Intanto, quello che salta immediatamente agli occhi è la definitiva sconfitta dell’asse Sarkozy-Merkel, e non solo per la dura lezione subita dal Presidente francese, ennesimo capo di stato a non essere riconfermato, ma anche per il vento anti-europeo che ha iniziato a soffiare in Grecia, con la netta avanzata dei partiti estremisti, sia a destra che a sinistra, che chiedono e sognano una Grecia fuori dall’Unione Europea.
Dopo la vittoria, mentre festeggiava con il suo popolo, Hollande annunciava, nel suo primo discorso da presidente, “L’Europa ci guarda e, nel momento in cui i risultati della nostra elezione vengono resi noti, sono sicuro che in molti Paesi questo sta provocando un certo sollievo, una speranza, l’idea che alla fine l’austerità non possa essere una fatalità. Insomma, che bisogna dare alla costruzione europea una dimensione di crescita, di prospettiva, di futuro”. E proseguiva, “E’ quello che dirò il prima possibile ai nostri partner. E prima di tutto alla Germania, in nome della responsabilità che ci è comune”. Quindi rigore, ma non solo. Per il neo presidente francese importante è un vero rilancio economico europeo e un protocollo aggiuntivo sul Fiscal Compact.
Altrettanto rapida è stata la risposta della canceliera tedesca. Da una parte ha assicurato che non verranno inclinati i rapporti con la Francia socialista, ma subito aggiungeva: “In Germania siamo dell’opinione, me compresa, che il patto di stabilità non possa essere rinegoziato” e precisava la Merkel “È stato approvato. 25 paesi l’hanno sottoscritto, Grecia e Portogallo l’hanno ratificato, in Irlanda ci sarà un referendum il prossimo 31 maggio e io penso che questo patto sia giusto”.
Altro fronte caldo del Mediterraneo, la Grecia. Qui vince la linea antieuropeista. L’entrata in parlamento del partito neo-nazista (l’Alba doro ha conquistato 21 seggi in Parlamento), conferma tristemente l’avanzata dell’estrema destra in tutta Europa. Ma il dato significativo è l’affermarsi anche dell’estrema sinistra e dei partiti comunisti, che chiedono a gran voce la ridiscussione delle politica di austerity imposto da Germania e Banca Centrale Europea. Antonis Samaras, leader conservatore, ha rinunciato all’incarico di formare un nuovo governo, ed ora ci proverà il giovane Alexis Tsipras, capo di Syriza, partito della sinistra radicale. Proverà a formare un governo con una larga coalizione, anche perché i suoi 52 seggi parlamentari sono molto distanti dalla maggioranza necessaria per formare un governo in grado di reggere (la maggioranza richiede 151 seggi). Punto principale per rilanciare il paese, secondo Tsipras, è superare il Memorandum votato pochi mesi fa dal Parlamento.
La ripercussione che queste mosse avranno sui mercati europei è ancora un’incognita.
In Serbia, non essendo nell’Unione Europea ma aspirando ad entrarci - sono in corso i colloqui per l’adesione del Paese balcanico - al primo turno delle presidenziali è in vantaggio il candidato filo-europeo. Ma il Democratico Tadic è dietro nelle legislative che si sono svolte nello stesso giorno.
In Germania, nello Schleswig-Holstein, Land tedesco nel nord del Paese, il partito della Merkel ha sostanzialmente mantenuto i suoi voti, confermando il quasi 31% preso nel 2009. Ma la coalizione che guidava il Land esce sconfitto dalle elezioni aprendo ad un probabile coalizione con i social democratici.
In Inghilterra vengono bocciate le politiche di austerity promosse dal primo ministro Cameron e il Labur riconquista consensi. Cameron si è giustificato così: “Dobbiamo prendere decisioni difficili per fronteggiare il debito, il deficit e l’economia a pezzi che abbiamo ereditato. Continueremo a prendere queste decisioni e faremo la cosa giusta per il nostro Paese”. Mentre il leader laburista Ed Miliband accusa il governo conservatore: “Ci hanno portato in recessione. Hanno aumentato le tasse per milioni di persone e le hanno tagliate ai milionari”, e conclude. “Da Carlisle a Southampton la gente ha detto: non ci piace ciò che fa questo governo. Questo governo ha promesso il cambiamento e ha peggiorato le cose invece di migliorarle”.
E, infine, le amministrative in Italia. Molti commentatori si sono affaticati nel dire la loro in queste ore del dopo spoglio. Sottolineamo solo alcuni dati. Il primo è la sostanziale affermazione della lista di Grillo e del Movimento5Stelle. Voto di protesta o voto contro la casta, fatto sta che Grillo è sicuramente quello che esce meglio dalla due giorni di amministrative, sarà interessante vedere se è in grado ora di governare, anche se solo a livello locale, vediamo come si comporteranno i grillini nell’amministrare soldi pubblici e appalti.
Altro dato e la sostanziale sconfitta del centro destra che fino a pochi mesi fa governava il paese. Lega e PDL non sono andati uniti in queste elezioni. Per la Lega, oltre la vittoria di Tosi a Verona, ma è il nuovo spirito della Lega ormai sempre più targata Maroni, c’è un totale arretramento anche nelle sue roccaforti, ma sostanzialmente paga ancora lo scandalo che l’ha investita nelle ultime settimane. Diverso il discorso del PDL, perde e molto, arretra nel paese e è raro vederlo nei ballottaggi. Per Alfano si paga il sostegno a Monti, confermando però un aria anti-europeista essendo Monti molto vicino alle posizioni tedesche, ma probabilmente ha pesato la totale assenza di Berlusconi nella compagna elettorale (lui che da solo riesce a spostare percentuali imbarazzanti) ma anche un certo tipo di politica fallimentare portato avanti nella legislatura.
Gavino Pala