POLITICA - Quando il nome di Romano Prodi è risuonato per la trecentonovantacinquesima, e ultima, volta venerdì sera, durante il quarto scrutinio per l’elezione del Presidente della Repubblica, era chiaro che quello successo nel segreto dell’urna andava oltre alla bocciatura di Prodi, era un vero e proprio inizio del congresso. All’appello nell’urna sono mancati 101 voti, molti, troppi, per poter continuare a puntare sull’ex premier padre dell’Ulivo e del centro-sinistra. Era, come sottolineato da molti, da Vendola a importanti esponenti del PDL, l’inizio del congresso del PD a spese degli italiani.
La candidatura di Prodi era nata in mattinata al cinema Capranica, dopo aver puntato, nel primo scrutinio, sul, perdente, nome di Marini. Prodi acclamato, era diventato il candidato ideale, inviso a Berlusconi, come chiedeva la base, un nome che univa, come chiedevano in tanti nel partito. Nessuno era contrario, sarebbe stato il presidente di tutti.
Ma la carica dei 101, nel segreto dell’urna, ci ha ripensato. Ma più che di franchi tiratori, l’ormai ex segretario Bersani ne aveva previsti almeno una cinquantina per poter continuare a puntare sul nome di Prodi, sono stati calcoli politici. Il messaggio era chiaro, Prodi era un nome che avrebbe potuto unire il partito ma avrebbe diviso il parlamento e il paese (B. in piazza a Bari aveva minacciato di lasciare l’Italia nel caso fosse stato Prodi il Presidente della Repubblica) allontanando di fatto quelle larghe intese che in molti chiedono tra i democratici (D’Alema e Franceschini per fare solo due nomi). E l’elezione di Napolitano, con una così larga maggioranza, fa presagire un governo di larghe intese (già questa sera ci potrebbe essere un premier incaricato dopo un rapido giro di consultazioni).
Dopo il voto a Prodi i malumori all’interni del PD sono aumentati. La direzione rassegna dimissioni e comincia il gioco di tutti contro tutti.
Massimo D’Alema, da molti ritenuto uno dei colpevoli, si difende ai microfoni di Piazza Pulita “Quale regia, di che cosa? Non ho potuto impedire che quindici persone mi votassero” minacciando querele a chi lo accusava di essere dietro la mancata elezione di Prodi ma sottolineando anche che quella di Prodi era una candidatura nata male.
Fioroni attacca duramente Civati che “non avendo votato Napolitano è un irresponsabile e se non vota governo è fuori dal Pd".
Pippo Civati, tra i giovani più attivi in questi giorni nel partito, dichiara deluso “state attenti, i traditori ora faranno i ministri"
Matteo Orfini, leader dei giovani turchi, è pronto a lanciare la candidatura dell’avversario Matteo Renzi come Presidente del Consiglio (forse per bruciarlo?).
Qualcuno parla di una probabile fuoriuscita di alcuni esponenti dell’ala sinistra del partito pronti a lavorare alla nascita di un nuovo soggetto a sinistra insieme a Vendola e con la benedizione di Barca (il 30 aprile ad un convegno organizzato a Bologna dalla FIOM si incontreranno Barca, Landini, Rodotà e Vendola)
Oggi alle 16 il partito si riunisce in vista delle consultazioni con Napolitano, ma la sfida che si aprirà sarà per la sopravvivenza dell’intero partito. Oggi le lacerazioni sono evidenti, la fusione a freddo tra DS e Margherita non è mai stata superata, il partito, oltre a scontri generazionali, ha decine di correnti che non sempre remano dalla stessa parte.
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