La case dello studente |
Premessa. Sarei felice se il Governo in carica, in un clima di riconciliazione nazionale, mettesse la ricostruzione dell’Aquila come uno dei punti principali della sua attività di Governo.
Fino al 2012 non ho mai messo piede a L’Aquila. Ho visto la città per la prima volta ad Aprile del 2012, circa tre anni dopo il terremoto, e ci sono tornato nei giorni scorsi. Volevo provare a raccontarvi le mie sensazioni sulla città, sulla ricostruzione, sulla vita quotidiana delle persone. Sensazioni positive, anche se, come spiegherò meglio, permangono ancora numerose difficoltà.
Per chi non conosce la città, una rapida descrizione: come molte città dell’Italia centrale, L’Aquila ha un centro storico ben delineato, non enorme ma ricco di monumenti e di storia, sede dei palazzi delle istituzioni, attorno al centro si sviluppa poi una periferia più moderna dove prevalgono le attività commerciali e le zone residenziali. Potremmo dire che nel centro storico le case sono più vecchie e quindi non costruite con criteri antisismici, mentre fuori dal centro le case nuove dovevano essere costruite con criteri antisismici (o almeno avrebbero dovuto esserlo, pensate solo allo scandalo della Casa dello Studente, struttura moderna crollata durante il terremoto). In sintesi, il terremoto ha enormemente danneggiato il centro e ha portato danni di entità minore in periferia.
In sostanza quasi tutti gli abitanti del Centro Storico sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Il Governo di allora, guidato da Berlusconi, ha preso alcune decisioni, forse sbagliate, ma va dato atto che ha affrontato il problema. Si è decido di privilegiare la costruzione di nuove case rispetto alla ricostruzione di quelle distrutte. Sono cosi nate le new town, nuovi agglomerati urbani, con case dignitose, ma in aree scollegate e lontane dal centro. Tranne rarissimi casi, tutti gli sfollati abbiano ricevuto una casa, ma questa decisione ha portato ad un generale abbandono del centro storico.
Aggiungiamo un ulteriore elemento: sono stati stanziati molti fondi per l’Aquila, fondi italiani, comunitari, donazioni di privati, ma gran parte di questi soldi sono per così dire bloccati nei meandri della burocrazia, delle gare di appalto, dei controlli. Di fatto, molti soldi stanziati ma pochi cantieri aperti. A peggiorare il tutto, ripicche politiche e mancanza di visione comune tra giunta comunale e giunta regionale, anche nella tragedia sono ricomparse le logiche della contrapposizione politica. Molti danno merito all’ex Ministro Barca, a capo del dicastero della Coesione Territoriale, di essersi notevolmente impegnato per sbloccare e rendere operativi i fondi stanziati.
Immaginate la vita di una città media, che spesso si sviluppa attorno al Corso, alla Piazza del Duomo, al Comune, al passeggio ed allo shopping, si ritrova senza centro. Quando parlo di centro, parlo di piazza, di luogo di incontro, di condivisione, dei luoghi che danno un anima ad una città. Pensate a Roma senza Via del Corso, Piazza Navona, Piazza Santa Maria in Trastevere, pensate a Napoli senza Piazza Plebiscito e Via Toledo, a Firenze senza Piazza della Signoria.
Un anno fa praticamente in Centro era aperto solo il Corso Principale e la Piazza del Duomo, appena ci si spostava nei vicoli, o il deserto, oppure transenne, il tutto circondato da enormi ponteggi. Praticamente, una città morta. Eppure, la città che ci era sembrata morta di giorno, la sera si era improvvisamente riempita di giovani, che, come in mille altre città del mondo, affollavano i locali e pub presenti. Giovani con le loro voci, i vestiti sgargianti, qualche coppietta che si scambiava tenere effusioni, insomma si vedeva un minimo di ritorno alla vita. Tornando all’Aquila esattamente un anno dopo, posso dire che qualcosina è cambiato, qualche negozio ha riaperto, qualche cantiere è in fase avanzata, i ragazzi in giro per il Corso, la città leggermente più vivace, specialmente la sera. Un minimo di vita urbana, anche se permangono enormi spazi chiusi alla vita pubblica. La mia impressione è che gli attuali residenti delle new town abbiano mantenuto l’abitudine di incontrarsi in centro.
Se ovviamente va accelerata la ricostruzione, forse va preso atto, con tristezza, che alcune parti della città sono difficilmente ricostruibili, ci sono intere zone di case vecchie crollate su altre case ancor più decrepite, non ho competenze in merito ma ad occhio vedo veramente complicata una totale ricostruzione. Ciò non toglie però che va fatto il possibile per salvare il salvabile, e, soprattutto, va ideato un sistema per rimettere in moto l’economia. Andrebbe incentivata una presenza quotidiana, per rendere appetibile alle attività commerciali, il ripristino del loro esercizio.
Ho un paio di proposte: la prima, noi tutti cittadini italiani, dovremmo sosteniamo l’Aquila. Andiamoci, visitiamola, passiamo una notte in albergo, mangiamo nei ristoranti, insomma come possibile sosteniamo l’economia. Voi direte, ma come, fare turismo su una tragedia? Più che di turismo, parlerei di mostrare vicinanza ad una città ferita, parlerei di guardare alle ferite della città con gli occhi della speranza. Si potrebbe pensare di portare le scolaresche a visitare la città, spiegando loro il terremoto ma parlando anche del senso di sostenere moralmente ed economicamente la città.
La seconda. A Roma e Venezia abbiamo il Festival del Cinema, Torino ha il salone del libro, in Puglia la Notte della Taranta, si potrebbe pensare per L’Aquila ad un Festival di rilievo mondiale, per portare turismo ed interesse alla città. Se non sbaglio, la città ha una solida tradizione musicale, possiede un vivace conservatorio, perché non pensare ad un festival di musica classica? Oppure, di musica contemporanea?
Riflessioni, spunti, idee, ma quello che cerco di trasmettervi con queste parole, è che l’Aquila deve restare nei nostri cuori, e che l’Aquila tornerà a volare.
Mario Scelzo
Nessun commento:
Posta un commento