lunedì 21 gennaio 2013

Monti, Bersani, Vendola: prove di dialogo

POLITICA - Se anche il leader di SEL, Nichi Vendola, apre ad una eventuale collaborazione nella prossima legislatura con il premier uscente, Mario Monti, le premesse che nel prossimo parlamento ci sia una larga maggioranza che possa lavorare alle riforme strutturali per far ripartire l’Italia dopo anni di stallo ci sono tutte.

Con Monti si può costruire un compromesso importante su quello che sarà il carattere prevalente della prossima legislatura, cioè il carattere costituente.” Sono le parole del Presidente della Puglia intervistato nella trasmissione il Sorpasso su SkyTg24. Vendola chiede al premier uscente autocritica su alcune riforme che potrebbero essere corrette nella prossima legislatura, escludendo un’alleanza organica con i partiti di centro ma la riflessione su alcuni temi (il carattere costituente) su cui si possa lavorare insieme.
Le parole di Vendola arrivano dopo una serie di dichiarazioni di esponenti di centro sinistra che vedono nell’allargamento al centro, dopo le elezioni, una seria possibilità. Il segretario del PD, Bersani, ha dichiarato più volte che, dopo le elezioni e indipendentemente dall’esito del Senato (anche in caso di vittoria netta nei due rami del parlamento), il suo governo aprirà al centro. Ma anche Stefano Fassina, responsabile economico del PD, in una recente intervista a Libero, parla della possibilità di un’apertura a Monti dopo le elezioni.

Naturalmente Monti non si considera una stampella ad un eventuale governo Bersani, come più volte dichiarato autorevolmente dal ministro Riccardi, ma il suo contributo nella prossima legislatura, nel caso di vittoria di Bersani, potrebbe essere non solo importante, ma determinante.

Se diamo credito ai sondaggi che nelle ultime settimane imperversano nei media, la partita elettorale si giocherà quasi esclusivamente su alcune regioni chiave e solo per il Senato. Con il porcellum infatti, con la coalizione guidata da Bersani nettamente in testa ai sondaggi e con il premio di maggioranza alla camera, il voto al Senato è fondamentale, soprattutto in quelle regioni che oggi appaiono in bilico per l’esito.
Naturalmente se Bersani avesse la maggioranza anche a Palazzo Madama, l’apertura ai centristi sarebbe un gesto di responsabilità nazionale, finalizzato ad una convergenza sulle riforme costituzionali e strutturali indispensabili per il rilancio economico e sociale del Paese. Si porterebbero a compimento le riforme del governo Monti, magari corrette in alcune parti (l’IMU progressiva, la risoluzione del problema degli esodati, le correzioni sul mercato del lavoro).

Nel caso in cui Bersani non avesse una maggioranza autonoma, l’allargamento al centro sarebbe indispensabile per la formazione di un governo. In entrambi i casi il compito di Bersani resterà quello di far convivere, nella stessa maggioranza, due anime molto diverse, quella liberale di Monti con quella più a sinistra della sua coalizione. Molto dipenderà anche da Monti, che potrà decidere di non entrare direttamente nel governo concedendo l’appoggio esterno: avrebbe così la possibilità di contrattare molto più facilmente sui temi da mettere in agenda e magari la conferma di alcuni ministri uscenti nel prossimo governo, per dare un segno di continuità.

Se il prossimo governo si occuperà seriamente dell’Italia puntando su sviluppo economico, green economy, flessibilità del lavoro coniugata ad una maggiore sicurezza e allargamento dei diritti del lavoratore, lotta al precariato e alla disoccupazione (soprattutto giovanile), lotta all’evasione fiscale e mettendo al centro dell’agenda governativa anche i temi sociali come lotta alla disuguaglianza e alla povertà, riforma del sistema carcerario (ormai congestionato), leggi sull’immigrazione (magari ripensando lo ius sanguinis concedendo la cittadinanza ai bambini nati in Italia da genitori stranieri), entreremo finalmente e definitivamente nella terza repubblica.

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