POLITICA - «Ilda Boccassini conti fino a tre prima di parlare. Mi basta sapere cosa pensava di lei Borsellino e cosa pensava di me». Sono le parole di Antonio Ingroia, candidato premier per Rivoluzione Civile, in risposta alle esternazioni del magistrato milanese che lo aveva accusato di un riferimento indebito al nome di Falcone in un suo recente intervento. «Non è un caso che quando Falcone iniziò la sua attività di collaborazione con la politica — aveva detto Ingroia — le critiche peggiori giunsero dalla magistratura. È un copione che si ripete».
«Contino entrambi fino a trenta e lascino fuori mio fratello, Paolo». «Non usi il nome di mio fratello Giovanni per fare politica». Così invece si inseriscono nella polemica i parenti di Falcone e Borsellino.
Ma cosa succede? La scelta di entrare in politica non può essere mai messa in discussione. Qualunque cittadino, ogni esponente della società civile né ha ben diritto. Il ragionamento, vera e propria mission della neonata Lista Monti "Scelta Civica" e del Movimento 5 Stelle di Grillo, vale certo anche per l'ormai ex-magistrato Ingroia. E allora perché tante polemiche? Proviamo a darne conto brevemente, anticipando subito la nostra idea: il problema sta tutto nel non tirare in ballo persone che non possono più manifestare la propria opinione, vedi Falcone e Borsellino. Succede così che alle parole di Ingroia in tanti sentano il dovere di rispondere al posto loro: dal «si vergogni», un po' forte per la verità, della Boccassini, al «paragone fuor d’opera»,dell’ex capo della Dna, neocandidato pd, Pietro Grasso, tirato in ballo anche lui da Ingroia («a lui che ha avuto un incarico nazionale molto più importante del mio nessuno lo rimprovera nulla»). E anche il collega Stefano Dambruoso, candidato con Lista Civica di Monti, rimarca la «caduta di stile». «Falcone non fece mai politica», afferma netto Roberto Saviano. «Sbaglia Ingroia a lacerare l’antimafia», è invece l'opinione di Nichi Vendola. Più attente le parole del ministro Riccardi: "'Credo che figure come Falcone o Borsellino, ma anche altri meno conosciuti, come il cronista Mario Francese del Giornale di Sicilia, ammazzato perché svelava il volto della mafia, siano eroi nazionali. Farei attenzione a paragonarsi a figure del passato, credo che strumentalizzare gli eroi non sia una bella cosa da fare”. A chiudere, speriamo, la sterile polemica, sono giunte opportune le parole del ministro della Giustizia, Paola Severino: «Capisco che in campagna elettorale si usino dei toni alti, mi piacerebbe che nelle campagne elettorali si usassero dei toni più costruttivi, più programmatici e pacati».
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