questa non me la dovevi fare. Chi ti scrive si definisce un
elettore di centrosinistra, vicino al Pd, partecipante a quasi tutte le
Primarie. Chi ti scrive non ti ha votato alle ultime Primarie, anzi, per deimotivi aveva scelto di astenermi. I
101, la gestione Cancellieri, il Governo col pregiudicato.
Non posso dire di essere un tuo fan o un tuo ammiratore, non
ho fatto il tifo per te, ma ho preso atto della tua brillante vittoria alle
primarie, e comunque guardavo a te con interesse e curiosità, perfino con un
po’ di speranza. Immaginavo che il vento di novità da te rappresentato potesse
comunque portare un cambiamento positivo all’interno del partito.
Insomma avevo nei tuoi confronti un sentimento ambiguo: se
da un lato avrei sperato in una leadership del Pd più orientata verso sinistra,
dall’altro apprezzavo la tua volontà manifesta di un cambiamento strutturale
del Partito, un rinnovamento che potesse fare piazza pulita delle tremila
correnti del Partito Democratico.
Mi ero comunque detto, ora c’è Renzi, ha vinto,
giudichiamolo coi fatti. E, ti dico, Matteo, fino a ieri le tue azioni mi
stavano convincendo. Finalmente un leader del Pd dinamico, spigliato, capace di
proporre e non inseguire le proposte di B. Finalmente un leader capace di
parlare in televisione con un linguaggio dinamico e comprensibile. Poi, le
proposte, anche se abbozzate, sullo Job Act, la proposta di una nuova legge
elettorale, vero, fatta insieme a Berlusconi, ma a mio parere una legge che
avrebbe garantito in futuro maggioranze stabili.
Matteo, tutto lasciava pensare ad un tuo sostegno al Governo
Letta, per il tempo necessario a realizzare le due-tre riforme urgenti per il
paese, per poi andare al voto nel 2015, e, speravo, in una tua netta vittoria a
capo di una coalizione comprendente Sel e parte del Centro. Dal 2015, con le
tue idee, la tua maggioranza, la tua squadra, con la possibilità di uno shock generazionale
che, speravo, potesse aiutare il paese a liberarsi da vent’anni di declino
morale ed economico del Paese.
Invece, Matteo, te lo dico, mi hai profondamente deluso. Non
ho capito le motivazioni che hanno portato alla rimozione di Enrico Letta.
Anzi, mi spiego meglio, concordo con te, il Governo Letta per tanti motivi è
debole ed incapace di una azione forte, ma a mio parere, i tanti motivi, si
chiamano Alfano, Giovanardi, Lupi (per fare solo alcuni esempi). Ritengo che
Letta abbia operato in condizioni politiche veramente difficili (infatti all’ex
premier va tutta la mia stima umana e personale), e che se non è riuscito ad
incidere come avrebbe voluto è proprio per le difficoltà generate da un Governo
nato male, tra forze estranee. Mi chiedo, perché dovresti essere più capace di
Enrico Letta, se i tuoi alleati resteranno gli stessi?
Avrei capito il cambio di Premier se avesse significato un
cambio di coalizione. Partiti diversi con un leader diverso, ma in queste
condizioni faccio fatica a capirne la logica.
Aggiungo, e questa per me è la motivazione più grave. Da
anni ci parli di una nuova politica, di un Partito Democratico che deve
superare la logica delle correnti, di un partito non chiuso nelle stanze di
Roma ma legato al territorio, e cosa fai? Mi scalzi Enrico con una manovra di
Partito, nei palazzi di Roma, nel chiuso delle segrete stanze! Speravo il tuo partito potesse essere diverso
da quello dei 101 che hanno affossato Prodi, prendo atto invece che il tuo
partito è capace di sfiduciare il proprio Premier, nonché persona di rilievo
all’interno del Partito.
Poi, per favore, Matteo, risparmiaci le frasi fatte sul
sacrificio, le citazioni dell’Attimo Fuggente, le frasi stucchevoli sul senso
di responsabilità.
Ciò detto, ti faccio i miei migliori auguri, non tanto a
livello personale, ma perché comunque amo questo paese, ne diventerai il
Premier, spero per l’Italia che tu possa riuscire a realizzare i tuoi progetti,
se calerà la disoccupazione ne sarò felice, se le cose ti andranno bene sarò
felice per il mio paese. Ma ho forti dubbi tu possa riuscire in una efficace
azione di Governo dovendo mediare ogni singolo provvedimento con Schifani e
Giovanardi.
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