mercoledì 9 ottobre 2013

Il messaggio di Napolitano sull'emergenza carceri

POLITICA -
Ieri il Presidente della Repubblica ha voluto riportare all’attenzione, del Parlamento e del paese, il drammatico problema delle carceri con un lungo messaggio indirizzata ai presidenti di Camera e Senato e letti nei due rami del Parlamento.

Alcune considerazioni.  Non è la prima volta che il Presidente della Repubblica cerca di riportare l’attenzione sulla drammatica situazione delle carceri, ma spesso il Parlamento non ha dato seguito alle tante sollecitazioni. Questa volta lo fa attraverso un istituto sancito dalla Costituzione e sicuramente uno dei modi più diretti e forti che gli sono consentiti di fare, quello del messaggio alle Camere.

Se la tempistica potrebbe risultare sospetta visto che parla anche di amnistia nei giorni in cui si decide “l’agibilità” politica di Berlusconi, va anche ricordato che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ricorda Napolitano nel suo messaggio, “con la sentenza - approvata l'8 gennaio 2013 secondo la procedura della sentenza pilota - (Torreggiani e altri sei ricorrenti contro l'Italia), ha accertato, nei casi esaminati, la violazione dell'art. 3 della Convenzione europea che, sotto la rubrica "proibizione della tortura", pone il divieto di pene e di trattamenti disumani o degradanti a causa della situazione di sovraffollamento carcerario in cui i ricorrenti si sono trovati.”  

La situazione carceraria è drammatica e i numeri sono impietosi: 64.758 detenuti per una capienza di 47.615 posti. Va ricordato anche l’altissimo numero di suicidi e morti, più o meno sospette, all’interno del carcere: a giugno c’erano stati 26 suicidi e 57 morti solo nel 2013

“Sottopongo dunque all'attenzione del Parlamento” prosegue nel suo messaggio Napolitano, “l'inderogabile necessità di porre fine, senza indugio, a uno stato di cose che ci rende tutti corresponsabili delle violazioni contestate all'Italia dalla Corte di Strasburgo.

Lo stesso presidente prova a suggerire una serie di proposte, che dovranno essere approvate poi dai due rami del Parlamento, per affrontare la questione.

1) l'introduzione di meccanismi di probation. A tale riguardo, il disegno di legge delega approvato dalla Camera e ora all'esame del Senato, prevede, per taluni reati e in caso di assenza di pericolosità sociale, la possibilità per il giudice di applicare direttamente la "messa alla prova" come pena principale. In tal modo il condannato eviterà l'ingresso in carcere venendo, da subito, assegnato a un percorso di reinserimento;

2) la previsione di pene limitative della libertà personale, ma "non carcerarie". Anche su questo profilo incide il disegno di legge ora citato, che intende introdurre la pena - irrogabile direttamente dal giudice con la sentenza di condanna - della "reclusione presso il domicilio";

3) la riduzione dell'area applicativa della custodia cautelare in carcere. A tale proposito, dai dati del DAP risulta che, sul totale dei detenuti, quelli "in attesa di primo giudizio" sono circa il 19%; quelli condannati in primo e secondo grado complessivamente anch'essi circa il 19%; il restante 62% sono "definitivi" cioè raggiunti da una condanna irrevocabile. Nella condivisibile ottica di ridurre l'ambito applicativo della custodia carceraria è già intervenuta la legge n. 94 del 2013, di conversione del decreto legge n. 78 del 2013, che ha modificato l'articolo 280 del codice di procedura penale, elevando da quattro a cinque anni di reclusione il limite di pena che può giustificare l'applicazione della custodia in carcere;

4) l'accrescimento dello sforzo diretto a far sì che i detenuti stranieri possano espiare la pena inflitta in Italia nei loro Paesi di origine. In base ai dati del DAP, la percentuale dei cittadini stranieri sul totale dei detenuti è circa il 35%. Il Ministro Cancellieri, parlando recentemente alla Camera dei Deputati, ha concordato sulla necessità di promuovere e attuare specifici accordi con i Paesi di origine dei detenuti stranieri (l'Italia ha aderito alla Convenzione europea sul trasferimento delle persone condannate e ha già stipulato nove accordi bilaterali in tal senso). Ella ha tuttavia dato notizia degli scarsi (purtroppo) risultati concreti conseguiti sinora. Nel corso del 2012 solo 131 detenuti stranieri sono stati trasferiti nei propri Paesi (mentre nei primi sei mesi del 2013 il numero è di 82 trasferimenti). Ciò, secondo il Ministro, dipende, in via principale, dalla complessità delle procedure di omologazione delle condanne emesse in Italia da parte delle autorità straniere. Il Ministro si è impegnato per rivedere il contenuto degli accordi al fine di rendere più rapidi e agevoli i trasferimenti e per stipulare nuove convenzioni con i Paesi (principalmente dell'area del Maghreb) da cui proviene la maggior parte dei detenuti stranieri. Tra i fattori di criticità del meccanismo di trasferimento dei detenuti stranieri, va annoverata anche la difficoltà, sul piano giuridico, di disporre tale misura nei confronti degli stranieri non ancora condannati in via definitiva, che rappresentano circa il 45% del totale dei detenuti stranieri;

5) l'attenuazione degli effetti della recidiva quale presupposto ostativo per l'ammissione dei condannati alle misure alternative alla detenzione carceraria; in tal senso un primo passo è stato compiuto a seguito dell'approvazione della citata legge n. 94 del 2013, che ha anche introdotto modifiche all'istituto della liberazione anticipata. Esse consentono di detrarre dalla pena da espiare i periodi di "buona condotta" riferibili al tempo trascorso in "custodia cautelare", aumentando così le possibilità di accesso ai benefici penitenziari;

6) infine, una incisiva depenalizzazione dei reati, per i quali la previsione di una sanzione diversa da quella penale può avere una efficacia di prevenzione generale non minore.

Il presidente richiama anche a dare nuovo impulso al Piano Carceri. Ma Napolitano sa che queste sono riforme che, per dare i frutti, hanno bisogno di un rodaggio di medio e lungo termine, hanno bisogno di tempo per vedere i frutti, per questo considera l’esigenza di rimedi straordinari

“La prima misura su cui intendo richiamare l'attenzione del Parlamento è l'indulto, che - non incidendo sul reato, ma comportando solo l'estinzione di una parte della pena detentiva - può applicarsi ad un ambito esteso di fattispecie penali (fatta eccezione per alcuni reati particolarmente odiosi). Ritengo necessario che - onde evitare il pericolo di una rilevante percentuale di ricaduta nel delitto da parte di condannati scarcerati per l'indulto, come risulta essere avvenuto in occasione della legge n. 241 del 2006 - il provvedimento di clemenza sia accompagnato da idonee misure, soprattutto amministrative, finalizzate all'effettivo reinserimento delle persone scarcerate, che dovrebbero essere concretamente accompagnate nel percorso di risocializzazione.

Al provvedimento di indulto, potrebbe aggiungersi una amnistia.

Rilevo che dal 1953 al 1990 sono intervenuti tredici provvedimenti con i quali è stata concessa l'amnistia (sola o unitamente all'indulto). In media, dunque, per quasi quaranta anni sono state varate amnistie con cadenza inferiore a tre anni. Dopo l'ultimo provvedimento di amnistia (d.P.R. n. 75 del 1990) - risalente a ventitré anni fa - è stata, approvata dal Parlamento soltanto una legge di clemenza, relativa al solo indulto (legge n. 241 del 2006).”

Sembra pretestuoso, visto quello che lo stesso Presidente Napolitano scrive, le inutili polemiche su amnistia e indulto efficaci solo per salvare Berlusconi, visto che i reati amnistiati saranno di pertinenza parlamentare. Tra i più critici nei confronti del capo dello stato sono i parlamentari del Movimento 5 Stelle: per Riccardo Nuti, capogruppo uscente a Montecitorio del Movimento Cinque Stelle è “il primo passo verso l’amnistia a Berlusconi con la scusa di risolvere il sovraffollamento delle carceri”.  Da Cracovia il Presidente risponde, lapidario, alle critiche affermando “Quelli che mi accusano di volere un’amnistia pro-Berlusconi sono persone che sanno pensare a una sola cosa, hanno un pensiero fisso e se ne fregano dei problemi della gente e del Paese. E non sanno quale tragedia sia quelle carceri. Non ho altro da aggiungere.”

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