giovedì 28 febbraio 2013

La rivincita del populismo. In nome della "folla" sovrana

POLITICA - Dopo aver pronosticato e assistito al grande successo del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo vogliamo offrire un ulteriore spunto di riflessione sull'esito elettorale e sulla condizione sociale e politica del nostro Paese Lo facciamo pubblicando alcuni pensieri dell'intellettuale bulgaro Tzvetan Todorov che nel suo ultimo lavoro sui "Nemici intimi della democrazia", dedica alcune pagine al populismo e alla demagogia, sempre più presenti nelle consolidate democrazie occidentali. Buona lettura.

"Osserviamo ora alcune caratteristiche dei discorsi proclamati da queste formazioni. Sul piano formale, il loro tratto dominante si lascia designare con il termine "demagogia", un modo di agire che consiste, qui, nel mettere a fuoco le preoccupazioni della gente comune e proporre per alleviarle soluzioni facilmente comprensibili, ma irrealizzabili.
[...] La demagogia, lo suggerisce la parola stessa, risale all'antichità al pari della democrazia; ma, come dicevamo, essa ha ricevuto un eccezionale impulso in epoca moderna grazie alle comunicazioni di massa e in particolare alla televisione. Anche il giornale stampato si rivolge a tutti, ma almeno si può fare una pausa, rileggere l'articolo, riflettere. Il telegiornale passa veloce, privilegia frasi brevi e incisivi, immagini sensazionali e facili da ricordare: i nostri contemporanei, a quanto pare, faticano a concentrarsi per più di un minuto... Su questo piano, la contaminazione per più di un minuto... Su questo piano, la contaminazione è generale: qualunque sia il messaggio politico da trasmettere, di sinistra, di destra, o di centro, non è possibile che venga ricordato a meno di essere riusciti a ridurlo a uno slogan memorabile. La forma della comunicazione decide del suo contenuto: la televisione stessa è populista, coloro che intervengono nelle trasmissioni rischiano la stessa deriva. Ma questa tendenza è particolarmente accentuata negli oratori estremisti. "Tre milioni di disoccupati, tre milioni di immigrati": il demagogo non ha bisogno di formulare la conclusione può contare sugli spettatori, anche se l'espulsione degli immigrati non porrebbe certo fine alla disoccupazione. La televisione, inoltre, favorisce la seduzione a discapito dell'argomentazione; il demagogo è favorito se ha un aspetto attraente o rassicurante, se ha una bella dizione, se sa emozionare o far sorridere. In mancanza di una personalità carismatica, il populismo perde velocemente l'ispirazione.
Il modo in cui si presenta il populismo è la demagogia; rispetto al contenuto, esso ruota intorno ad alcune costanti. Innanzitutto il populista rifiuta di allontanarsi dal qui e ora e dai singoli individui; evita le astrazioni, le distanze, la durata, privilegiando ciò che è concreto, vicino, addirittura immediato. Se il democratico ideale tenta di trovare ispirazione in ciò che Rousseau definiva volontà generale - ciò che rappresenterebbe la soluzione migliore per tutto il popolo - , il populista, per parte sua, si rivolge alla folla con cui entra in contatto: quella di un meeting sulla pubblica piazza, quella costituita dagli ascoltatori di un programma televisivo o radiofonico. Il democratico si trova chiamato a difendere dei valori impopolari, a promuovere dei sacrifici, perché si preoccupa anche delle generazioni future; il populista sfrutta l'emozione del momento, inevitabilmente effimera. In nome dell'interesse generale, il democratico è pronto a intervenire in favore delle minoranze del paese; il populismo preferisce limitarsi alle certezze della maggioranza.
[...] Grandi parole, ideali sublimi sono lasciati agli altri; il populista pretende di dedicarsi ai problemi quotidiani di ciascuno. I drammi degli altri popoli o degli sconosciuti lo lasciano indifferente. [...] Il populista preferisce la continuità al cambiamento, che è un salto nell'ignoto; è conservatore più che riformatore. Egli privilegia l'ordine a discapito della libertà. [...] Il populista sfrutta dunque sistematicamente la paura, uno degli affetti umani più importanti. Egli recluta la maggioranza degli ammiratori tra le persone relativamente meno colte, le quali, non conoscendo bene gli altri paesi, sono contro l'Europa e contro la mondializzazione. Il suo pubblico abituale appartiene non alla classe dei più poveri, ma a quella che teme di raggiungerli, unendosi così al gruppo degli emarginati, degli esclusi, dei vinti.
Rispetto ai tradizionali schieramenti della politica, il populismo non si definisce né di destra né di sinistra; a sentire i suoi portavoce sarebbe piuttosto del basso [...]. Ma al populismo si uniscono abitualmente altre forze, esterne all'area di centro dell'arena politica: l'estrema sinistra o, più spesso ai giorni nostri, l'estrema destra. Ecco per quale motivo Internet e i social network sono percepiti con tanto favore dagli animatori dei movimenti populisti: questa diffusione dell'informazione sfugge a ogni controllo centrale e al consenso democratico."

Brano tratto da Tzvetan Todorov, I nemici intimi della democrazia, Garzanti, Milano 2012

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