bibliografia completa sulla strage di Ustica

lunedì 28 gennaio 2013

Non si può giustificare il regime fascista.

NEWS DALLA STORIA - Molte volte i nostri politici perdono l’occasione di tacere. “E' difficile mettersi nei panni di chi decise allora, ma certamente il governo di allora per timore che la potenza tedesca vincesse preferì essere alleato alla Germania di Hitler, la quale impose come condizione lo sterminio contro gli ebrei. Le leggi razziali rappresentano la peggiore colpa di Mussolini che per tanti altri versi invece aveva fatto bene.” È stata la rilettura storica del ventennio fascista fatta da Silvio Berlusconi ieri, Giornata della Memoria, alla cerimonia di inaugurazione del Museo della Shoah a Milano.
Giustificare un regime come quello fascista, provando a sminuire l’orrore e la violenza, provando a incolpare lo scomodo alleato tedesco, provando a sottolineare che furono pochi gli errori di Mussolini e che insieme alle leggi razziali bisogna ricordare le tante innovazioni fatte dal regime come la bonifica dell’agro pontino o la nascita del primo welfare, è storicamente falso.
Con il passare degli anni e la morte di molti testimoni diretti di quei tragici anni c’è il bisogno di ricordare e testimoniare con più forza cosa fu la dittatura fascista in Italia. La totale mancanza dei diritti, con la sospensione della democrazia diretta furono i primi segnali della dittatura. L’uso sistematico del confino per silenziare gli oppositori politici, fino all’eliminazione fisica degli esponenti dell’opposizione come fu per Matteotti, il deputato socialista ucciso della cui morte Mussolini si assunse la responsabilità politica in Parlamento. Fino alla promulgazione, nel 1938, delle leggi razziali, non unico errore ma triste conseguenza di un odio viscerale.
Alle parole di Berlusconi hanno risposto in molti.
“Le dichiarazioni appaiono non solo superficiali e inopportune, ma, là dove lasciano intendere che l'Italia abbia deciso di perseguitare e sterminare i propri ebrei per compiacere un alleato potente, destituite di senso morale e di fondamento storico. Le persecuzioni e le leggi razziste anti-ebraiche italiane, hanno avuto origine ben prima della guerra e furono attuate in tutta autonomia sotto la piena responsabilità dal regime fascista”. Le parole del presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna.
“Non dimentichiamoci che, oltre le leggi razziali, il regime di Mussolini ha cancellato la liberta' di pensiero e di espressione e' stato autore delle stragi in Etiopia e creo' quel tessuto discriminativo contro omosessuali, rom e tutte le altre minoranze a lui invise.” La riflessione di Daniele Nahum, vicepresidente e portavoce della Comunita' ebraica di Milano e candidato alle elezioni regionali in Lombardia nella lista di centro-sinistra 'Con Ambrosoli presidente'.
Anche dal mondo politico c’è una ferma condanna alle parole dell’ex presidente del Consiglio.
Pier Ferdinando Casini (UDC): “Non sono d'accordo con Berlusconi sul bene fatto da Mussolini a parte le leggi razziali: il fascismo e' responsabile di molte altre cose. Certo in qualsiasi regime e' possibile trovare 10 cose buone su 100 cattive, ma e' un fatto fisiologico”.
Anna Finocchiaro (PD): “Le sue parole sono inaudite. Le colpe di Mussolini e del suo regime non sono solo le atroci leggi razziali, ma molte altre cose a cominciare dal soffocamento della democrazia nel nostro Paese e dall'alleanza con il nazismo.”
Mario Marazziti (Lista Monti) riflette come “Il razzismo di Mussolini e del regime fascista che ha precipitato l'Italia nel disastro della guerra e nella corresponsabilità' con il nazismo rimane una ferita terribile e un errore imperdonabile, colpevole della sofferenza e della morte di milioni di persone annientate dalla guerra,  anche se qualche treno arrivava in orario e c'erano le colonie estive per i bambini.”
Nichi Vendola (SEL) “Berlusconi che prova a strizzare l'occhio ai sentimenti dell'estrema destra che torna ad alzare la testa in Italia e in Europa, che torna ad ubriacare frammenti di società ed opinione pubblica con la retorica del razzismo e dell'antisemitismo.”
Stupisce poi che le parole di Berlusconi arrivino a pochi giorni dall’arresto di esponenti di Casa Paund a Napoli. Molti capi d’accusa tra cui la pianificazione di uno stupro contro una ragazza solo perché ebrea.
Il rischio di un antisemitismo oggi è reale e bisogna lavorare perché l’odio e la violenza della dittatura fascista non siano più giustificate in alcun modo, ne tanto meno, ancora più pericoloso, sminuite. Il rischio di odiare l’altro solo perché diverso (colore della pelle, gusti sessuali, religione), non può essere giustificato in nessun modo.
Berlusconi avrebbe fatto bene ad ascoltare gli interventi dei testimoni del l’odio razzista invece di concedersi un pisolino.

venerdì 25 gennaio 2013

Ci mancheranno (2)


POLITICA - Se nel PD la scelta di non ricandidare alcuni esponenti della vecchia classe dirigente è legato soprattutto ad un opportunismo politico nato soprattutto dopo la campagna del sindaco di Firenze, Matteo Renzi, sulla rottamazione, nel PDL la scelta di far rimanere fuori alcuni parlamentari di questa legislatura è nata intorno alla campagna “liste pulite”. Sembra che alcuni sondaggi in mano a Barlusconi danno una differenza di 2 punti percentuali se nelle liste del PDL ci sono e meno alcuni personaggi che nell’immaginario collettivo sono legati a scandali giudiziari.
Marcello dell’Utri è entrato nel Parlamento italiano nel 1996, una legislazione alla Camera per poi passare al Senato. Su di lui, uomo vicinissimo a Berlusconi, suo segretario personale per molti anni, ha pesato una condanne, non definitiva, per concorso esterno in associazione mafiosa (nei primi due gradi di giudizio è stato giudicato colpevole, mentre la Cassazione ha annullato la sentenza d’Appello e chiesto di celebrare di nuovo il secondo grado). Il suo, come per tanti non ricandidati nel PDL, è un passo indietro per il bene del suo partito “Berlusconi me l'ha chiesto” dichiara il senatore Dell'Utri “ma è stata una scelta mia, ho deciso da solo.”
Ma molte esclusioni nel PDL hanno portato malumori. Alfonso Papa, che durante la legislatura ha scontato 101 giorni di carcere di Poggioreale a Napoli nell’ambito dell’inchiesta sulla P4 (il tribunale di Napoli ha poi ritirato la custodia cautelare per il deputato del PDL). Papa ha dichiarato, dopo la sua esclusione dalle liste del PDL: “Vengono fuori i tratti di un partito a trazione alfaniana, nel quale non mi riconosco affatto dal momento che ben poco rimane del progetto berlusconiano delle origini. In un partito di tale fattura una persona come Enzo Tortora non sarebbe stata candidata".
Decide di fare un passo indietro, anche se polemicamente, Claudio Scajola. Il Deputato ligure dice: “Per la dignità mia e della mia famiglia non sopporto più esami da parte di alcuno sulla mia moralità. Per queste ragioni ritiro la mia candidatura. I miei valori, la mia storia e il mio stile di vita” Prosegue Scajola, “parlano per me. Con buona pace di qualunque arbitro. Per quel che concerne le mie ‘vicende giudiziarie’, tocca ricordare, nero su bianco, che Claudio Scajola ha inanellato solo archiviazioni, proscioglimenti e tanti mal di pancia”. L’addio da parte di Scajola ha però portato non pochi malumori all’interno del PDL ligure, con tanto di minacce di scissione. Motivo del contendere? Ritrovarsi a votare non il loro punto di riferimento politico come Scajola, ma alcuni catapultati da Roma, inseriti in posti sicurissimi, tra i quali Augusto Minzoli.
Ma il parlamentare che sicuramente ha fatto più parlare di se in questi ultimi giorni di trattative sulle liste, è stato Nicola Cosentino. Il deputato campano, su cui spicca un mandato di arresto per presunti contatti con il Clan dei Casalesi, rimarrà fuori dal Parlamento. Nelle ultime ore prima della consegna delle liste era uscito anche un piccolo giallo, un’agenzia di stampa aveva battuto la notizia che Cosentino fosse fuggito portandosi via le liste per la Campagna, notizia poi smentita.
Restano poi fuori dalle liste anche molti ex di Alleanza Nazionale confluiti nel PDL, uno su tutto Mario Landolfi, che, con rancore, dichiara “Contro di noi (ex An, ndr) c'è stato un atteggiamento xenofobo. Nei villaggi se la prendevano con lo straniero, nel nostro partito quando calavano i sondaggi dicevano: è colpa degli ex An”
È più deluso che arrabbiato invece Marcello Pera. Dopo un’attenta riflessione ha deciso di lasciare la politica con una motivazione molto semplice: “Con la presentazione imminente delle liste elettorali termina la mia presenza in politica. La ragione è assai semplice: ritengo che il mio contributo si sia esaurito, anche se non credo che si sia esaurito quel bisogno di rinnovamento, la cosiddetta «rivoluzione liberale», che molti anni fa portò in Parlamento me ed altri come me, i cosiddetti professori di Forza Italia.”
Nel PDL poi, nel caso i sondaggi venissero confermati perdesse le elezioni, i posti a disposizione nella prossima legislatura sarebbero inferiori, e non di poco, rispetto a 5 anni fa.
Infine, sono ben 34 i Parlamentari uscenti del PDL che proveranno ad entrare nella prossima legislatura con più di tre mandati alle spalle (alcuni in posti con buone chance di essere rieletti). Una lista che va da  Giancarlo Galan (in Parlamento dal 1994 per tre legislature), a Maurizio Lupi da Sandro Bondi a Niccolò Ghedini(tutti in Parlamento dal 2001), fino a Fabrizio Cicchitto (entrato in Parlamento per la prima volta nel 1976 con il Partito Socialista), Maurizio Gasparri (Nel 1994 entrava in Parlamento con il Movimento Sociale), Carlo Giovanardi (nel 1992 deputato DC) e Maurizio Sacconi (eletto per la prima volta nel 1979 per il Partito Socialista).
Proverà ad entrare per la 10 legislatura Francesco Colucci, 81 anni, entrato in Parlamento per la prima volta nel 1972 per la VI Legislatura, nel Partito Socialista.

Continua…

Connivenze tra gioco d'azzardo e criminalità. Il coraggio del giornalista Tizian


Giovanni Tizian è un giornalista della Gazzetta di Modena e inchiestista di Repubblica e di Espresso. Il suo lavoro si è da sempre concentrato sulle interferenze dei clan delle ‘ndrine nel mondo del gioco d’azzardo legale. La sua ultima inchiesta ha portato al sequestro di 1500 slot machine truccate e all’arresto del boss della ‘ndrangheda Nicola Fermia nel corso della maxi operazione della GdF di Bologna.
O la smette, o gli spariamo in bocca“: questa la minaccia esplicita che il boss della ‘ndrangheta Nicola Femia suggerisce al telefono all'imprenditore Guido Torello. Proprio per questo motivo Tizian dal 2011 è inserito nel programma di protezione delle vittime di mafia e vive sotto scorta.
Ieri il boss della 'ndrangheta Nicola Fermia è stato finalmente arrestato in una maxi operazione della Guardia di Finanza che ha portato in carcere altre 29 persone, oltre che il sequestro di 1500 slot machine truccate.

Sul sito personale del giornalista (http://www.iomichiamogiovannitizian.org) troviamo le motivazioni, profonde, del suo impegno civile contro le mafie: il 23 ottobre 1989, a colpi di lupara, veniva assassinato il padre, Peppe Tizian mentre da Locri rientrava a Bovalino dopo una giornata di lavoro. E' la storia straordinaria e insieme normale, in questo Paese, di un cittadino onesto, di funzionario di banca che non si è piegato al malaffare mafioso.

Sono 52 in Italia i giornalisti che per fare bene il proprio mestiere sono finiti sotto scorta. Indagare, scavare a fondo oppure, molto più semplicemente, dire la verità, è ancora una cosa pericolosa. Come sono pericolosi gli intrecci, svelati e dimostrati da Tizian, tra il gioco d'azzardo e la criminalità organizzata al nord: sono milioni gli euro "lavati" e reinvestiti in quel settore, più volte al centro dell'azione del governo che ha cercato di regolamentarlo. Non senza incontrare ostacoli, come ha affermato il ministro Riccardi che ha voluto portare la sua solidarietà a Tizian: "La vicenda del coraggioso giornalista Giovanni Tizia, a cui deve andare tutta la nostra vicinanza e solidarietà, non fa che confermare le mie preoccupazioni per una sottovalutazione complessiva del tema del gioco d'azzardo e dei rischi ad esso connessi (...) Il governo Monti ha sicuramente il merito di aver fatto approvare una prima, incisiva regolamentazione del settore, limitando la pubblicità, introducendo la definizione di ludopatia, salvaguardando le categorie più deboli - ha aggiunto Riccardi - Tuttavia, la prossima legislatura dovrà affrontare con ancor più vigore i nodi di questo inquietante fenomeno. Non basta dire che il gioco porta soldi alle casse dello Stato per superare di colpo tutte le perplessità, le riserve e le preoccupazioni".

Processo per l'uccisione di Rostagno, nuove rivelazioni su Gladio in Sicilia


NEWS DALLA STORIA - Sembra una storia infinita. Sono trascorsi 24 lunghi anni dal 26 settembre 1988 quando il giornalista Mauro Rostagno fu ucciso in un agguato in Sicilia. Nel corso lungo processo, degno di una delle migliori serie thriller, accade anche che l'ipotesi iniziale (il delitto Rostagno fu eseguito dalla mafia ma i mandanti erano politici poiché il giornalista ficcanaso aveva scoperto un traffico di armi con la Somalia) dopo essere stata accantonata per altre decine di ipotesi (delitto d'onore, passionale, ritorsione, cellula mafiosa impazzita) ritorna in auge, grazie alle dichiarazioni di un ex deputato regionale, Camillo Oddo.

Nel corso della sua dichiarazione, tenutasi  mercoledì scorso davanti alla Corte D’Assise di Trapani, Oddo ha riferito le parole riportate durante una conferenza stampa del  27 settembre 1994 (all'epoca faceva parte della segreteria politica del PDS) in cui dichiarò che dietro al delitto di Mauro Rostagno ci potessero essere dei traffici del centro Scorpione di Gladio, la cellula paramilitare che operava a  Trapani. "Nel settembre del ‘94 ritenemmo che ci fosse stata una sottovalutazione investigativa sul delitto Rostagno - ha detto - ragion per cui, dopo aver parlato con i nostri riferimenti in commissione parlamentare antimafia, organizzammo  una conferenza stampa paventando che, dietro l'omicidio potesse esserci Gladio, alla luce anche del fatto che in città operava 'Scorpione', una cellula di Gladio'. ''Ad insospettirci, all'epoca, fu, in particolare, il silenzio dei pentiti sull'omicidio'', ha aggiunto Oddo,  dicendo che ''Rostagno, anche se c'erano altri giornalisti che denunciavano, ha rappresentato un elemento di rottura non soltanto per i temi affrontati a testa bassa dagli schermi di Rtc (l'emittente privata dove lavorava) ma anche e soprattutto per il modo in cui si poneva davanti la tv''.

Oramai in molti, sia sul versante giornalistico che giudiziario, hanno messo in relazione le vicende somale (l'uccisione del maresciallo del SISMI Vincenzo Li Causi e della giornalista Ilaria Alpi) con il traffico di armi tra l'Italia ed il regime di Siad Barre negli anni '80. La vicenda di Rostagno si colloca in questo intreccio per due motivi: il primo è che la comunità di recupero da lui fondata, Samaan, si trovava a poche centinaia di metri dal Centro Scorpione gestito proprio da Vincenzo Li Causi. Il secondo motivo è che la famosa pista di decollo nascosta dai radar, sulla quale Rostagno filmò il traffico di armi italo-somalo era probabilmente proprio quella in dotazione al Centro Scorpione, circostanza, ovviamente, sempre smentita. Staremo a vedere come si concluderà il processo e se l'ipotesi iniziale, tornerà ad essere alla fine l'unica veritiera.

Per approfondire:
La bibliografia completa sull'omicidio Rostagno

mercoledì 23 gennaio 2013

Ci mancheranno (1)

POLITICA - Con la presentazione delle liste elettorali si è conclusa l’ultima parte burocratica in vista delle elezioni di fine febbraio.
Scorgendo le liste c’è la netta sensazione che nel prossimo Parlamento avremmo molte facce nuove. Il Movimento Cinque Stelle di Grillo, per i due rami del Parlamento, ha scelto solo persone che non avevano mai fatto politica a livello nazionale. Stessa decisione anche per Monti, ma solo per le liste della Camera, al Senato infatti, presentando una lista unica con UDC e FLI ci sono diversi esponenti che hanno concluso la legislazione e sognano un posto nel futuro Parlamento.
Ma per molti neoparlamentari che entrano, nel prossimo Parlamento ce ne saranno molti che non troveremo più. Sono tanti infatti quelli che, o per scelta personale o per scelta del partito, non saranno ricandidati.

Il primo ad annunciare il suo passo indietro è stato Walter Veltroni  durante una puntata di Che tempo che fa a metà ottobre. L’ex segretario del Partito Democratico rinuncia a ricandidarsi ma “rinunciare a fare il parlamentare non vuol dire rinunciare a fare politica. Continuerò a fare politica, ad impegnarmi in quello a cui ho sempre creduto, cioè l'impegno civile, la battaglia di valori sulla legalità.” Veltroni era entrato in Parlamento nel luglio del 1987 nella X legislatura (quasi 25 anni in Parlamento tranne gli anni in cui era sindaco di Roma).

“Se vincerà Bersani, non chiederò deroghe, e il rinnovamento lo agevolerò. Ma se vince Renzi sarà scontro, e sarà uno scontro politico.” dopo Veltroni anche il suo rivale all’interno del Partito decide di fare un passo indietro. Massimo D’Alema mantiene la promessa, primarie vinte da Bersani e lui fuori dal Parlamento (anche se qualcuno vocifera per lui un posto da ministro in un eventuale governo a guida Bersani). Anche D’Alema era entrato in Parlamento per la prima volta nel 1987, insieme Veltroni.
I due leader hanno deciso di non chiedere deroghe al proprio partito che impone di lasciare il Parlamento dopo tre mandati.

Come loro Marco Follini che al Corriere della Sera spiega “Pietire un posto in Parlamento una volta di più, stride sia con il mio orgoglio che con il mio desiderio di essere discreto. È la rappresentazione di un partito onnipotente, che decide ma non si fa carico di una proposta. Un Pd assediato da candidati attempati, che devono presentarsi come fastidiosi postulanti.”  Follini era in parlamento solo dal 1996. Come loro Arturo Parisi, eletto alla Camera la prima volta nel 1999, nelle elezioni suppletive di Bologna per sostituire Romano Prodi dimessosi per diventare Presidente della Commissione Europea. Entrata in Parlamento insieme a Veltroni e D’Alema, anche Livia Turco decide di non chiedere nessuna deroga al partito e non sarà ricandidata. Intervistata da Panorama, spiega la sua decisione affermando che “E’ una decisione maturata nel mio cuore da molto prima che Renzi iniziasse a parlare di rottamazione. Credo che le donne della mia generazione debbano fare un passo al lato e investire sulle giovani.”

Ma potremmo riconsolarci sperando di trovare nel prossimo Parlamento, eletti con il Partito Democratico: Rosy Bindi che guiderà la lista del Senato del PD in Calabria (con annessa polemica per essere stata paracadutata da Roma). La Bindi è entrata nel parlamento italiano nel 1994 con il Partito Popolare, dopo un’esperienza a Strasburgo nel parlamento europeo. Nel 1987 era entrata in Parlamento la prima volta insieme a Veltroni, D’Alema e la Turco, ma diversamente da loro Anna Finocchiaro ha deciso di provarci ancora, sarà capolista per il Senato in Puglia e, in caso di vittoria netta in quel ramo parlamentare, magari aspira anche a diventarne il presidente. Franco Marini proverà a mantenere il posto in Senato dall’Abruzzo per la terza legislatura consecutiva, dopo però quattro passate alla Camera (la prima volta nel 1992 nella legislatura considerata la più breve della storia repubblicana italiana).

Continua….

Crisi in Grecia: il baratro che abbiamo sfiorato, forse.

Se ne parla poco in Italia. Chissà perché. Eppure oltre che a servire per fare confronti poco lusinghieri, la drammatica situazione in cui versa il Paese ellenico potrebbe e dovrebbe essere un argomento importante nella campagna elettorale che stiamo vivendo: la Grecia, entrata nel 2009 in una crisi economica senza precedenti, sta cercando a fatica di sopravvivere dando fondo a tutte le sue risorse. Alberi e mobili compresi. I disoccupati hanno raggiunto quota 1,02 milioni, in crescita del 48,7% annuo e del 14% rispetto a ottobre. Sempre oggi è stato pubblicato il dato sulla produzione industriale: a dicembre 2011 l'indice ha segnato un ribasso dell'11,3% rispetto a dicembre 2010.

Ma cosa succede davvero nel Paese che, a detta di molti, ci stava solo precedendo nel baratro?

Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha recentemente rimproverato il disinteresse dell'Europa, ribadendo la necessità che "Bruxelles intervenga a sostegno della Grecia" poichè il debito di Atene "non è sostenibile" senza "trasferimenti diretti nel budget greco da parte della Ue" che "si è impegnata in tal senso a dicembre"

SUl fronte interno il Premier greco Antonis Samaras spinge per l' accelerazione del piano delle privatizzazioni, mentre prosegue anche il suo braccio di ferro con i lavoratori dei mezzi di trasporto pubblico in sciopero anche oggi, per il settimo giorno consecutivo.

E intanto la gente si organizza a vivere con molto meno di quanto aveva prima. Anzi quasi con niente. Atene si risveglia ormai ogni giorno sepolta da una nuvola di smog irrespirabile: il fumo delle migliaia di camini a legna che anche gli ateniesi stanno usando per il riscaldamento, al posto di gas e gasolio che non possono più permettersi perchè hanno toccato cifre da record. Anche gli alberi dei parchi pubblici sono stati presi d'assalto dalla gente per essere bruciati. Uno scenario davvero agghiacciante. Tutta colpa dello spread? Si, e della mancanza di un governo stabile, della demagogia dei politici, delle riforme mancate, del populismo degli estremisti... teniamolo a mente.

lunedì 21 gennaio 2013

Obama come Jfk? Aspettando il discorso di insediamento

ATTUALITA' - Era il  20 gennaio 1961. Un uomo di nome John Fitzgerald Kennedy, comunemente chiamato John Kennedy o solo JFK, dopo aver prestato giuramento come 35° Presidente degli Stati Uniti, pronunciava il suo primo discorso pubblico, nel quale era presente il celebre passaggio rivolto alla gente comune: «Ask not what your country can do for you; ask what you can do for your country» (traduzione: Non chiederti cosa può fare il tuo paese per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese).

Cinquantadue anni dopo, il 21 gennaio 2013, Barack Obama, pronuncerà il discorso di insediamento numero due della sua carriera come Presidente. Il titolo sarà «Faith in America’s Future» (traduzione: Fiducia nel futuro dell’America). Secondo il sito ufficiale dell'evento il Presidente cercherà di dare ai suoi uditori la sua lettura dei difficili anni appena trascorsi e di quelli che verranno,  spostando l'attenzione sul valore, fondante per la società americana, dell'unità. Scontato, dunque, il riferimento al centocinquantenario dell’installazione della celebre Statua della Libertà sul nuovo Capitol Dome nel 1863. Ci si attende un discorso di grande impatto, fatto di realismo e di analisi della situazione attuale e, naturalmente, di grande ottimismo per il futuro.

27 gennaio, Giorno della Memoria, gli eventi del 2013

NEWS DALLA STORIA - “La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.” È la definizione della legge del 20 luglio del 2000 che istituisce anche in Italia il giorno della Memoria.
Era il 27 gennaio del 1945 quando le truppe dell’Armata Rossa, che stavano avanzando verso Berlino, arrivarono alle porte di una piccola cittadina polacca, Auschwitz, scoprendo quello che passerà alla storia come il più terribile campo di concentramento costruito dai nazisti per dare compimento al piano del genocidio degli ebrei.

Quella data è diventata il simbolo dell’olocausto e per questo diversi ordinamenti statali l’hanno presa come data per commemorale e ricordare l’olocausto.

I principali eventi per il giorno della memoria 2013:
Sono diverse le iniziative organizzate dal governo italiano e patrocinante dal “Comitato di Coordinamento per le Celebrazioni in Ricordo della Shoah”

TAVOLA ROTONDA“IL CORAGGIO DI RESISTERE”
Giovedì 24 gennaio 2013 ore 15.30 Sala polifunzionale - Presidenza del Consiglio dei Ministri
Roma, Via Santa Maria in Via 37
“Il coraggio di resistere” è il tema dell’annuale tavola rotonda organizzata per il giorno della memoria. L’introduzione dei lavori sono affidati al Professor Andrea Riccardi, Ministro della Cooperazione Internazionale e dell’Integrazione e dal Presidente dell’Unione Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna con interventi dello storico del Memoriale “Yad Vashem” di Gerusalemme, David Silberklang,, del Direttore della Fondazione Museo della Shoah di Roma, Marcello Pezzetti, e del Direttore del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano, Michele Sarfatti.
Le conclusione saranno affidate a Rav Israel Meir Lau, Rabbino Capo di Tel Aviv-Yafo, ex Rabbino Capo di Israele, Presidente di Yad Vashem e superstite dei campi di sterminio.

MOSTRA “1938-1945. LA PERSECUZIONE DEGLI EBREI IN ITALIA.
DOCUMENTI PER UNA STORIA”
Reggia di Caserta – Biblioteca palatina dal 23 gennaio all’11 febbraio 2013
L’evento si snoda su una serie di 38 pannelli, realizzati dal CDEC, raffiguranti gli eventi nazionali della Shoah e nell’esposizione di oltre 100 documenti originali sulla persecuzione avvenuta in Campania.

PRESENTAZIONE DEL LIBRO: “TESTIMONIANZA MEMORIA DELLA SHOAH A YAD VASHEM”
MILANO 27 gennaio 2013
Il libro, redatto nel 2005, affronta i drammatici eventi legati alla shoah con la ricostruzione della vita dei sopravvissuti.
La presentazione del libro si inserisce nel corso della celebrazione della memoria che si terrà a Milano il 27 gennaio presso il memoriale del Binario 21, in collegamento con il Museo di Yad Vashem

BRUNDIBÁR UN'OPERA PER NON DIMENTICARE
ROMA 23 gennaio 2013 – ore 19.00 Teatro Nazionale
Il 23 gennaio del 1943, nella fortezza Ceca di Theresienstadt, a pochi chilometri a Praga e trasformata in un ghetto, venne rappresentato Brundibár (“Lo strimpellatore”), composta dal musicista ceco Hans Krása.

SPETTACOLO MUSICALE MR. DAGO I BELONG NOWHERE!
ROMA, Auditorium dell’Istituto Centrale per i Beni sonori ed Audiovisivi 28-29 gennaio 2013
Scritto da Marco Bonini e Joe Bologna, musiche di Roberto Colavalle, Regia di Massimo Natale, è la storia di un cabarettista di avanspettacolo italiano-ebreo-antifascista che, dopo la proclamazione delle leggi razziali del 1938, scappa dall’Italia verso il sogno americano di libertà e uguaglianza da dove combatterà il fascismo dal palcoscenico di un nightclub di Little Italy.

Monti, Bersani, Vendola: prove di dialogo

POLITICA - Se anche il leader di SEL, Nichi Vendola, apre ad una eventuale collaborazione nella prossima legislatura con il premier uscente, Mario Monti, le premesse che nel prossimo parlamento ci sia una larga maggioranza che possa lavorare alle riforme strutturali per far ripartire l’Italia dopo anni di stallo ci sono tutte.

Con Monti si può costruire un compromesso importante su quello che sarà il carattere prevalente della prossima legislatura, cioè il carattere costituente.” Sono le parole del Presidente della Puglia intervistato nella trasmissione il Sorpasso su SkyTg24. Vendola chiede al premier uscente autocritica su alcune riforme che potrebbero essere corrette nella prossima legislatura, escludendo un’alleanza organica con i partiti di centro ma la riflessione su alcuni temi (il carattere costituente) su cui si possa lavorare insieme.
Le parole di Vendola arrivano dopo una serie di dichiarazioni di esponenti di centro sinistra che vedono nell’allargamento al centro, dopo le elezioni, una seria possibilità. Il segretario del PD, Bersani, ha dichiarato più volte che, dopo le elezioni e indipendentemente dall’esito del Senato (anche in caso di vittoria netta nei due rami del parlamento), il suo governo aprirà al centro. Ma anche Stefano Fassina, responsabile economico del PD, in una recente intervista a Libero, parla della possibilità di un’apertura a Monti dopo le elezioni.

Naturalmente Monti non si considera una stampella ad un eventuale governo Bersani, come più volte dichiarato autorevolmente dal ministro Riccardi, ma il suo contributo nella prossima legislatura, nel caso di vittoria di Bersani, potrebbe essere non solo importante, ma determinante.

Se diamo credito ai sondaggi che nelle ultime settimane imperversano nei media, la partita elettorale si giocherà quasi esclusivamente su alcune regioni chiave e solo per il Senato. Con il porcellum infatti, con la coalizione guidata da Bersani nettamente in testa ai sondaggi e con il premio di maggioranza alla camera, il voto al Senato è fondamentale, soprattutto in quelle regioni che oggi appaiono in bilico per l’esito.
Naturalmente se Bersani avesse la maggioranza anche a Palazzo Madama, l’apertura ai centristi sarebbe un gesto di responsabilità nazionale, finalizzato ad una convergenza sulle riforme costituzionali e strutturali indispensabili per il rilancio economico e sociale del Paese. Si porterebbero a compimento le riforme del governo Monti, magari corrette in alcune parti (l’IMU progressiva, la risoluzione del problema degli esodati, le correzioni sul mercato del lavoro).

Nel caso in cui Bersani non avesse una maggioranza autonoma, l’allargamento al centro sarebbe indispensabile per la formazione di un governo. In entrambi i casi il compito di Bersani resterà quello di far convivere, nella stessa maggioranza, due anime molto diverse, quella liberale di Monti con quella più a sinistra della sua coalizione. Molto dipenderà anche da Monti, che potrà decidere di non entrare direttamente nel governo concedendo l’appoggio esterno: avrebbe così la possibilità di contrattare molto più facilmente sui temi da mettere in agenda e magari la conferma di alcuni ministri uscenti nel prossimo governo, per dare un segno di continuità.

Se il prossimo governo si occuperà seriamente dell’Italia puntando su sviluppo economico, green economy, flessibilità del lavoro coniugata ad una maggiore sicurezza e allargamento dei diritti del lavoratore, lotta al precariato e alla disoccupazione (soprattutto giovanile), lotta all’evasione fiscale e mettendo al centro dell’agenda governativa anche i temi sociali come lotta alla disuguaglianza e alla povertà, riforma del sistema carcerario (ormai congestionato), leggi sull’immigrazione (magari ripensando lo ius sanguinis concedendo la cittadinanza ai bambini nati in Italia da genitori stranieri), entreremo finalmente e definitivamente nella terza repubblica.

venerdì 18 gennaio 2013

Cambiare l'Italia, riformare l'Europa, on-line il nuovo sito dell'Agenda Monti


POLITICA - "Stufo di stare a guardare? Sali in politica. Libera le tue energie e partecipa all'Agenda Monti". Con questo invito il visitatore viene accolto nel sito, fresco di pubblicazione, dedicato ai temi dell'Agenda Monti (raggiungibile all'indirizzo www.agenda-monti.it).

Dopo il lancio dell'Agenda a fine dicembre, in molti si erano chiesti come avrebbe fatto Mario Monti a renderla fruibile al vasto pubblico visto che il sito risultava un po' scarno ed il materiale era stato pubblicato solamente in pdf. Nei giorni scorsi il lancio del nuovo sito. E sarebbe una forzatura non dire che si rimane colpiti dalla chiarezza editoriale della nuova piattaforma, curata dalla sezione Emilia Romagna di Italia Futura. Una grafica pulita e gradevole concentra praticamente tutta l'attenzione sulla raccolta delle "proposte" dei cittadini sui temi declinati dall'agenda: Ambiente, Cultura, Economia, Energia, Europa, Fisco, Giovani, Giustizia, Infrastrutture, Lavoro, Mobilità, Ricerca, Sanità, Scuola, Sociale, Terzo settore, Turismo, Università.

Chiunque può contribuire leggere l'Agenda, la cui lettura è stata resa più agevole con una divisione per temi e capitoli: così troviamo, tra le più votate, la proposta di superare il modello classe nelle scuole superiori per adottare il sistema ateneo, oppure l'assegnazione di un "bonus points" agli esercenti che incentivano le transazioni elettroniche al fine di combattere l'evasione fiscale. O ancora, sempre su questo filone, la proposta di rendere detraibili le spese per famiglia/lavoro/casa effettuate tramite pagamenti elettronici.

Il sito offre anche la possibilità di partecipare ai lavori di gruppo, conoscere coloro che stanno inviando contributi e proposte ed essere sempre aggiornati sugli eventi di Scelta Civica in giro per il Paese.

"E se ognuno fa qualcosa allora si può fare molto", un ricordo di Don Puglisi a Torino


NEWS DALLA STORIA - Padre Puglisi fu ucciso il 15 settembre 1993 davanti alla sua parrocchia nel centro di Palermo, condannato a morte dai boss mafiosi per il suo impegno contro la criminalità organizzata: la sua coerenza personale, l'insistenza sull'educazione dei giovani alla legalità e la capacità di motivare altri a questo impegno lo avevano reso un "nemico" da eliminare al più presto, per riportare il pieno controllo della criminalità sul territorio. Quando quella sera di vent'anni fa i due killer gli si avvicinarono con la pistola in pugno, padre Puglisi sorrise ai suoi uccisori e disse: «Me l'aspettavo». Il prossimo 25 maggio sarà celebrata a Palermo la sua beatificazione.

 "E se ognuno fa qualcosa allora si può fare molto. Padre Puglisi tra spiritualità e impegno civile” è il titolo dell’incontro che si svolge domani alle 20,45 alla Fabbrica delle E del capoluogo piemontese, organizzato da Movimento ecclesiale di Impegno culturale (Meic) di Torino, Libera Piemonte, Azione cattolica e Il Nostro Pianeta, con la collaborazione di Abitare la terra, ACLI Torino, Agesci zona Torino, Centro Studi Bruno Longo, CISV, FUCI, GIOC, Ufficio per la pastorale degli universitari della diocesi di Torino.

Venerdì 18 gennaio 2013, alle 20.45,
Fabbrica delle E, in corso Trapani 91/b
"E se ognuno fa qualcosa allora si può fare molto"
Padre Pino Puglisi tra spiritualità e impegno civile
Interviene
don Luigi Ciotti, presidente di Libera - Associazioni, nomi e numeri contro le mafie


mercoledì 16 gennaio 2013

E' morto Leon Leyson, il bambino della lista di Schindler


NEWS DALLA STORIA - Leon Leyson, il più giovane dei 1.100 ebrei salvati dalla furia nazisti grazie all'industriale tedesco Oskar Schindler, è morto nel sud della California all'età di 83 anni.

Leyson ne aveva solo 10 anni quando la Germania invase la Polonia nel 1939. Sei mesi più tardi, la sua famiglia fu spedita nel ghetto di Cracovia. Una volta, ha ricordato Leyson al Times nel 1994, un commando delle SS circondò  il ghetto. Lui e alcuni altri ragazzi si nascosero nel sottotetto di un edificio accanto al loro appartamento. La madre di Leyson riuscì ad unirsi a loro mentre quella di un altro ragazzo fu deportata.

Leyson ha perso due fratelli, inghiottiti dalla follia nazista. Il più grande si era rifugiato nel paesino natale e lì ha trovato la morte insieme al resto degli abitanti, circa 500 persone trucidate dalle SS. L'altro, che aveva 16 anni, è stato deportato in un campo di concentramento.

Leyson a soli 13 anni fu selezionato come operaio e inviato alla fabbrica di Schindler, che lo salvò inserendolo nella famosa lista degli operai "necessari" per la produzione nei suoi stabilimenti. "Little Leyson", come era conosciuto in fabbrica  dopo la fine della guerra era emigrato negli Stati Uniti, dove ha insegnato presso la Scuola Huntington Park High per 39 anni.

Leyson raramente ha parlato delle sue esperienze. "La verità è che non ho vissuto la mia vita all'ombra dell'Olocausto. Non ho dato ai miei figli un'eredità di paura. Ho dato loro un retaggio di libertà."

Tuttavia nel 1993, dopo il successo del film "Schindler's List" maturò la decisione di raccontare pubblicamente la sua storia, iniziando un ciclo di conferenze in giro per Stati Uniti e Canada.

"Ogni volta che raccontava la sua storia non ha mai usato appunti scritti, non ha mai detto le stesse cose. Le sue parole sono sempre venute dal cuore e non dalla testa", ha detto Marilyn Harran, suo amico e professore di studi religiosi alla Chapman University.

Leyson e Schindler si sono incontrati per l'ultima volta nel 1974. Leon, come ha confermato ai media la figlia Stacy, è morto nella sua casa in California, dopo quattro anni di lotta contro il cancro.

Prospero Gallinari è morto con i suoi segreti

NEWS DALLA STORIA -Succede sempre così. Quando ci lascia uno dei personaggi che, nel bene e nel male, hanno segnato una parte della nostra storia, è facile che porti con sé i suoi segreti, veri e presunti. Accade puntualmente anche in questi giorni, dopo che il corpo senza vita di Prospero Gallinari è stato rinvenuto nel garage della sua abitazione a Reggio nell'Emilia il 14 gennaio 2013 all'età di 62 anni. Il decesso, con ogni probabilità determinato da un malore improvviso, ha riaperto una ferita antica, quella del sequestro e dell'uccisione di Aldo Moro. Cosa aveva da dirci ancora Gallinari?
Per anni si è parlato di lui come dell'esecutore materiale dell'uccisione di Moro. Noto anche come il fantomatico "ingegner Altobelli", l'uomo che affittò l'appartamento di via Montalcini e che passò a Mario Moretti la pistola per finire lo statista dopo l'inceppamento della mitraglietta, Gallinari venne discolpato dall'esecuzione materiale nel 1993 da Mario Moretti, che in un libro-intervista con Rossana Rossanda e Carla Mosca si assunse la responsabilità del gesto.

Sempre nel 1993 Gallinari riuscì ad uscire dal carcere per motivi di salute, legati in particolare a seri problemi cardiaci che lo avevano segnato da tempo. Già nel 1983 infatti, durante le fasi del processo di primo grado per la morte di Moro, venne colpito da due crisi cardiache. Dopo un'ulteriore operazione nel 1997, la sospensione della pena per le precarie condizioni di salute.

Nel marzo 2006 esce per Bompiani Un contadino nella Metropoli, libro di memorie scritto di pugno da Gallinari fornendo il suo punto di vista, decisamente radicale, sulle ragioni, e sugli avvenimenti in cui le Brigate Rosse sono state protagoniste Riportiamo un breve e significativo estratto dal suo libro:

"Il 24 settembre abbiamo appuntamento con una parte del nucleo a pranzo, in una trattoria, per discutere le ultime cose. Informo i compagni che la sera prima Mario mi ha chiamato da un porto italiano e sta risalendo l’Adriatico verso Venezia. Dovremo poi organizzarci per andare a recuperare le armi che ha portato. Ma intanto pensiamo al lavoro che dobbiamo fare domani.[...] Cambiare le targhe è un lavoro banale, basta trovare un buco dove non ti vedono. Ma la zona non è buona. C’è un bar nelle vicinanze del luogo in cui abbiamo parcheggiato le macchine e c’è della gente fuori. Ci spostiamo di duecento metri e dopo Porta Metronia troviamo uno spazio nel quale riusciamo a infilarci. io dovrei fare la copertura da una certa distanza agli altri incaricati della sistemazione delle targhe, ma subentrano complicazioni con le viti che non vogliono staccarsi… Decido di mettermi a svitarle io. Quando sento la sirena, la macchina della polizia ce l’ho già addosso. In quelle occasioni la reazione è spontanea, correre in sè non servirebbe a niente. Cercando di restare coperto dall’automobile sulla cui targa stavo lavorando, estraggo la pistola e comincio a sparare. Intanto mi guardo attorno e cerco di ragionare. La volante della polizia ce l’ho di fronte e mi ostruisce l’accesso a una strada secondaria che vorrei guadagnare per la fuga, perché mi sembra stretta e contorta.
Sparo così contro la macchina per costringerla a spostarsi lasciarmi il via libera. Termino un caricatore e cerco di estrarre il secondo dalla cintura dei pantaloni. E lì si spegne la luce."

Con lui, contadino nella metropoli, forse si spegne davvero l'ultima luce che poteva illuminare quei tragici fatti.

martedì 15 gennaio 2013

Rapporto sulla povertà di Roma e Lazio fatto dalla Comunità di Sant’Egidio.

ATTUALITA' -Questa mattina alla Camera di Commercio di Roma è stato presentato il Rapporto sulla povertà di Roma e Lazio fatto dalla Comunità di Sant’Egidio.

Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio, spiega, presentando il rapporto: “Questo rapporto nasce dalla constatazione che la povertà, i poveri , sono persone, non solo numeri. Se si conoscono queste persone e le loro situazioni” prosegue Marazziti “si può arrivare a immaginare una serie di proposte di soluzione. I dati presenti nel rapporto vogliono rappresentare un contributo alla individuazione di soluzioni, e sono rivolti a imprenditori, amministratori, politici, a tutti coloro che possono aiutare a elaborare risposte ai problemi che sorgono per la crisi economica.”

La Famiglia:
Rappresenta il più grande ammortizzatore sociale, arrivando dove non riesce lo stato. Copre, con oltre 20 miliardi di euro, le carenze economiche dei membri che la compongono. “E’ per questo che serve una seria politica di sostegno alla famiglia” incoraggia il rapporto.

Le donne:
Nel 2012 molte donne con un figlio e precedentemente occupate hanno faticato a ritrovare un posto di lavoro.  Il 33,7% delle donne tra i 25 e i 54 anni non percepisce nulla. incrementati benefits per le donne single con figli.

Il tessuto sociale e l’isolamento:
Un dato che salta agli occhi è il moltiplicarsi di famiglie composte da una sola persona. Nel 1994 il 26% delle famiglie laziali (529 mila su 2.009.000) erano composte da un unico componente, nell’ultimo dato rilevato, il 2010, le famiglie composte da un unico componente sono arrivate a 769 mila (32.5% del totale), 4 punti percentuali in più rispetto alla media nazionale. Il 59% di queste famiglie sono fatte da donne sole.

Gli anziani:
Una solitudine che colpisce prevalentemente la popolazione anziana della regione. Uno studio condotto dalla Comunità di Sant’Egidio su 7RSA della regione emerge che uno dei fattori fondamentali per il ricovero è la solitudine (il 35% era, per esempio, celibe/nubile) e l’assenza dei figli su cui far affidamento.

La Casa:
La casa è sicuramente un fattore determinante per lo studio della povertà. Il Lazio, dopo Lombardia ed Emilia Romagna, è la regione con il più alto tasso di sfratti. A Roma, se venisse confermato il trend dei primi sei mesi del 2011, verrà superata la soglia di duemila sfratti, confermandosi, per il terzo anno consecutivo, la città con il più alto tasso di sfratti in Italia.
Quasi la metà degli sfratti è legata alla profonda crisi economica ed occupazionale (24% degli sfratti il percettore ha perso il posto di lavoro e nel 21% si trova a essere in cassa integrazione).

Disabili:
Secondo i dati Eurostat la spesa pubblica italiana per la disabilità è dell’1,6 del Pil, largamente inferiore a quanto speso nei Paesi dell’Unione Europea
La priorità, secondo il rapporto, sarebbe quello di integrare, magari con l’inserimento nel mondo del lavoro. Ma, secondo i dati forniti dall’ISFOL, in Italia, gli inserimenti nel mondo del lavoro, sono passati da 31.535 del 2007 a 20.830 nel 2009.

Carcere:
Altro punto delicato è la situazione carceraria. Al 31 marzo 2012 i detenuti nei 206 carceri italiane erano presenti 66.695 (per una capienza di 45.743). Nel Lazio c’erano 6.873 detenuti (per una capienza di 4.838), il 10,31% del totale nazionale.
Rispetto al 31 marzo 2011 c’è stata una diminuzione di 905 detenuti, nel  Lazio erano 6.576 con una diminuzione di 297 unità, più della metà della popolazione carceraria laziale è a Roma: 3.665 detenuti (3.297 uomini e 368 donne.
C’è però un serio problema di reinserimento nella società, magari, suggerisce il rapporto, con un  potenziamento dell’accesso al lavoro interno ed esterno.