Gli Stati Uniti sono "pronti a offrire assistenza in questo momento difficile" a Iran e Pakistan colpiti dal terremoto. Così si esprime in una nota il segretario di Stato Usa John Kerry rendendo esplicita l'offerta di aiuto statunitense e presentando le sue "più profonde condoglianze" alle "famiglie delle vittime, ai feriti e alle comunità che hanno subito danni alle loro case e alle loro proprietà" nel sisma di ieri. Per certi versi un atto dovuto ma che giunge quanto mai opportuno in questa fase di tensioni crescenti tra i due paesi.
Intanto in Iran la situazione resta tanto tragica quanto sconosciuta. I primi bilanci seguiti al potente terremoto che lo scorso 16 aprile ha devastato il sud est del Paese sono già drammatici: fonti locali citate dai siti dell'area parlano di almeno 81 morti e migliaia di edifici crollati. Il regime di Teheran nega invece ogni perdita in vite umane. La città di Hiduch nel sudest dell’Iran “è stata interamente distrutta” dal sisma che ha colpito l’area. Lo scrive il Guardian, citando fonti iraniane. E vittime si registrano anche in Pakistan: 34, secondo le autorità di Islamabad. L'epicentro è stato localizzato a circa 86 km dalla citta' di Khash e 81 km da Saravan, entrambe con oltre 50.000 abitanti, e a 167 km da Iranshahr, che invece ne conta quasi 100.000. Nella zona sono centinaia di migliaia le case costruite con mattoni di fango, secondol'agenzia semi-ufficiale Fars.
Sebbene secondo gli esperti quello di ieri rappresenti il sisma più potente degli ultimi 50 anni, l’Iran è un Paese fortemente sismico e già abituato a fare i conti con le conseguenze devastanti dei terremoti: già nell’agosto scorso 2012 vi era stato un terremoto con 306 morti e circa 4.500 feriti a Tabriz, nel nordovest. Il sisma che nel dicembre 2003 colpì l’antica città di Bam causò tra i 25 mila e i 31 mila morti a seconda delle stime e ancor più tragico fu il terremoto del giugno 1990, ancora una volta nel nord-ovest, che fece circa 37 mila vittime e più di 100 mila feriti nelle province di Gilan e Zanjan.
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