MONDO - 19 febbraio 2014: 25 morti in Ucraina. La dura crisi
politica che sconvolge da mesi il paese dell’Europa orientale è arrivata a una
tragica svolta, tanto che molti già hanno iniziato a descriverla come una
guerra civile. Un incubo che ritorna, quello del conflitto fratricida, che
pensavamo finito insieme alla ex Iugoslavia, almeno nel nostro piccolo e
sviluppato continente. Purtroppo, la fine della Guerra Fredda ha lasciato tanti
problemi e tante contraddizioni irrisolte nel mondo ex sovietico.
L’Ucraina, dopo la dissoluzione dell’URSS e l’indipendenza,
si è mossa verso la democrazia, ma non completamente. Buona parte della nomenklatura
dell’era sovietica è rimasta al suo posto, oppure ha lasciato posizioni di
potere politico per impadronirsi di banche e aziende. L’unica cosa alla quale
hanno rinunciato i grandi del paese è la dottrina comunista: gettata via come
un vestito vecchio, e sostituita dal pensiero unico del liberismo. Cambiare
perché nulla cambi diceva il Principe di Salina nel celebre romanzo Il
Gattopardo. Il Principe ha trovato degli emuli anche molto lontano dalla
Sicilia.
Questo cambiamento di facciata ha scontentato molti
cittadini. Ha scontentato i meno abbienti, che con la rapida conversione al
liberismo si sono trovati privi dei diritti dello stato socialista e
completamente spaesati. Ha scontentato coloro che avevano sempre lottato contro
il regime sovietico e dal suo crollo si erano aspettati un completo ricambio politico.
Da molti anni, in modo più o meno forte, i cittadini ucraini protestano
sperando in una vera evoluzione democratica e uno degli “eroi moderni” del
popolo ucraino è quella Yulia Timoschenko che è stata perseguitata con le
solite, banali, accuse di corruzione (in tutti i paesi liberticidi i leader
politici sgraditi sono colpiti da questo genere di accuse).
Anche in politica estera il cambiamento è stato solo di
facciata. Dichiarazioni contro il terrorismo islamico, reparti di “cosacchi”
inviati in Iraq insieme ai militari occidentali, ma nessuna intenzione di
entrare nella NATO. Entrando nell’Alleanza Atlantica, come Polonia ed altri
paesi dell’est, sarebbe diventato possibile anche candidarsi a entrare nella UE
con tutti i vantaggi che questo può comportare per un paese ancora
relativamente povero come l’Ucraina.
Ha sicuramente pesato, in queste scelte, l’influenza della
Russia. L’Ucraina è un paese con risorse energetiche insufficienti ed importa
gas dal potente paese vicino, che punta su questo per condizionarne la
politica.
Questo antipatico atteggiamento della Russia ha però destato
un secondo elemento di tensione nel paese: il nazionalismo. L’Ucraina, infatti,
non è solo un paese con un deficit di libertà e di giustizia, è anche un paese
culturalmente composito. Etnicamente, gli ucraini sono un solo popolo, tuttavia
il territorio è profondamente diviso secondo l’asse est-ovest. A occidente, ci
sono ucraini che hanno vissuto nel passato a contatto con polacchi, tedeschi,
romeni. Sono quindi più aperti alla mentalità occidentale, un numero rilevante
di essi segue il cattolicesimo. Nella metà orientale del paese, invece, i
legami con la Russia sono molto più stretti, tanto che molti ucraini dell’est
sono ortodossi ed usano la lingua russa insieme a quella ucraina.
Profonde, tra queste due metà, le divergenze di opinione
sulla Russia e sul ruolo della Russia nella storia dell’Ucraina. A ovest si
vedono i russi come dominatori, oppressori, e quasi si considerano degli eroi
quegli ucraini che durante il conflitto mondiale si batterono con Hitler contro
Stalin. A est, il pensiero della gente è invece molto amichevole rispetto ai
russi anche perché proprio il territorio di Kiev, capitale dell’Ucraina è
quello dove è nato il primo stato russo. Si può dire, anzi è opinione corrente
lì, che l’Ucraina sia stata la culla della Russia. Forse il paragone è
inquietante, se si pensa che anche i serbi hanno sempre sostenuto la stessa
cosa a proposito del Kosovo.
A questo quadro già complesso si aggiunge la particolarità
della Crimea, una penisola finita in Ucraina per scelta del presidente
sovietico Kruschev e che, potendo, preferirebbero autodeterminarsi. La
popolazione della Crimea, di ceppo turco, è infatti tradizionalmente
filo-russa. E l’importanza strategica di questo territorio è notevole, perché
proprio in Crimea si trova la base della flotta russa del Mar Nero.
Navi e gas: i due aspetti che rendono la sorte dell’Ucraina
decisiva per i governi di molti paesi. Non a caso poche settimane fa è
scoppiato un piccolo scandalo sulle affermazioni di un alto esponente del
Dipartimento di Stato americano circa l’evoluzione degli avvenimenti in Ucraina
ed il ruolo dell’Unione Europea. Come al solito, mentre le persone muoiono i
politici fanno i loro calcoli.
Noi “comuni mortali” non possiamo fa altro se non pregare e
sperare che la situazione non degeneri ulteriormente, ma che anzi si arrivi a
uno stop delle violenze ed a una soluzione politica. Forse le dimissioni del
Presidente Yanucovich, esponente di spicco della elite conservatrice,
potrebbero rasserenare gli animi e riportare il confronto a una normale
campagna elettorale. Ciò è però difficile, perché nuove elezioni forse appaiono
insufficienti, per la popolazione che protesta. Infatti la storia recente a
dimostrato che vincere le elezioni non porta a nessun risultato concreto se
esiste un blocco di potere autoreferenziale (esteso dalla magistratura, ai
media, alle grandi aziende statali) che impedisce ogni concreto cambiamento.
Alessio Mammarella
1 commento:
Articolo bello ed interessante.. Ma i tartari non sarebbero mai stati con i turchi.. è l'autodeterminazione della Crimea non è mai stato un problema
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