Il referendum in California ha stabilito che lo stato non abolirà la pena capitale. Nonostante gli sforzi dei promotori, infatti, il 54% della popolazione ha votato per mantenere nel proprio ordinamento la pena capitale.
Ma, nonostante in molti stati rimanga in vigore, quello sulla pena di morte è un dibattito che non tramonta.
Tra circa un mese, infatti, potremmo assistere ad un evento raro e che potrebbe diventare un precedente importante per la giustizia negli stati uniti. Tra circa un mese Ken Anderson oggi Giudice della Corte distrettuale ma per 17 anni Procuratore Distrettuale della Contea Williamson, sobborgo di Austin in Texas, si dovrà presentare davanti ad un tribunale per rispondere dell’accusa di cattiva condotta.
I fatti risalgono al 1987. Michael Morton, un trentenne, sposato con Christine, un bambino di 3 anni e un lavoro sicuro, venne accusato da Anderson di aver ucciso a randellate la propria moglie. Morton non era mai stato nei guai, ma per lo sceriffo della contea, Jim Boutwell, e per il procuratore era, senza ombra di dubbio, colpevole. Durante il dibattimento il procuratore ha avuto, secondo l’accusa che lo porterà a giudizio, una cattiva condotta, soffermandosi ha sottolineare solo alcuni aspetti del delitto e portando solo prove (tra queste una lettera di astio che Morton avrebbe scritto alla moglie) che avvaloravano la sua tesi, ma non soffermandosi su alcuni aspetti che avrebbero potuto far assolvere Morton, come una bandana, che non apparteneva all’accusato, sporca di sangue, trovata a pochi metri dalla scena del crimine, l’abitazione di Morton o la dichiarazione del figlio di tre anni che sosteneva che il padre non era l’aggressore della madre. Anderson avrebbe anche, e questa è l’accusa più pesante, nascosto alcune prove in favore della difesa e che avrebbero spinto la giuria a prosciogliere dall’accusa Morton.
Quella di Morton, però, è una storia, almeno parzialmente a buon fine, infatti nel 2011 è uscito dal carcere , ma li era rimasto a scontare la pena per 25 anni. A riaprire il caso sono stati i legali dell’Innocence Projet, un’associazione che si occupa di riaprire i casi dove sono stati condannati innocenti. Hanno trovato prove a sostegno della più assoluta estraneità di Morton nel delitto. Hanno esaminato la bandana insanguinata dove erano stati trovati alcuni capelli. Secondo la prova del DNA i capelli non appartenevano a Morton ma evidenziano il profilo di un uomo che, dopo la morte di Christine, avrebbe ucciso un’altra donna.
Barry Scheck, il cofondatore di Innocence Projet ha scritto un graffiante memorandum sul caso Morton nel quale affermava che Morton era “la vittima di gravi mancanze della pubblica accusa, che gli ha fatto perdere 25 anni della sua vita e completamente fatto a pezzi la sua famiglia.”
Ma quella di Morton non è un caso isolato. Barry Scheck ha dichiarato che, grazie al loro lavoro e alla prova del DNA, sono riusciti a dimostrare l’innocenza di oltre 300 persone.
Sam Millsap, un ex procuratore del Texas, in un discorso pubblico di qualche anno fa, ha dichiarato, “Mi piacerebbe essere in grado di dirvi che sono l’unico ex procuratore eletto nel paese che si trova nella posizione di dover ammettere un errore di giudizio che ha portato alla esecuzione di un innocente, ma non è così.” Millsap, oggi in prima linea nella crociata per l’abolizione della pena di morte, da procuratore aveva emesso una sentenza capitale mandando nel braccio della morte un innocente. L’accusa si era basata su un testimone oculare, ma in seguito si era rilevata completamente falsa.
Secondo i dati raccolti dalla Houston Chronicle, “Il Texas ha la particolarità di avere più condannati rimessi in libertà per non aver commesso il crimine di cui erano accusati sulla base della prova del DNA di qualsiasi altro Stato.” Negli ultimi 10 anni, spiega il documento, 45 persone, tra cui Morton, sono stati prosciolti di reati gravi come l'omicidio.
Ma il pericolo che un’innocente, uno solo, sia messo a morte per errori giudiziari dovrebbe far riflettere di più sulla Pena di morte.
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