Prima fase: la scelta dei ministri. Il premier più giovane
della Repubblica Italiana mette insieme una squadra giovane e per metà fatta da
donne, ma scorrendo alcuni nomi qualche dubbio è venuto a molti sulla
composizione del governo. La conferma della Lorenzin (Sanità) Lupi
(Infrastrutture e Trasporti) e soprattutto Alfano (Interno) fa chiaramente
capire che Renzi ha subito le pressioni del Nuovo Centro Destra che chiedeva la
conferma dei tre ministri come pregiudicante alla fiducia del nuovo esecutivo. Poteva
affidare ai tre ministri deleghe diverse cercando di dare più discontinuità all’esecutivo
presieduto da Letta, e, soprattutto, confermare Alfano che non ha del tutto
spiegato la vicenda kazaka non sembra un buon inizio.
Seconda fase i sottosegretari e i viceministri. Renzi ne ha
nominati 44 (diverse le conferme dal governo precedente). Scoppia subitoqualche caso interessante come quello del neo sottosegretario Gentile (quotaNCD) subito dimessosi. Fanno rumore altre nomine. Alla Giustizia viene nominato
sottosegretario Cosimo Ferri (il suo nome è finito spesso sui giornali per le indagini
sulla P3 e Calciopoli anche se mai indagato), e viceministro Andrea Costa,
relatore di leggi poi dichiarate incostituzionali come il Lodo Alfano e il
legittimo impedimento (forse Renzi poteva fare scelte meno compromettenti). In quota
PD diventano sottosegretari Barraciu (Cultura) Del Basso De Caro (Infrastrutture)
e Vito De Filippo (Sanità) tutti e tre indagati per peculato. Interessante soprattutto
il caso della Barraciu, vincitrice delle primarie per la candidatura a governatore
della Sardegna, ritiratasi dalla corsa anche per intervento dello stesso Renzi che
ora la ripropone come sottosegretario. Naturalmente sono tutti innocenti fino a
prova contraria, ma con un clima di forte antipolitica in Italia, si poteva
stare più attenti a certe scelte.
Terza fase i primi provvedimenti. Pronti via e pochi giorni
dopo aver ricevuto la fiducia aumentano le accise sulla benzina e la TASI,
provvedimenti inseriti nel decreto Salva Roma. Presentarsi con un aumento delle
tasse non è mai un buon inizio. Per altro per realizzare una serie di riforme
(come per l’edilizia scolastica) il governo ha bisogno di soldi e ad oggi Renzi
non ha spiegato ancora dove troverà i fondi.
Oltre alla riforma della legge elettorale, in questi giorni
in discussione alla camera, Renzi ha promesso, dopo la diffusione dei dati
ISTAT sull’aumento della disoccupazione, il Job Act in tempi brevi (due
settimane), discorso ripreso nella visita a Siracusa dove ha promesso “Abbiamo
due miliardi di euro pronti sull’edilizia scolastica. Mercoledì prossimo
presenteremo il piano casa, non ce la facciamo per venerdì perché stiamo
facendo alcune modifiche, jobs act e misure per la scuola.” L’Italia non può
perdere altro tempo e non ha più bisogno di promesse non mantenute.
È li che inizierà a metterci seriamente la faccia e
scopriremo se i primi passi falsi di questo governo saranno ampiamente giustificati o no.
Personalmente ho sempre nutrito più di un dubbio nei
confronti di Renzi, ma da italiano spero che non fallisca, e con lui l’Italia.
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