Kono, Nigeria del nord. Un commando è entrato a bordo di motociclette all’interno del Campus universitario. Probabilmente sono del Boko Haram, fazione musulmana vicino ai talebani, gli stessi che hanno rivendicato gli attentati del Natale del 2010 nella stessa regione e la strage nella sede dell’ONU lo scorso agosto ad Abuja. Hanno lanciato alcune bombe, secondo i testimoni almeno tre, all’interno del teatro usato abitualmente per le funzioni religiose dai cristiani del campus. Poi, quando la folla ha iniziato a scappare perché impaurita, hanno aperto il fuoco, e hanno sparato per circa trenta minuti, come racconta uno studente alla Reuters. Il tragico bilancio è di almeno venti morti e numerosi feriti.
Nairobi, capitale del Kenia. Quartiere popolare di Ngara. Poco prima della messa viene lanciata una bomba nella chiesa che fa un morto e ferendone almeno quindici.
Due atroci fatti che hanno colpito i cristiani in Africa. Solo pochi giorni fa abbiamo provato a raccontare le storie di chi, solo per aver testimoniato la fede, ha perso la propria vita. Oggi siamo costretti a raccontarne altre.
“Quello dei cristiani è un vero dramma del nostro tempo” ha dichiarato pochi giorni fa il ministro della Cooperazione Internazionale e dell’Integrazione, Andrea Riccardi, che nel 2000 aveva pubblicato Il secolo del martirio, libro dedicato ai martiri del XIX secolo. Intervistato dal Corriere della Sera il ministro sottolinea: “Nell’Africa Occidentale c’è un nuovo attivismo islamista che ha i suoi punti di forza in organizzazioni come Boko Haram, in Nigeria, e Aqimi, nel Maghreb islamico, soprattutto nel Mali”. Il ministro prosegue spiegando che in Nigeria, soprattutto nel Nord islamizzato, si vuole costringere all'esodo la minoranza cristiana perché i cristiani sono una garanzia di pluralismo che il totalitarismo musulmano vuole annientare. Gli attentati a luoghi di culto sono l'espressione di un totalitarismo imbestialito: colpire gente in preghiera è una vera bestemmia, anche se gli islamisti lo fanno in nome di Dio.”
Il neo vescovo ausiliare di Roma Centro, monsignor Matteo Zuppi, in una delle sue prime uscite ufficiali, prende parte ad una preghiera per ricordare la violenza in Africa a Santa Maria in Trastevere. Commentando il vangelo di Luca sull’Emorroissa, una donna che miracolosamente guarisce solo toccando il mantello di Gesù, Zuppi dice: “Questa donna che perde sangue, cioè vita, è madre Africa, che ricordiamo oggi in due delle sue ferite più gravi, la Nigeria e il Kenya.” E prosegue: “Purtroppo questa rivendicazione, indebita, è vergogna per chi compie questi azioni e non ha niente a che fare con l’Islam nel nome del quale pretendono di commettere queste atrocità.”
di Gavino Pala