Domenica, alle ore 11, il Presidente del Consiglio terrà la conferenza stampa di fine anno. Con grande senso di responsabilità nei confronti delle istituzioni che in questi 13 mesi lo ha contraddistinto, il Professor Monti attenderà lo scioglimento delle camere e le sue dimissioni non solo per fare un bilancio dell’anno che si sta chiudendo, ma soprattutto, spiegherà la sua decisione.
La discesa in campo di Monti sembra ormai scontata, ma bisognerà capire le modalità del suo impegno e del suo coinvolgimento nella campagna elettorale che si apre (anche se bisogna ricordare che Monti è senatore a vita e non deve quindi candidarsi ad un posto in parlamento).
Con la decisione di Monti avremo più chiaro quale sarà il percorso che ci porterà alle prossime elezioni che si terranno il 24 febbraio. Per ora, tranne rari casi, si naviga a vista.
Negli ultimi giorni stiamo vedendo un proliferare di liste, movimenti, sigle nonostante negli ultimi anni si sia cercato di introdurre in Italia una sorta di bipolarismo. Tutto era cominciato con l’introduzione, nel 1993, della legge Firmata da Sergio Mattarella (la legge 276 e 277 del 1993) che introduceva in Italia un sistema elettorale misto. Dopo anni di proporzionale puro, ma non ancora pronti ad un maggioritario vero, il sistema, alla Camera dei deputati, prevedeva l’elezione del 75% dei deputati in maniera maggioritaria (chi prende più voti ha il seggio) con la divisione dell’Italia in 475 collegi uninominali. Il resto dei seggi (155) venivano suddivisi in maniera proporzionale ma con un complesso calcolo di scorporo dei voti. La filosofia della legge era chiara, cercare di andare verso il bipolarismo provando però a mantenere una rappresentanza nelle istituzioni dei partiti minori. Naturalmente, grazie ad alleanze pre e post elettorali, il Parlamento ha visto, accanto a grandi partiti, la presenza di partiti più piccoli, alcune volte determinanti per la radicalità in alcuni territori.
Nel 2005, con la legge n. 270, viene cambiato il sistema elettorale italiano, tornando, di fatto, al proporzionale, ma, introducendo, dei premi di maggioranza per la coalizione vincitrice. La legge, chiamata dal politologo Sartori porcellum, di fatto cercava di andare verso quel bipolarismi da molti auspicato ma mai raggiunto negli ultimi anni, premiando le coalizioni e non più i singoli partiti. Alla camera la coalizione che prende più voti ha il 54% dei seggi utilizzando un premio di maggioranza a livello nazionale. Al Senato, rappresentando, come dice la nostra Costituzione, il voto regionale, il premio va distribuito nelle singole regioni, con il rischio dell’ingovernabilità. Il 24 febbraio andremo a votare, nonostante in molti si siano impegnati, ma forse solo a parole, e nonostante le richieste del capo dello stato per fare una nuova legge elettorale, con questa legge elettorale.
Ad oggi però le certezze sulle prossime elezioni sono poche.
Con certezza Pier Luigi Bersani, dopo la vittoria delle primarie, sarà candidato premier per il centro sinistra. Nei prossimi giorni, tramite le primarie, verranno scelti anche i candidati del partito per il Parlamento (anche se il segretario si è riservato un listino di 120 candidati che non dovranno affrontare le rpimarie). La coalizione che sosterrà Bersani è pressoché fatta, ne faranno parte Sel di Vendola e i Socialisti di Nencini. Tabacci, che si era presentato alle primarie di coalizione, sta cercando di riunire alcune anime sperse del centro sinistra, come i fuoriusciti dell’IDV capeggiati da Donati. Alcune voci parlano anche di un avvicinamento tra Tabacci e l’ex governatore sicliano Lombardo, ma su questo non ci sono certezze ma solo voci.
Con certezza ci sono alcune liste che appoggeranno il premier uscente, o almeno ne sposeranno il “manifesto” o l’”agenda”. L’UDC in questi 13 mesi è sempre stato il partito più fedele a Monti insieme a Fli. Ma oltre a partiti già strutturati, a fine novembre è nato il movimento di Montezemolo, Riccardi, Dellai, Olivero e Bonanni, Verso la Terza Repubblica , che vedono nel premier l’uomo in grado di portare avanti le riforme necessarie, se non indispensabili, per il paese, obbiettivo del movimento è andare oltre al bipolarismo muscolare che ha imperversato in questi anni e provare a ricostruire partendo dalla società civile. Naturalmente non ci sono simboli ne ancora liste (ci sono stati alcuni rumors su alcuni nomi e veti su altri, ma non ci sono certezze). Sembra però che al Senato la lista sia unica per poter superare la sogli di sbarramento, molto alta, dell’8%. Ma oltre a loro si affacciano con interesse una pattuglia di “moderati” del PDL che vede in Monti l’uomo che possa dar vece al riformismo in Italia e possa competere con il centro sinistra. Tra questi Mauro Mauro, capogruppo PDL all’Unione Europea, è stato uno dei primi ad entrare in rotta con il suo partito e con lo stesso Berlusconi provando a lavorare per un Monti bis. Ma ci sono altri nomi in agenda, l’ex ministro degli esteri Frattini, il senatore Pisanu e l’onorevole Cazzola. Non è chiaro chi e come di questi appoggerà Monti, ne sapremo di più domenica. Ma ci sono anche personalità nel centro sinistra che strizzano l’occhio a Monti.
Le altre certezze sono poche. Se riusciranno a raccogliere le firme ci sarà il Movimento 5 Stelle, ma non Grillo.
Con certezza si sta organizzando una federazione più a sinistra, con Ingroia, la lista arancione di De Magireis, con i Comunisti di Ferrero e quelli di De Liberto (sulla carta due partiti comunisti differenti).
Meno certezze ci sono nel Centro Destra. Nel PDL, dopo il sostegno al governo Monti e dopo averlo, di fatto, sfiduciato con le parole di Alfano alla camera, dopo aver promesso primarie e non averle fatte, Berlusconi, che prima critica Monti per poi offrirgli di capeggiare tutti i moderati, ha scelto, ad ora, di scendere in campo. Aspettando le prossime mosse Crosetto, la Meloni e La Russa , se ne vanno, forse si mettono insieme, o forse no, non è chiaro, ma comunque rimangono nel centro destra, appoggiando Berlusconi, forse. Nasce poi Italia Popolare, corrente interna del PDL, che guarda a Monti, ma rimenando fedele al PDL.
Ormai domenica è vicina.
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