martedì 19 febbraio 2013

La TV nella Campagna Elettorale

POLITICA -  Tra le dimissioni del Papa e Sanremo avevamo quasi perso l’abitudine ad ascoltare politici, candidati, aspiranti parlamentari e premier sempre presenti in TV. L’unica novità che ci si aspettava da domenica era la presenza, annunciata, di un’intervista a SkyTG24 del leader del Movimento 5 Stelle. Lui, in questa campagna elettorale, in Tv non era mai andato, ma, in fin dei conti, è sempre stato presente. Il suo tsunami tour ha riempito le piazza ed ampi spezzoni dei suoi monologhi sono stati trasmessi da TG e approfondimenti TV, ma non si era mai spinto a farsi intervistare, ha sempre preferito fare i suoi comizi-show senza contraddittorio. Per questo la sua scelta era stata vista con particolare interesse da elettori e addetti ai lavori, ma alla fine ha declinato l’invito, niente Grillo in TV.
E mentre Grillo in Tv non va, gli altri corrono a presenziare ogni momento del palinsesto.
Abbiamo visto una campagna elettorale tutta incentrata sui mass media e i sociale network e poco presente in piazza, forse anche per il freddo, e le manifestazioni fatte nei teatri e negli auditorium hanno sicuramente un sapore diverso dalle piazza. Il sondaggista  Renato Mannheimer sul Corriere della Sera parla di un 30% di elettori ancora indeciso se andare a votare ed eventualmente per chi. Per questo l’ultima settimana di campagna elettorale diventa fondamentale, spostare qualche migliaio di voti, soprattutto in alcune regioni in bilico, potrebbe significare la vittoria o meno alle elezioni.
Così si apre l’eterno balletto del confronto in TV.
Nella maggior parte degli stati occidentali il confronto tra i candidati alla guida dei rispettivi paesi è diventata una prassi consolidata, gli Stati Uniti ne sono solo il più riuscito esempio, in Italia invece non è così. Nell’Italia bipolare ha chiedere il confronto in TV è sempre stato chi arrancava nei sondaggi, confrontarsi con l’avversario gli avrebbe procurato il vantaggio di un confronto diretto e la speranza di recuperare qualche punto percentuale. Chi è saldamente in vantaggio non ha nessuna voglia di rischiare il confronto con il rischio di perdere un vantaggio acquisito.
Dal 1994 ad oggi, poi, il dibattito TV ha avuto alterne fortune. Fu memorabile lo scontro tra Achille Occhetto e Silvio Berlusconi nel 1994, ospiti su Canale5 di Enrico Mentana. Due anni dopo Lucia Annunziata riuscì ad avere ospiti sia Berlusconi sia Romano Prodi a Linea tre, in una trasmissione ibrida, una prima parte con i due candidati mentre la seconda allargata alle altre forze politiche. L’ultimo dibattito in Italia è del 2006, sempre Berlusconi e Prodi, questa volta ospiti di Bruno Vespa su Rai1. Nel 2001 e nel 2008 invece, nonostante i candidati del centro sinistra, rispettivamente Francesco Rutelli e Walter Veltroni, chiedevano a Berlusconi di incontrarsi in TV, il leader del centro destra non ha concesso questa possibilità, troppo rischioso perdere il vantaggio acquisito.
Questa volta è il premier uscente, Mario Monti, ha chiedere il confronto tv, con un video postato su twitter “Mancano pochissimi giorni al voto” sono le parole del premier “davvero volete sottrarre ai cittadini italiani il diritto di formarsi un`idea sulla base di un confronto diretto tra i candidati? Onorevole Berlusconi, Onorevole Bersani, non facciamo questo. Abbiamo il dovere di non limitarci ad appelli singoli ma di confrontare le nostre idee davanti agli elettori.”
La risposta dei due diretti interessanti sono opposto. Berlusconi lo farebbe pure un dibattito in tv, ma solo con Bersani, sono i soli, è il ragionamento del Cavaliere, che si possono aggiudicare la vittoria finale, quindi spetterebbe solo a loro farlo. Mentre per Bersani, che non ne avrebbe bisogno essendo in vantaggio, sempre secondo i sondaggi, lo aprirebbe a tutti i candidati premier (Ingroia, Giannino e Grillo per intenderci).
Sicuramente sarebbe interessante vedere i leader che si confrontano, in un dibattito magari aspro, affrontando temi spinosi, rispondendo a domande ficcanti. E sarebbe sicuramente interessante vedere tutti i leader, andando oltre la logica dei sondaggi, che si dicono pronti a prendere la guida del paese, formulando le proprie ricette di crescita e sviluppo, affrontando il problema del lavoro e della disoccupazione.
Ma la sensazione e che anche quest’anno il dibattito non ci sarà.

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