mercoledì 18 dicembre 2013

Renzi, il lavoro e l'Articolo 18

POLITICA - Il neo segretario del Pd Matteo Renzi si appresta a presentare un Piano Nazionale per il rilancio dell’occupazione.
In Italia esiste una emergenza chiamata disoccupazione. Al di là di ogni simpatia politica, è chiaro a tutti che se non riparte l’occupazione, difficilmente il Paese saprà ritrovare la strada della crescita e dello sviluppo. Il tasso di disoccupazione varia nei mesi tra il 12 e 13%, mentre quella giovanile negli ultimi mesi supera quota 35%.
A questo aggiungiamo che all’incirca in Italia su due persone che lavorano, una ha un contratto a tempo indeterminato, un altro rientra nella grande famiglia del lavoro precario o atipico, famiglia a sua volta composta da precari con alcune garanzie (penso ai contratti a tempo determinato) ed altri che non he hanno quasi nessuna (il mondo dei co.co.pro per capirci i lavoratori del call center, i commessi di Mc Donald’s).
Per comodità di lettura, chiamerò da ora atipici tutti i lavoratori facenti parte della grande famiglia del precariato.
Se il precariato è una realtà per tutti, lo è ancor più per i giovani. Ho trentatre anni, e il numero dei miei amici o conoscenti che ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato è veramente basso, ovviamente non sono un caso particolare ma è una realtà ben chiara a tutti. Sintetizzando oggi un giovane o non lavora, o se è fortunato è precario.
Cosa propone il nuovo Segretario del Pd?
Premesso che la materia è complessa e che prima di giudicare andrebbe letto il testo completo, l’idea di fondo, a quanto si sa, è quello di introdurre un contratto a tempo indeterminato per i neoassunti, che non prevede la tutela dell’articolo 18 (reintegro o indennizzo in caso di licenziamento illegittimo): in questo caso sarebbe eliminato il reintegro e resterebbe solo l’indennizzo. L’articolo 18 sarebbe ancora valido per i contratti in essere, ma anche per i nuovi contratti, in alternativa a quelli «flessibili» che si vogliono introdurre.
La soluzione, dunque (vicina alla vecchia proposta Ichino), è quella di un contratto indeterminato di inserimento, «alternativo non al tradizionale contratto a tempo indeterminato, che rimane, ma al precariato». In sintesi, assumere tutti con un contratto a tempo indeterminato, ma con possibilità di licenziamento.
Premesso che in linea teorica sono contrario ad ogni forma di precariato, premesso che nel 2001 ero uno dei tre milioni in piazza con Cofferati e la Cgil in difesa dell’articolo 18, confesso che l’impatto con il mondo del lavoro mi ha in parte fatto cambiare idea.
Per me è inaccettabile la disparità di diritti che si è venuta a creare tra gli stessi lavoratori. In una grande azienda possiamo avere dipendenti che, giustamente, hanno diritto alla maternità, a permessi e congedi, ed altri che pur svolgendo le stesse mansioni non hanno gli stessi diritti.  Mi permetto di dire che,  se è sbagliato e pericoloso togliere diritti a chi li ha faticosamente conquistati, è pur vero che spesso le organizzazioni sindacali sono compatte nel difendere i diritti acquisiti, mentre con meno forza chiedono tutele per i lavoratori atipici.
Poi, non voglio generalizzare ma neanche nascondere la realtà, per molti il posto fisso coincide con permessi, leggi 104, malattie continue e frequenti, tassi di assenteismo elevati. Si hanno esempi di persone sanissime con contratto atipico che improvvisamente diventano gravemente ammalate appena raggiunto il posto fisso. Sempre generalizzare, c’è indubbiamente chi abusa delle  numerose tutele e garanzie che lo Statuto dei Lavoratori ha concesso negli anni ai lavoratori. Questo stride col quadro spesso drammatico del lavoro atipico dove di diritti se ne hanno pochi, dove raramente quanto scritto sui contratti coincide con la realtà effettiva delle cose.
Il Governo Monti con la Riforma Fornero ha provato a rendere meno convenienti per le aziende le assunzioni a tempo determinato, ma non ha apportato a mio parere elementi convenienti per le stesse per assumere a tempo indeterminato. Insomma, la Legge Fornero è stata un clamoroso errore (commesso, mi permetto di dire, da persone che col lavoro quotidiano dei giovani avevano davvero poca dimestichezza) ed i risultati si sono visti in negativo.
Il Governo Letta ha in parte corretto gli effetti disastrosi della Legge Fornero rendendo di nuovo agevoli le assunzioni a tempo determinato, ha in parte provato ad incentivare le assunzioni a tempo indeterminato per i giovani ma con risultati per ora davvero modesti,  a mio parere per due motivi: una legislazione veramente complessa (le aziende, per avere accesso ai benefici economici dovevano assumere under 30, del sud, con famiglia a carico, senza aver svolto altri lavori etc…) e per la scarsità delle risorse che il Governo ha stanziato per la lotta alla disoccupazione.
Forse allora la strada di un contratto a tempo indeterminato per i neo assunti, ma senza la rigidità dell’articolo 18 potrebbe essere una strada da seguire. Ovviamente andrebbe legato a questo discorso un meccanismo tutelativo nei confronti di chi non ha un lavoro o di chi lo perde. Si potrebbe provare quella che i paesi scandinavi chiamano flexicurity, dove in sostanza la tutela è della persona e non del posto di lavoro.
Non ho la soluzione al problema, non pretendo che quella proposta da Renzi e dal Pd debba essere la strada maestra, ma sarei felice se la politica, l’economia ed i Sindacati affrontassero questi temi che toccano la vita di tanti con saggezza, senza chiusure e con una volontà di dialogo.
Difficilmente le soluzioni proposte potranno essere peggiori della realtà attuale.
Mario Sclzo

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