giovedì 21 febbraio 2013

Il successo di Grillo. Un grande abbaglio collettivo?

E' il tema di questa campagna elettorale, volenti o nolenti. Non si parla di programmi, non li si vanno neanche a leggere. Si parla di piazze piene e di un voto di protesta annunciato forte come uno tsunami. Insomma si parla di Grillo. Per questo abbiamo deciso di dedicare a lui ed al Movimento 5 Stelle un ulteriore approfondimento, cercando di dare un taglio storico alla nostra riflessione.  Mario Monti, con cognizione di causa probabilmente, ha invitato ieri a non "snobbare le piazze di Grillo". Lo stesso Bersani ha dichiarato che è il PD è pronto a dialogare in Parlamento con i tanti onorevoli e senatori a 5 Stelle. Forse ha ragione Beppe Servergnini nel suo editoriale di oggi sul Corriere. Dobbiamo ringraziare Beppe Grillo per aver evitato le sassaiole e i lanci di monetine, come successe durante Tangentopoli. In realtà, a ben vedere, non dovremmo ringraziarlo noi, società civile, ma i politici e politicanti a cui le monetine sarebbero state dirette. Scriveva Aristotele che la demagogia è l'arte di trascinare e incantare le masse e che porta alla oligarchia o alla tirannide. E quello che sta avvenendo in queste elezioni politiche 2013 nel nostro Paese riveste certamente una importanza sociologica oltre che politica e dice molto di quello che accadrà dopodomani. Dopo anni di malgoverno e crisi economica che hanno obbligato i nostri politici ad affidarsi alle cure di un tecnico e dopo un anno di rigore economico e scelte difficili, gli italiani sono chiamati alle urne: ma da dove partono? Da lontano, molto lontano. Perchè oggi come non mai lunga è la distanza che separa il sentire comune dalla politica, quella con la p minuscola a cui siamo stati abituati da troppo tempo. Distanza giustificata (sarebbe forse più corretto parlare di disgusto) e difficile da colmare. Ci prova il PD, forte della sua macchina organizzativa, della sua ritrovata leadership e del suo senso profondo di democrazia, interna ed esterna al partito. Ci riprova il PDL silenziandosi in automatico e dando voce al suo leader indiscusso che con una operazione spregiudicata cerca di recuperare consensi a suon di promesse. Ci prova Mario Monti (con la fatica di chi prima viene chiamato a curare un malato terminale e poi viene accusato di aver lasciato una cicatrice) che in un solo mese è riuscito obiettivamente a costruire qualcosa che prima non c'èra: il terzo polo, probabile ago della bilancia nel prossimo Governo. E Grillo? Beh Grillo batte tutti. Perchè il suo messaggio è semplice, immediato, quasi banale: Sei schifato della vecchia politica? Non vuoi votare? Allora ti dico io un modo per trasformare il tuo non-voto di protesta in qualcosa di molto più potente: il voto di protesta. Gli ingredienti per il piatto elettorale perfetto ci sono tutti: malcontento diffuso e trasversale da sinistra a destra, crisi economica, depauperamento a fuoco lento del ceto medio, massiccia dose di rassegnazione ed un pizzico di autolesionismo. Mettiamoci pure che questo è il Paese di Vanna Marchi, del milione di posti di lavoro immaginari e del ponte fantasma sullo stretto e la frittata è fatta. La  comicità esasperata ed elementare di Grillo unita all'euforia di ritrovarsi in tanti rendono la catarsi completa, lasciando nei partecipanti il convincimento di trovarsi di fronte a qualcosa di nuovo, di proibito e di dirompente al tempo stesso. La paura di Grillo a confrontarsi non con tanto i politici quanto con i giornalisti, i tratti grossolani del programma elettorale del Movimento 5 Stelle, la storia di Pontida, dell'ascesa della Lega Nord e della stessa Forza Italia, ci insegnano, purtroppo il contrario. E' il solito grande abbaglio.

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