"Si conoscerà entro la fine dell'estate il risultato della
consulenza tecnica disposta dalla Procura di Roma sulle ossa custodite
all'interno della cripta della Basilica di Sant'Apollinare e della tomba di
Enrico De Pedis.” Così batteva solo pochi giorni fa l’agenzia ANSA, provando a
scrivere un nuovo capitolo dell’infinita storia legata alla scomparsa di
Emanuela Orlandi. Una storia che, come molte in Italia, viene ascritta a quei
misteri italiani che hanno segnato la storia della prima repubblica.
Sul caso Orlandi infatti si è detto e scritto molto, troppo. Si sono fatte mille
congetture, avanzate ipotesi, celebrato processi. Ma ad oggi conosciamo ancora
poco sulla scomparsa della giovane cittadina vaticana, mentre, periodicamente,
qualcuno rilascia qualche dichiarazione e rimette in moto la giostra delle
ipotesi.
Emanuela è sparita il 22 giugno del 1983 e da allora non si
è più saputo nulla di lei. Una pista a lungo seguita dagli inquirenti, anche se non è
arrivata ai frutti sperati, è quella che legherebbe la scomparsa della ragazza
all’attentato subito da Giovanni Paolo II: è la famosa pista bulgara. Secondo alcune
testimonianze, abbastanza concordi, la ragazza, la sera del 22 giugno, era
uscita dalla scuola di Musica vicino alla Chiesa di Sant’Apollinare e si era
diretta alla fermata dell’autobus per tornare all’interno delle mura vaticane
dove abitava. Alla fermata avrebbe incontrato un uomo con cui aveva fissato un
appuntamento prima della scuola. L’uomo, a bordo di una macchina di grossa
cilindrata, una BMW, gli avrebbe offerto un lavoro per la vendita di cosmetici della
Avon da fare il sabato successivo ad una sfilata di moda. Questa è l’ultima
notizia che si ha della ragazza, dopo inizia il mistero.
La pista bulgara, dicevamo. In un recente libro, il
giornalista Sandro Provvisionato e l’ex magistrato Ferdinando Imposimato
(Attentato al Papa, edito da Chiarelettere) sostengono che esiste un forte legame
tra Ali Agca e i rapitori della Orlandi. La ragazza sarebbe stata rapita per
provare a fare pressioni sullo Stato Italiano e quello Vaticano per fermare il processo che coinvolgeva agenti segreti bulgari, implicati
nell’attentato al Papa, o per chiedere lo scambio tra la ragazza e il terrorista
turco. Naturalmente Agca non ha lasciato il carcere se non dopo la decorrenza
dei termini, mentre gli imputati bulgari del processo sono tutti liberi. Nel
libro viene sottolineato come l’atteggiamento di Agca cambi radicalmente dopo
aver appreso del rapimento. Dopo essere stato arrestato in piazza San Pietro,
subito dopo l’attentato, il terrorista infatti inizia a rispondere alle domande
degli inquirenti e a far capire che l’attentato a Giovanni Paolo II non era una
sua idea, ma che era appoggiato da alcuni cittadini bulgari. Dopo il rapimento
della Orlandi il suo atteggiamento diviene radicalmente opposto, ritratta le sue
dichiarazioni e, durante il suo interrogatorio al processo, si finge folle,
forse per sminuire il valore delle sue precedenti testimonianze. Purtroppo gli inquirenti, nonostante
molte prove indiziarie, non sono riusciti a stabilire un vero legame tra Agca e
i bulgari per quanto riguarda l’attentato, facendo così cadere anche la pista
bulgara per la sparizione della Orlandi.
C’è poi la pista che conduce alla banda della magliana e a
Enrico De Pedis, storico capo della banda, ucciso a Trastevere e tumulato, anni
dopo la sua morte, a Sant’Apollinare (notizia che fece scandalo anche qualche anno
fa). Circa un anno fa Antonio Mancino, ex membro della banda, in un’intervista
a La Stampa (http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/412802/
) dichiarava, “Emanuela Orlandi è stata rapita per ricattare il Vaticano e per
ottenere la restituzione di un’ingente somma di denaro investita dalla banda
della Magliana nello Ior.” Era stato il giudice Rosario Priore a ipotizzare la
presenza della Malavita romana dietro la scomparsa della Orlandi, tutto legato
ad un prestito nei confronti dello IOR di circa 20 miliardi di lire,
nell’intervista Mancino concordava su tutta la teoria di Priore tranne che
sulle cifra, secondo lui molto sottostimata. Negli ultimi anni le voce della
presenza del corpo della ragazza nella bara del boss romano hanno girato
vorticosamente. Poche settimane fa la bara è stata aperta, ma non sembra che ci
siano le ossa della ragazza.
Non ci sarebbe invece nessuna pista internazionale, ne
tantomeno quella legata alla criminalità organizzata dietro la scomparsa di
Emanuela Orlandi, ma il rapimento sarebbe stato a sfondo sessuale. Lo racconta, intervistato da La
Stampa, padre Amorth, sacerdote-esorcista molto stimato dal
papa. “Non ho mai creduto alla pista internazionale,” spiega infatti il
sacerdote “ho motivo di credere che si sia trattato di un caso di sfruttamento
sessuale con conseguente omicidio poco dopo la scomparsa e occultamento del
cadavere”. Quindi secondo l'alto prelato la scomparsa sarebbe legata alla morte, probabilmente
accidentale, della ragazza e alla necessità di far sparire il cadavere.
La storia della Orlandi infine si intreccia, almeno rileggendo
il lavoro degli inquirenti e dei giornalisti che hanno lavorato sul caso, con
quella di Mirella Gregori, una ragazza di 15 anni scomparsa il 7 maggio del
1983, poco più di un mese prima della Orlandi.
Sono passati tanti anni dalla scomparsa delle due ragazze. Oggi,
sapere la verità, sarebbe un modo per consentire alle famiglie delle ragazze di
poter chiudere definitivamente una storia che li ha straziate. E per noi un
modo per poter chiudere un’altra pagina nera della nostra storia.
Gavino Pala